L’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione Iperattività) rientra nella categoria dei Disturbi del Neurosviluppo, gruppo di condizioni che esordiscono nel periodo di crescita del bambino e si caratterizzano per un deficit che causa una compromissione nel funzionamento personale, sociale, scolastico o lavorativo. L’incidenza è stimata in circa il 5% nei bambini e in circa il 2% negli adulti.
L’ADHD si colloca all’interno del DSM-5, il manuale più usato in ambito psicologico, nella categoria dei disturbi del neurosviluppo, ossia quei disturbi che descrivono una serie di condizioni che hanno esordio e manifestazione nelle fasi dello sviluppo. L’ADHD è caratterizzata da disattenzione, disorganizzazione e/o iperattività con o senza impulsività. La disattenzione provoca una significativa difficoltà nello svolgimento dei compiti, in particolare se ritenuti noiosi dal soggetto.
L’iperattività comporta un livello di attività motoria e di agitazione eccessivo, che si traduce nei bambini con l’incapacità di rimanere seduti, nel rispettare i turni all’interno di una conversazione e nell’intromissione nelle attività altrui, mentre nell’adulto è caratterizzata da un’agitazione emotiva più che fisica. L’impulsività si traduce in un’incapacità di ritardare la gratificazione e quindi nel desiderio di una ricompensa immediata (DSM 5). Spesso la malattia non scompare con la crescita e permane in età adulta, manifestandosi in ambito sociale, scolastico e lavorativo.
Alcuni bambini durante le prime fasi dello sviluppo, quindi nei loro primi anni di vita, possono camminare sulle punte, molte volte per raggiungere oggetti di loro interesse non alla loro portata. Si è riscontrato che se questo comportamento si protrae nel tempo e i bambini lo praticano con una maggior frequenza potrebbe essere il segnale di un’anomalia del neurosviluppo. E’ stato riscontrato anche in bambini con diagnosi accertata di ADHD e di DSA (disturbo dello spettro autistico).
Infatti, uno studio condotto nel 2018 ha evidenziato come il 20.8% dei 312 bambini con ADHD presi in esame camminavano sulle punte, mentre nel gruppo di controllo solo il 2% dei bambini lo faceva.
Nel 2021 un altro studio ha invece preso in esame 77 bambini che camminavano sulle punte e di questi il 9% ha ricevuto una diagnosi di ADHD mentre il 21% circa ha delle caratteristiche compatibili con il quadro clinico ma non ha ancora ricevuto una diagnosi.
Una dieta bilanciata assume un’importanza specifica nell’ADHD. Una ricerca svolta nel 2022 coinvolgendo i genitori di 134 bambini con sintomi di ADHD ai quali è stato somministrato, nell’ambito di uno studio più ampio, un questionario dettagliato. I genitori dovevano descrivere i pasti abituali consumati dai bambini, comprese le dimensioni delle porzioni, per un periodo di 90 giorni. Un’altra indagine svolta in contemporanea ha chiesto ai genitori di attribuire un punteggio ai sintomi di disattenzione dei loro figli.
Lo studio ha evidenziato che i bambini che mangiavano più frutta e verdura presentavano segni meno gravi di disattenzione. I ricercatori ritengono che l’ADHD sia legata a bassi livelli di alcuni neurotrasmettitori nel cervello e che l’alimentazione sana, in particolare le vitamine e i minerali, possa in parte compensare queste alterazioni permettendo così di mitigare i sintomi se associata ad una terapia farmacologica e comportamentale.
L’ADHD, come detto, è un disturbo che può protrarsi o essere diagnosticato in età adulta, tuttavia il quadro sintomatologico è ben diverso da quello che si osserva nell’età infantile. Inizialmente, si pensava che l’ADHD fosse un disturbo dell’età infantile e adolescenziale, che necessitava di un trattamento temporaneo per essere tenuto sotto controllo, poiché si risolveva con la crescita del paziente. La realtà è ben diversa: circa il 60% delle persone a cui è stato diagnosticato questo disturbo in età infantile, continua a presentare la sintomatologia anche in età adulta ma con manifestazioni e conseguenze diverse.
Le principali manifestazioni dell’ADHD nell’adulto sono:
Uno studio del 2013 ha riscontrato che i soggetti impulsivi hanno più probabilità di impegnarsi in attività rischiose, mossi dal desiderio di alleviare uno stato psicologico di sotto-eccitazione, tipico dell’ADHD. Il Gambling o Gioco d’azzardo costituisce un’attività rischiosa proprio perché si rischia qualcosa di valore nella speranza di ottenere qualcosa di valore maggiore (DSM-5); dunque permette di soddisfare la ricerca di una ricompensa immediata che è tipica del caso.
L’associazione tra gambling disorder (GD) e ADHD può sembrare paradossale perché gli individui con ADHD hanno difficoltà a mantenere l’attenzione, mentre risulta fondamentale negli ambienti di gioco. Tuttavia sembra che i deficit di attenzione nell’ADHD possono cessare quando il compito è molto gratificante e interessante per il soggetto.
I pazienti che presentano sintomi di ADHD riportano anche un’età inferiore di esordio del GD, dato significativo in quanto l’età d’esordio è associata alla gravità sia del comportamento di gioco, sia delle conseguenze sulla qualità della vita.
Un altro elemento in comune è che gli individui affetti da GD presentano deficit nelle funzioni esecutive così come dimostrato da soggetti con ADHD. Questi dati sono rilevanti per le scelte terapeutiche; si deduce che la terapia per l’ADHDpossa essere utile anche per i soggetti con problemi di gioco, in quanto entrambi centrati sulla gestione dell’impulsività.
Gli occhi potrebbero essere in grado di segnalare disturbi del neurosviluppo secondo una nuova ricerca della Flinders University e dell’Università del South Australia. I ricercatori hanno scoperto che le registrazioni dalla retina potrebbero identificare segnali distinti sia per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) che per il disturbo dello spettro autistico (ASD). Infatti, utilizzando l’elettroretinogramma (ERG), un test diagnostico che misura l’attività elettrica della retina in risposta a uno stimolo luminoso, i ricercatori hanno scoperto che i bambini con ADHD mostravano un’energia ERG complessiva più elevata, mentre i bambini con ASD mostravano meno energia ERG.
Nel 2019 un dispositivo per il monitoraggio disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) nei bambini, denominato Agent Unicorn, è diventato commercialmente disponibile per i produttori interessati alle interfacce cervello-computer (BCI). La scopo del dispositivo è quello di individuare le cause ambientali associate ai sintomi del disturbo.
Il trattamento dell’ADHD prevede un intervento multispecialistico in grado di combinare una terapia farmacologica, psico-educativa e psicoterapeutica. Gli psicostimolanti sono i farmaci più utilizzati per il caso, degli esempi sono il metilfenidato (Ritalin), le anfetamine (Adderal) e le destoanfetamine (Dextrostat, Dexedrine). I principali effetti positivi sono un aumento dei livelli medi di attenzione e un maggior controllo dell’impulsività e dell’iperattività. Oltre ai farmaci, affinché i miglioramenti durino nel tempo, è fondamentale associarvi un percorso combinato di strategie cognitive e comportamentali.