L’ Alzheimer è una malattia neurodegenerativa caratterizzata da un processo degenerativo progressivo che provoca la distruzione delle cellule del cervello. Questi danni causano un deterioramento irreversibile delle funzioni cognitive quali memoria, ragionamento e linguaggio.
Questo tipo di malattia rappresenta la causa più comune di demenza nella popolazione anziana dei Paesi sviluppati: attualmente risulta che ne sia affetta circa il 5% della popolazione con età al di sopra dei 65 anni e circa il 20% dei soggetti ultra-85enni, anche se tuttavia in alcuni casi questa malattia si può manifestare in alcuni soggetti anche intorno ai 50anni.
I sintomi del morbo di Alzheimer generalmente sono “aspecifici” e possono variare molto da soggetto a soggetto. Solitamente uno dei primi sintomi che si manifestano in una persona affetta da questa malattia è la perdita di memoria. Nelle sue fasi iniziali, la perdita di memoria è leggera; tuttavia, con il passare del tempo essa tende sempre di più a peggiorare. Nelle persone affette inoltre, oltre alla perdita di memoria si associano anche altri disturbi come:
Nel 99% dei casi l’Alzheimer si manifesta in modo sporadico, ovvero in persone che non hanno una chiara familiarità con la malattia: sono nell’1% dei casi l’Alzheimer è dovuto a fattori genetici. In quest’ultimo caso è dovuto alla presenza di un gene alterato che viene trasmesso da una generazione all’altra all’interno di una stessa famiglia.
Si presuppone inoltre che molto probabilmente questa mattia sia provocata dall’alterazione del metabolismo di una proteina, detta APP. Questa non corretta metabolizzazione porterebbe alla formazione di una sostanza neurotossica – la beta amiloide – che si accumulerebbe lentamente nel cervello causando una morte neuronale progressiva.
Grazie ad uno studio internazionale durato quasi 30 anni, si è scoperto però che tra Alzheimer e genetica esiste un rapporto molto stretto: sono stati infatti individuati 42 nuovi geni che sono strettamente legati allo sviluppo di questa malattia. Infatti si è visto che tra il 60 e l’80% del rischio di sviluppare Alzheimer è legato proprio alla genetica.
In questo studio i ricercatori hanno confrontato i genomi di oltre 110.000 persone affette da Alzheimer con quelli di oltre 600.000 persone non affette. Confrontando i vari elementi sono stati identificati ben 75 geni legati al rischio di sviluppare la malattia. Di questi 75 geni però, solo 33 erano già stati identificati grazie a studi precedenti: infatti sono stati individuati altri 42 nuovi geni che possono innescare il morbo di Alzheimer.
Durante la ricerca inoltre, si è posta molta attenzione anche sul ruolo svolto dalle cellule microgliali. Si tratta infatti di una tipologia di cellule, presenti in grandi quantità in tutte le regioni del SNC (Sistema nervoso centrale), che si occupano di eliminare proteine anomale che potrebbero essere neurotossiche. L’attivazione eccessiva di queste cellule potrebbe rappresentare la principale causa del danno secondario che si osserva nella malattia.
Allo stesso modo è stato importante soffermarsi anche sull’infiammazione ed in modo particolare su una proteina che si occupa da combatterla, ovvero il fattore TNF-alpha. Questo peptide infatti potrebbe essere molto importante per riuscire a cercare nuovi farmaci e nuovi trattamenti che potrebbero aiutare a contrastare la malattia.
Le importanti scoperte ottenute grazie a questo studio potrebbero quindi essere fondamentali per riuscire a capire quali terapie realizzare per riuscire a combattere nel migliore dei modi questa devastante malattia