Airway Chip: un prezioso aiuto nella ricerca di una cura a COVID-19
La severità con cui COVID-19 agisce sulla popolazione richiede l’individuazione di un approccio preclinico che possa accelerare lo sviluppo di terapie efficaci. Per agire con rapidità e immediatezza, la soluzione migliore sarebbe quella di riuscire a testare farmaci già esistenti sul mercato – approvati per altre applicazioni mediche – e usarli come terapie antivirali. Ma come si fa ad eseguire questi test in tempi rapidi e con costi ridotti? E qual è la loro affidabilità?
Attualmente le infezioni da virus respiratori (non solo COVID-19) sono studiate utilizzando diversi modelli in vitro e in vivo: linee cellulari in coltura, cellule umane derivate da tessuti primari, organoidi, colture di tessuto polmonare umano ex vivo e modelli animali. Purtroppo, i limiti che accomunano questi modelli sono la capacità parziale di mimare fedelmente le funzioni dei tessuti osservate negli organi in vivo umani, la limitata disponibilità e vitalità cellulare e la complessa modellizzazione di altre caratteristiche fisiologicamente rilevanti del polmone. Inoltre, gli studi condotti su questi modelli sono complessivamente di tipo statico, per cui non possono prevedere le risposte umane a profili di esposizione al farmaco in condizioni dinamiche.
Il progetto di cui vi parliamo in questo articolo è stato condotto insieme dal Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering, Vascular Biology Program and Department of Surgery, Boston Children’s Hospital, Harvard Medical School – Boston – e dall’Harvard John A. Paulson School of Engineering and Applied Sciences, a Cambridge. Gli studiosi hanno sfruttato la tecnologia Organ-On-a-Chip per sviluppare un modello di polmone in vitro, in grado di mimare fedelmente la risposta polmonare alla somministrazione di potenziali farmaci antivirali, chiamato Airway Chip.
Qual è la potenzialità di questo dispositivo?
Gli Organ-On-a-Chip sono dei dispositivi di microfluidica altamente predittivi, di dimensioni molto piccole, in grado di replicare con buona fedeltà gli stati della malattia. Tra i grandi vantaggi che li caratterizzano è importante menzionare anche la loro economicità e la velocità di risposta che si ottiene dai vari test. L’Airway Chip è realizzato con due canali divisi da una membrana porosa. Il canale superiore mima l’interfaccia alveolare aria-liquido, mentre quello inferiore rappresenta il canale vascolare. Questo dispositivo microfluidico può essere utilizzato per creare un modello preclinico dell’infezione da virus dell’influenza e della patogenesi che imita efficacemente le risposte delle cellule epiteliali, endoteliali e immunitarie delle vie aeree polmonari umane in vitro.
Il primo test eseguito sul chip dagli studiosi risale a un periodo antecedente alla pandemia attuale ed è stato effettuato testando uno dei farmaci antinfluenzali più usati – Oseltamivir – messo a contatto con il virus H1N1, cioè il responsabile dell’influenza suina del 2009. I risultati mostravano, effettivamente, che il farmaco era in grado di inibire in maniera efficace la replicazione del virus nel chip, imitando fedelmente l’azione che lo stesso farmaco ha sul corpo umano. Inoltre, inserendo nel chip l’Oseltamivir insieme a un farmaco antivirale, il Nafamostat, gli studiosi hanno scoperto che la loro azione combinata raddoppiava la finestra temporale di trattamento dell’Oseltamivir da 48 a 96 ore.
Come potrebbero migliorare i trial clinici e trovare una potenziale cura a COVID-19?
Forti di questi risultati, gli studiosi hanno concentrato i loro sforzi focalizzandosi sullo studio dell’infezione da SARS-CoV-2, all’inizio dell’emergente pandemia. Sono state sviluppate delle pseudoparticelle di COVID-19 (CoV-2pp) poi inserite nell’Airway Chip. Le particelle virali pseudotipate riflettono fedelmente gli aspetti chiave della proteina SARS-CoV-2 nativa nelle cellule ospiti, legandosi al recettore ACE223. Per questo motivo, infatti, possono essere utilizzate per testare potenziali inibitori del virus. I farmaci che sono stati scelti per i test sono tutti già presenti sul mercato ed approvati dall’FDA: clorochina, arbidolo, toremifene, clomifene, amodiachina, verapamil e amiodarone. Ma perché scegliere proprio questi farmaci? Il motivo è che questi composti hanno dimostrato in precedenza di inibire l’infezione da altri virus come l’influenza, la SARS o il virus Ebola. Questi studi hanno rivelato che solo due di questi farmaci, l’amodiachina e il toremifene, mostravano un’inibizione statisticamente significativa dell’infezione virale in queste condizioni clinicamente sperimentali.
Non si hanno ad oggi risposte definitive ma tutti questi risultati ci dimostrano quanto sia importante promuovere l’utilizzo della tecnologia Organ-On-a-Chip in laboratori certificati e condurre ulteriori studi con il virus nativo SARS-CoV-2. Presi insieme, questi dati mostrano che l’Airway Chip può rappresentare uno strumento preclinico molto rilevante che può essere aggiunto all’attuale set di analisi a disposizione di virologi e sviluppatori di farmaci, per affrontare le pandemie virali presenti e future.
Articolo a cura di Nicole Rinaldi.