Spesso la natura può rivelarsi fonte di ispirazione, in tal caso basta guardarsi attorno per trovare la soluzione ai propri problemi. Questo è quello che è accaduto al team di ricercatori del Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering e dell’Harvard John A. Paulson School of Engineering and Applied Sciences (SEAS). Lo studio, incentrato sulla realizzazione di un particolare adesivo medicale che superasse i limiti di quelli usati attualmente, è nato proprio dall’osservazione di una lumaca.
“La caratteristica fondamentale del nostro materiale è la combinazione di una forza adesiva molto forte e la capacità di trasferire e dissipare lo stress, che storicamente non sono integrate in un unico adesivo“, spiega Dave Mooney, Ph.D.
Non è la prima volta che vediamo brillanti idee venire ispirate dalla natura. Qualche mese fa, foglie di spinaci venivano utilizzate come “sistema scaffold” per le cellule pacemaker del cuore, essendo stato colto il potenziale della loro conformazione. In questo caso, invece, la risposta alle proprie domande è arrivata dal mondo animale. La ricerca nasce dall’esigenza di risolvere i problemi degli attuali adesivi medicali. Innanzitutto, i fluidi presenti nel nostro corpo, oltre che creare complicazioni nella guarigione di diverse ferite interne, comportano una scarsa aderenza; basti pensare alla difficoltà anche solo nell’applicare un cerotto sulla pelle bagnata. Molti dei prodotti utilizzati oggi non riescono, quindi, a legarsi strettamente con i tessuti biologici ed inoltre sono stati rilevati tossici per la pelle. Un ulteriore problema riguarda l’inflessibilità una volta asciutti.
Di fronte a tutto questo, il primo autore della ricerca Jianyu Li, Ph.D., ha trovato la soluzione in modo abbastanza inusuale: ispirandosi ad una lumaca. In particolare parliamo della Dusky Arion (Arion subfuscus), una specie comune in Europa e in alcune zone degli Stati Uniti. La peculiarità di questa lumaca è quella di secernere uno speciale muco, quando minacciata, che le permette di incollarsi lì dov’è, rendendo difficile al predatore farla scivolare da quella superficie. Studiando questa sostanza è emerso essere composta da una robusta matrice cosparsa di proteine caricate positivamente.
Il gruppo di ricerca, allora, ha pensato di realizzare un idrogel a doppio strato costituito da una matrice di alginato-poliacrilammide che supporta uno strato adesivo; quest’ultimo presenta polimeri caricati positivamente che sporgono dalla sua superficie. Proprio per le sue proprietà di resistenza meccanica e di biocompatibilità, questa particolare matrice è la stessa che abbiamo visto nel caso degli idrogel TTHs, quelli utilizzati nella capsula per il rilascio controllato dei farmaci.
Il risultato, riportato sulla rivista Science lo scorso 28 luglio, è un adesivo super resistente, biocompatibile, che si attacca ai tessuti con una forza comparabile a quella della cartilagine del nostro corpo. Da un lato i polimeri si legano ai tessuti biologici attraverso 3 meccanismi: attrazione elettrostatica con superfici cellulari cariche negativamente, legami covalenti tra atomi vicini e compenetrazione fisica, rendendo l’adesivo estremamente forte. Dall’altro lato, la matrice svolge l’importante ruolo di dissipare energia permettendogli un’elevata deformazione prima della rottura. L’effetto dissipante è dovuto alla presenza di ioni calcio che si legano all’idrogel alginato tramite legame ionico. Quando viene applicato uno sforzo, questi legami sono i primi a rompersi, consentendo un maggior assorbimento di energia meccanica.
L’adesivo è stato sottoposto a numerosi test: è stato applicato su vari tessuti di suino, sia asciutti che bagnati, quali la pelle, la cartilagine, il cuore, le arterie ed il fegato. Oltre a confermare l’effettiva aderenza, di gran lunga superiore alle soluzioni tradizionali, ha dimostrato di rimanere stabile e di non recare danno ai tessuti, anche quando impiantato per un periodo di due settimane.
Viste le potenzialità, sono molteplici le applicazioni che questo materiale potrebbe trovare: può essere tagliato nelle dimensioni desiderate ed applicato su svariate ferite superficiali, oppure iniettato per raggiungere le lesioni più profonde. Può anche essere utilizzato per collegare dispositivi medici alle strutture di destinazione ed utilizzato nel campo dei “soft robot”. Per finire, c’è la possibilità di rendere questi adesivi riassorbibili, così da decomporsi una volta assolta la loro funzione.
La natura ha spesso trovato soluzioni eleganti ai problemi comuni; è questione di sapere dove guardare e riconoscere una buona idea quando la si vede. Siamo entusiasti di vedere come questa tecnologia, ispirata da un’umile lumaca, possa svilupparsi in una nuova tecnologia per la riparazione chirurgica e la guarigione delle ferite.
Afferma Donald Ingber, fondatore e direttore del Wyss Institute.