Abbiamo precedentemente parlato della ventilazione meccanica. In questo articolo affrontiamo la macchina per anestesia. L’anestesia è una pratica tramite cui si interrompe la sensibilità dolorifica. Può essere locale o generale. La prima inibisce la sensibilità ai livelli periferici, mentre la seconda viene utilizzata contestualmente ad operazioni chirurgiche. In quest’ultimo caso, per mantenere l’anestesia per tutto il tempo necessario, si utilizza una macchina per anestesia. Si tratta di un sistema meccanico per la somministrazione di quantità rigorosamente controllate di gas e vapori di agenti anestetici.
Il protocollo di anestesia prevede una preanestesia, l’inalazione di una miscela di Ossigeno (O2) e Protossido d’Azoto (N2O), l’introduzione graduale dell’agente anestetico nella corrente di O2 e N2O erogata al paziente e, raggiunto il livello di anestesia desiderato, viene erogata una percentuale di mantenimento dell’agente anestetico.
La funzione di base della macchina per anestesia è, quindi, preparare una miscela composta da quantità precise e controllate di gas da insufflare al paziente. Gli schermi presenti sulla macchina permettono di tenere costantemente sotto controllo tutti i parametri di interesse e controllare sia l’efficacia dell’anestesia che il benessere del paziente. Per capire meglio il funzionamento di una macchina per anestesia, aiutiamoci con il seguente schema.
Si notano, innanzitutto, due lati: uno da cui parte l’Ossigeno e l’altro da cui parte il Protossito di Azoto.
Per entrambi i lati sono presenti:
Per il lato N2O notiamo la valvola SO, ovvero una valvola di intercettazione, ovvero un complesso diaframma-molla-stantuffo che limita l’ingresso di N2O nel sistema per valori di ossigeno adeguati. Infatti, quando la pressione dell’ossigeno scende sotto 1,75 bar, questa valvola blocca l’ingresso di N2O, per evitare che il paziente entri in ipossia (carenza di ossigeno). La valvola di intercettazione è direttamente connessa ad un allarme che segnala la carenza di ossigeno e all’impianto fisso di ossigeno, in modo da permettere un intervento immediato in caso di bisogno.
Di seguito troviamo due importanti dispositivi:
All’interno di questo dispositivo, sono previsti due percorsi.
Nel primo percorso la miscela resta pura. Entra in un condotto, alla fine del quale c’è una valvola a dilatazione termica, costituita da un termometro a lamina bimetallica che regola la sezione di uscita del condotto.
Nel secondo percorso la miscela si unisce all’anestetico. All’interno del vaporizzatore c’è l’agente anestetico in forma liquida. Quando la miscela O2 e N2O lambisce questo liquido, ne asporta il vapore superficiale, che quindi si unisce alla miscela di gas.
Dal vaporizzatore, la miscela passa ai polmoni attraverso il circuito paziente.
Una minima parte del gas espirato dal paziente va verso il palloncino ambu, che quindi segue le pressioni e le depressioni prodotte dagli atti respiratori del paziente stesso. Questo consente di avere un’ulteriore segnalazione rispetto alla presenza di respirazione volontaria del paziente. Inoltre, in caso di emergenza, può essere usato per forzare gas nei polmoni.
Il resto del gas espirato dal paziente fluisce nel ramo inferiore, dove arriva all’assorbitore di CO2 e poi reimmesso nel circolo del circuito paziente, in cui si aggiunge al flusso di miscela fresca (O2 + N2O + anestetico). Nell’evenienza di un eccesso di gas, la valvola di sovrappressione (S) ne espelle una certa quantità direttamente nell’impianto di aspirazione dei gas dello stabile ospedaliero.
Per approfondire si consiglia il testo:
“Fondamenti di Ingegneria Clinica” di Francesco Paolo Branca.