ADHD: nuovo studio su diagnosi e trattamento negli over 50
Recentemente si sta assistendo ad una crescente diagnosi del disturbo iperattivo da deficit di attenzione (ADHD); questo non è solo una condizione infantile dirompente, infatti, si stima che 8,7 milioni di adulti negli Stati Uniti presentino tale patologia, diagnosticati e non. Eppure, in pazienti di età pari o superiore a 50 anni, non solo sono costantemente assenti dagli studi effettuati sull’ADHD, ma affrontano delle difficoltà anche solo nella ricerca di un possibile supporto.
Cos’è l’ADHD
Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) è uno dei disturbi dello sviluppo neurologico più comuni. Si stima colpisca circa il 5% dei bambini e circa il 2,5% degli adulti. Il cervello dei pazienti con ADHD presenta un deficit del neurotrasmettitore norepinefrina, che è strettamente legato alla dopamina. Oltre a questo, il cervello ha una funzione compromessa nella corteccia frontale, nel sistema limbico, nei gangli basali e nel sistema di attivazione reticolare.
Possibili difficoltà nella diagnosi
È un disturbo neurologico incredibilmente complicato, la sua diagnosi è resa più difficile negli anziani poiché molti sintomi sono correlati con il declino cognitivo legato all’età. Sebbene una volta si pensasse che l’ADHD fosse una condizione limitata all’infanzia, è stato suggerito che un numero considerevole di anziani sperimenta ancora livelli elevati di sintomi dell’ADHD accompagnati da compromissione funzionale e problemi di salute. Purtroppo, tale disturbo negli over 50 al momento è difficilmente riconosciuto dai medici e ciò porta ad una mancata adeguata assistenza sanitaria.
Legame con la demenza
La scarsa memoria e gli sbalzi d’umore possono essere trascurati come sintomi associati all’invecchiamento; tuttavia, gli anziani con ADHD hanno maggiori probabilità di sviluppare demenza, pressione alta, insufficienza cardiaca, ictus, diabete di tipo 2 e obesità. Le persone con ADHD avevano un rischio significativamente più elevato di sviluppare demenza e un lieve deterioramento cognitivo, influenzando la loro capacità di ricordare, assumere ed elaborare le informazioni. Poiché l’ADHD è ereditario, i ricercatori ritengono che sia un’enorme errore escludere una parte così grande della popolazione dagli studi e non rivedere gli attuali sistemi diagnostici che sono concentrati sui bambini ed i giovani adulti.
Nuovo studio sulla diagnosi di ADHD in età avanzata
Recentemente, un team di ricercatori ha esaminato una più recente revisione sistematica e meta-analisi della prevalenza dell’ADHD negli adulti di età pari o superiore a 50 anni pubblicata nel 2020. Si è rilevato che, a partire dal 2020, solo 20 articoli con 32 set di dati hanno preso in considerazione gli over 50 per gli studi sull’ADHD. Tra questi è presente un numero considerevole di pazienti con età pari o superiore a 50 anni che presentano livelli elevati di sintomatologia della patologia. Purtroppo, molti di loro non hanno ricevuto una diagnosi o un trattamento. La maggior parte degli studi sull’ADHD si è condotta su bambini e giovani adulti, mentre gli anziani sono stati tipicamente esclusi dalla ricerca. Ciò ha portato a una sorprendente lacuna di conoscenza sulla presentazione dell’ADHD e la sua compromissione funzionale.
Prevalenza e persistenza dell’ADHD per tutta la durata della vita
Si stima che l’ADHD colpisca tra il 5% e il 7,2% di bambini e adolescenti, e circa il 2,5% di adulti in tutto il mondo. Una precedente revisione sistematica sull’ADHD negli anziani pubblicata nel 2016 ha identificato solo 4 studi che indagano la prevalenza del disturbo negli anziani, sottolineando così una sorprendente scarsità di ricerche su tale patologia in questa fascia di età. Questi studi hanno concluso che il livello dei sintomi diminuisce con l’età, anche se la compromissione funzionale può rimanere in una parte più consistente degli individui. Inoltre, in questi studi si è rivelata una sorprendente eterogeneità nelle stime dell’ADHD persistente, che va dal 5 al 76% degli individui con diagnosi nell’infanzia.
Compromissione funzionale e comorbilità dell’ADHD negli anziani
Nonostante la mancanza di solide prove empiriche, è stato suggerito che i sintomi dell’ADHD possono persistere fino all’età avanzata in un numero considerevole di individui, con un impatto negativo significativo sul proprio funzionamento educativo, occupazionale e sociale. Sebbene la presentazione clinica dell’ADHD possa differire tra gli individui, è spesso accompagnata da problemi di umore, deregolazione emotiva e irritabilità, nonché compromissione delle funzioni esecutive (ad esempio problemi con l’organizzazione, l’inibizione della risposta e la memoria di lavoro, l’attenzione sostenuta e la capacità di svolgere compiti complessi). Gli individui più anziani sperimentano l’impatto negativo cumulativo dei sintomi dell’ADHD sulla loro qualità di vita, autostima, qualità della vita legata alla salute e soddisfazione per la vita.
Criteri diagnostici e valutazione della patologia negli anziani
La manifestazione e l’equilibrio tra i sintomi di disattenzione e l’iperattività/impulsività variano tra gli individui e all’interno degli individui man mano che invecchiano, con sintomi di iperattività/impulsività che sono più comuni in età più giovane e sintomi di disattenzione che diventano predominanti in età adulta. I criteri diagnostici per l’ADHD secondo le ultime versioni del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, DSM-5-TR, e della Classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi di salute correlati (ICD), ICD-11, si sono entrambi spostati verso una più ampia inclusione degli adulti, che altrimenti rimarrebbero non diagnosticati nelle versioni precedenti di questi sistemi diagnostici. Dunque, aumentare la consapevolezza dell’ADHD in questa fascia di età è importante in quanto consente una diagnosi corretta e un trattamento adeguato a più persone.
Conclusioni e prospettive future
In conclusione, poiché la popolazione mondiale continua ad invecchiare, è importante sensibilizzare i medici e i ricercatori al fine di migliorare la valutazione diagnostica e il trattamento dell’ADHD. Inoltre, è essenziale indagare l’efficacia e la sicurezza delle diverse strategie di trattamento nei pazienti over 50. Da un lato, un trattamento adeguato e tempestivo della sintomatologia è rilevante per aiutare a ridurre il rischio di multimorbilità in età avanzata e migliorare la salute generale. D’altra parte, l’attenzione alla sicurezza dovrebbe essere fondamentale, dati i possibili effetti avversi del trattamento farmacologico e l’aumento del rischio di multimorbidità psichiatrica e fisica negli anziani.