Sono più di 500 i comuni che, attualmente, si oppongono all’installazione delle nuove antenne per la rete 5G ritenendole dannose per la salute. Come già accaduto per il cellulare, il WiFi ma anche per la televisione a colori negli anni ’70, il 5G è argomento di dibattito quotidiano per quanto riguarda gli ipotetici danni alla salute. Purtroppo, i dibattiti in questione sono spesso sostenuti sulla base di bufale, complotti, disinformazione e molto raramente sui dati scientifici.
“Considerando gli effetti dei campi elettromagnetici attualmente conosciuti, infatti, il 5G non darà problemi, mentre se consideriamo gli effetti sulla salute ancora ipotetici non ci sono motivi per pensare che il 5G sia più pericoloso delle tecnologie precedenti.” Queste sono le parole di Alessandro Polichetti, primo ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e componente del Centro Nazionale per la Protezione dalle Radiazioni.
La decisione di diversi comuni italiani di prendere provvedimenti e firmare ordinanze contro l’installazione delle antenne per le nuove reti 5G si basa sull’ipotesi che questa tecnologia possa causare danni alla salute. Ma non esistono evidenze scientifiche della sua pericolosità. A DigitEconomy.24, report di Radiocor e Luiss Business School, Polichetti ha spiegato: “A oggi abbiamo più di 10000 studi scientifici sulla base dei quali possiamo considerare come accertati solo alcuni tipi di effetti, connessi al riscaldamento dei tessuti del corpo umano. Le onde elettromagnetiche, cioè, in parte sono riflesse e in parte penetrano nel corpo umano. Quelle che penetrano in parte vengono assorbite, e la loro energia viene convertita in calore. Calore che tende a far aumentare la temperatura, ma noi abbiamo un sistema termoregolatore che smaltisce il calore che viene prodotto in eccesso rispetto a quello che il nostro corpo già produce per via del metabolismo basale”.
Pertanto, il problema sorge solo se il calore prodotto dall’onda elettromagnetica dovesse essere troppo elevato ma i limiti internazionali mantengono le esposizioni sotto le soglie al di sopra delle quali sono possibili gli effetti termici. Inoltre, in Italia la normativa stabilisce un limite di esposizione ai campi elettromagnetici per il pubblico pari a 6 V/m, molto più stringenti di quelli vigenti nella maggior parte degli altri Paesi.
I campi elettromagnetici sono generati sia da sorgenti naturali sia da apparecchi di uso comune. Di conseguenza, ne siamo costantemente esposti. Uno dei possibili effetti dei campi elettromagnetici di cui si parla spesso è la cancerogenicità. A tal proposito Polichetti ricorda che “nel 2011, sulla base delle evidenze scientifiche accumulate in tanti anni di studi, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) ha classificato i campi elettromagnetici come “possibili cancerogeni per gli esseri umani”, ci sono cioè dei sospetti che siano cancerogeni ma non è possibile concludere che lo siano”. Nello specifico, lo Iarc ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza come cancerogeni di gruppo 2B. Nel gruppo 1, tra le sostanze e gli agenti presenti, troviamo le radiazioni ionizzanti, il fumo, l’amianto, le radiazioni solari, gli insaccati, le bevande alcoliche, l’inquinamento atmosferico.
Le liste compilate dallo Iarc raggruppano le sostanze sulla base della solidità delle prove che dimostrano che una sostanza possa provocare il cancro. Le sostanze vengono classificate nei seguenti gruppi:
Le liste sono compilate a partire dal 1971 e includono soltanto gli agenti studiati perché nei loro confronti c’era un sospetto. Nel gruppo 4, come si può vedere, è presente un solo agente: il caprolattame, materia prima per la produzione del nylon. Quando il nylon si diffuse nell’industria tessile qualcuno ebbe dubbi sulla sua innocuità. In seguito a studi condotti in laboratorio su questa sostanza, si è scoperto che non interagisce con le molecole biologiche contenute nell’organismo umano e quindi non causa alcun problema per la salute.
“Il 5G non presenta rischi particolati, anzi ha caratteristiche che sembrerebbero migliori di altre tecnologie”, afferma Polichetti. Infatti, tra gli studi condotti sulla pericolosità dei campi elettromagnetici, indizi di pericolosità sono stati riscontrati sulle precedenti tecnologie 2G e 3G. Riguardo alle ordinanze comunali che hanno sospeso i lavori per le reti 5G, Polichetti chiede: “Perché tali sospensioni non sono state fatte prima, nei confronti del 2G, del 3G o del 4G? Perché non ci si è preoccupai dell’uso del telefono cellulare? Bisogna, infatti, considerare che la principale esposizione della popolazione non è alle antenne fisse ma alle antenne del cellulare, visto il contatto ravvicinato con la testa se il telefonino non viene usato con gli auricolari.” La principale preoccupazione, infatti, è l’installazione sul territorio di ulteriori antenne richieste per la rete 5G. Ma è lo stesso Polichetti ad affermare che “il fatto di avere molte più antenne farà sì che i livelli di emissione siano sempre più bassi, perché devono coprire zone più piccole”.
Polichetti conclude dicendo che “dal punto di vista degli effetti conosciuti il 5G non darà problemi, dal punto di vista di quelli ancora ipotetici non ci sono motivi particolari per pensare che sia più pericoloso delle tecnologie precedenti.”