L’anoressia nervosa è uno dei principali disturbi del comportamento alimentare che colpisce soprattutto adolescenti, in massima parte giovani ragazze. Tra le cause principali di questo disturbo ci sono fattori genetici, ambientali e psicologici, che portano il paziente a non accettare il proprio aspetto fisico e a voler continuamente dimagrire con gravi ripercussioni sulla salute e sul sistema nervoso.
L’anoressia nervosa (AN) è un grave disturbo psicosomatico, (risposta fisica ad un disagio psicologico), caratterizzata da un errato comportamento alimentare. L’AN si sviluppa sia in uomini che in donne, ma colpisce principalmente ragazze in età adolescenziale e perimenopausale e può portare alla morte del soggetto affetto se non riconosciuta e trattata adeguatamente.
Questa patologia è caratterizzata da grave malnutrizione con massiccia perdita di peso e con sviluppo in ambito psicologico di diverse varianti comportamentali come depressione, ansia, disturbi di personalità, ossessioni, rigidità cognitiva e disregolazioni affettive; nei casi più gravi sono presenti anche tendenze autolesionistiche e suicide. L’anoressia nervosa, inoltre, porta complicanze mediche correlate a cambiamenti fisiologici ed alterazioni metaboliche, tanto più gravi, quanto minore è l’indice di massa corporea (BMI- Body Mass Index). Tale indice quantifica la gravità della malattia ed è essenziale per indirizzare i pazienti a cure mediche e psichiatriche adeguate.
La quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disordini Mentali (DSM-5) stabilisce che i criteri diagnostici per riconoscere e classificare pazienti con anoressia nervosa sono:
Il Manuale, in base al comportamento alimentare del paziente, distingue tra due diverse tipologie di anoressia nervosa:
Una nuova tipologia di AN, denominata “anoressia atipica”, descritta nell’ultima edizione del Manuale, si distingue dalle precedenti in quanto il peso del soggetto non è eccessivamente basso e ciò rende più difficile una diagnosi tempestiva.
L’anoressia nervosa è una patologia complessa, nella cui insorgenza sono coinvolte diverse variabili psicologiche, ambientali e genetiche. Fattori che espongono al rischio di AN sono: problematiche famigliari, fattori individuali psicologici (propensione alla depressione, ansia, deficit cognitivi ed emotivi, disturbi di personalità, bassa autostima di sé), abusi sessuali o altre esperienze traumatiche (come essere vittime di bullismo), transizioni di vita stressanti, (trasferimenti, cambiamento di scuola, perdita di un parente), fattori socioculturali (pressioni sociali che portano alla continua ricerca della magrezza e ad un’insoddisfazione nella propria immagine corporea, problemi enfatizzati dai social media soprattutto nel mondo occidentale).
Studi condotti su gemelli hanno dimostrato la presenza nella patologia di influenze sia genetiche che ambientali. Considerato che i gemelli monozigoti sono geneticamente identici, la presenza di AN in uno e non nell’altro ha permesso di ipotizzare la prevalenza di influenze ambientali; al contrario, nel caso di gemelli eterozigoti, uguali solo per il 50% del genoma, le differenze potrebbero essere dovute sia a fattori ambientali che genetici.
Due diversi filoni di ricerca si occupano di identificare i geni responsabili dell’anoressia nervosa:
Gli studi di collegamento hanno fornito prove significative dell’esistenza, sul cromosoma 1, di regioni coinvolte nella patologia e, ricerche successive, hanno trovato, anche sui cromosomi 2 e 13, regioni coinvolte nell’insorgenza di caratteristiche comportamentali tipiche dei soggetti anoressici come l’ossessione per la propria forma corporea.
Studi di associazione hanno confrontato soggetti anoressici con un gruppo di controllo per trovare specifici geni che possano essere coinvolti nell’AN. Sul cromosoma 1 sono stati analizzati un gene per il recettore della serotonina 1D (HTR1D) ed un gene per il recettore delta 1 degli oppioidi (OPRD1), che sembrano mostrare un’associazione significativa con lo sviluppo dell’anoressia nervosa.
Tutte queste ricerche hanno dato, sinora, risultati non del tutto soddisfacenti e ulteriori approfondimenti sono richiesti al fine di rendere chiare le cause genetiche dell’AN, di identificare i meccanismi alla base della sua manifestazione e fornire trattamenti più adeguati che riducano anche il rischio di recidiva nei pazienti.
Un gruppo multidisciplinare è necessario per riconoscere e curare nel modo più opportuno i pazienti affetti da AN, che spesso necessitano di ricoveri ospedalieri per complicazioni mediche. Attualmente non esistono farmaci approvati né dall’FDA né dall’EMA per curare l’anoressia nervosa. Possono, tuttavia, essere utilizzati farmaci psichiatrici per trattare la sintomatologia comportamentale. L’assunzione degli psicofarmaci deve essere limitata e strettamente controllata, come anche va monitorata la comparsa di possibili effetti collaterali.
L’aiuto psicologico gioca un ruolo fondamentale per riconoscere e trattare pazienti con l’AN e fornisce un valido supporto per affrontare i problemi comportamentali e mentali ad essa correlati. Tutti i pazienti affetti da AN necessitano di attenta valutazione medica, che esamini l’indice di massa corporea, la pressione sanguigna, la frequenza respiratoria e cardiaca ed altri parametri, per escludere diverse possibili patologie, che possono portare a sintomi simili a quelli dell’anoressia.
Il trattamento fondamentale per curare l’anoressia nervosa è la riabilitazione nutrizionale, essenziale per permettere al paziente di riacquistare peso, migliorando, così, non solo le sue condizioni mediche, ma anche quelle psicologiche. La riabilitazione nutrizionale è spesso svolta in associazione a sedute di psicoterapia. I pazienti, infatti, una volta superata la fase più critica dell’AN, necessitano di un trattamento sociale, che permetta loro di ricostruirsi una vita, di riacquistare la propria autostima ed evitare ricadute.
Nel caso in cui i soggetti affetti da AN non riconoscano la gravità della loro situazione clinica e rifiutino l’aiuto di medici e psicologi e l’assunzione di farmaci, diventa necessario il ricorso al trattamento involontario, che richiede un consenso giuridico.
A cura di Carolina Gabetta