Tumore alla cervice: nuovi studi condotti sulle pazienti evidenziano una percentuale di riuscita dell’82% dopo la chemioterapia.
Tumore alla cervice, aumenta la percentuale di successo dopo la chemioterapia e l’immunoterapia. A dirlo sono gli ultimi dati presentati al Simposio presidenziale del Congresso della European Society for Medical Oncology che si è svolto a Barcellona. La ricerca dello Studio Keynote-A18 pubblicata sulla rivista di settore The Lancet ha evidenziato come l’82% delle donne che hanno contratto il tumore alla cervice sono vive dopo 3 anni dalla diagnosi della malattia grazie a chemioterapia e immunoterapia, ma solo se utilizzate insieme. Lo studio evidenzia come l’82,6% delle pazienti sopravvive con un trattamento incrociato rispetto a chi utilizza questi trattamenti separatamente, la cui percentuale si aggira al 74,8%. Si tratta di un risultato importante, che si faceva attendere da circa 20 anni.
I ricercatori hanno evidenziato come il Pembrolizumab con la chemioradioterapia concomitante aumenta la sopravvivenza delle persone colpite da questa malattia. Il Pembrolizumab è un farmaco antitumorale, il cui nome dipende dagli anticorpi monoclonali. Questi anticorpi riescono a intercettare le cellule tumorali e a colpire solo quelle, mentre la chemioterapia e la radioterapia agiscono sull’intero organismo, colpendo anche delle cellule sane. Infatti, in natura gli anticorpi del corpo umano riescono a riconoscere le cellule tumorali, ma non sempre riescono a sconfiggerle. Invece, questi farmaci riconoscono le cellule malate da una proteina che hanno queste cellule maligne, riuscendo a distruggerle. Ricordiamo che le cellule cancerogene si diffondono anche perché vanno a “rubare” i nutrienti dell’organismo, richiedendone una maggiore quantità rispetto alle altre cellule. La conseguenza è che le cellule sane muoiono, mentre quelle pericolose per la salute riescono a circolare e a fare danni.
Il tumore alla cervice si presenta nella parte bassa dell’utero, in particolare nel tratto di collegamento tra i genitali e le ovaie. Qui ci sono cellule altamente specializzate, le endocervice e le ectocervice. Questi due tipi di cellule si incontrano in una zona di transizione del collo dell’utero, dove si sviluppa il tumore. La malattia è al quarto posto tra i tumori più diffusi nelle donne e il 60% dei casi è in Asia. L’Europa e l’Italia non sono però da meno, ma i decessi sono molti di meno. Le cause di questa decrescita delle morti sono l’utilizzo di strumenti di prevenzione come i vaccini per il Papillomavirus, i Pap-test e l’HPV test. In una prima fase il tumore è asintomatico, ma possono esserci delle perdite di sangue, delle perdite immotivate o dei dolori durante il rapporto sessuale che possono indicare la presenza di un problema.
La prevenzione attraverso i test e i vaccini è la prima risposta contro la malattia. In più, è importante effettuare controlli ginecologici periodici e cercare di non avere tanti partner sessuali diversi, in modo da ridurre le possibilità di contrarre la malattia. I rapporti dovrebbero essere sempre protetti. La presenza di tumori benigni, il fumo, la predisposizione genetica, l’obesità e infezioni precedenti non curate possono essere considerate dei fattori di rischio. La prevenzione periodica diventa così il primo modo per poter affrontare al meglio la malattia prima che sia necessario rivolgersi alla chemioterapia e ai farmaci antitumorali.