Non tutti riescono a contare le pecore per cercare di addormentarsi e non tutti riescono a visualizzare nella propria mente i volti dei loro cari o scene di vita quotidiana. Queste persone sono affette da “aphantasia”, ovvero non sono in grado di immaginare. Si ritiene che circa il 2% della popolazione mondiale ne sia colpita, ma questo fenomeno è stato recentemente identificato ed è per di più un campo ancora inesplorato e ulteriori ricerche sono necessarie.
La capacità di generare immagini nella nostra mente, è il risultato dell’attività in una rete di regioni ampiamente distribuite nel cervello. Esse lavorano insieme per consentirci di formare immagini sulla base della nostra memoria di come appaiono le cose. Le aree nei lobi frontali e parietali organizzano il processo di visualizzazione e, insieme ad aree nei lobi temporali ed occipitali che rappresentano gli elementi che desideriamo richiamare, danno all’illustrazione mentale il suo aspetto “visivo”. Un’incapacità di visualizzare potrebbe derivare da un’alterazione della funzione in diversi punti di questa rete.
I primi dati relativi a questo fenomeno derivano da Sir Francis Galton nel 1880 da uno studio sulle immagini mentali. Nonostante ciò, l’aphantasia è stata studiata per la prima volta nel 2005 dal professor Adam Zeman dell’Università di Exeter.
Tutto è nato per caso, ovvero quando un giornalista, Carl Zimmer, ha scritto un articolo sulla rivista Discover, riportando una pubblicazione del professor Zeman. Questo articolo parlava di un uomo che sembrava aver perso la capacità di immaginare. Dopo questo evento, il professor Zeman è stato contattato da altre persone che presentavano lo stesso problema dell’uomo nell’articolo, ma che, a differenza sua, non erano mai riusciti ad immaginare niente in tutta la loro vita. Il professor Zeman, dopo aver pubblicato i risultati nello studio nel 2015, ha dichiarato:
Questa intrigante variazione nell’esperienza umana ha ricevuto poca attenzione. I nostri partecipanti hanno per lo più una conoscenza diretta delle immagini attraverso i loro sogni: il nostro studio ha rivelato un’interessante dissociazione tra l’immaginazione volontaria, che è assente o molto ridotta in questi individui, e l’immaginazione involontaria, ad esempio nei sogni, che di solito è conservata.
Non è chiaro se l’aphantasia è un problema di ricezione di immagini, in quanto le persone possono ancora avere immagini funzionali, ma non ne sono consapevoli o hanno un criterio diverso per segnalarle. Tuttavia, una ricerca recente ha dimostrato che le persone con aphantasia ottengono un punteggio significativamente inferiore nella misura della rivalità binoculare sensoriale delle immagini visive; ovvero, manca anche la forza sensoriale delle loro immagini, suggerendo che l’aphantasia è qualcosa di più di una scarsa consapevolezza delle proprie immagini visive.
È interessante notare che, sebbene le persone con aphantasia abbiano ottenuto punteggi inferiori rispetto ai controlli su tutte le misurazioni della vividezza delle immagini o del contenuto, in realtà hanno ottenuto punteggi leggermente superiori rispetto ai controlli sui questionari sulle immagini spaziali. Ciò suggerisce che anche se il “cosa”, il contenuto delle immagini tipicamente associate al flusso ventrale dell’elaborazione visiva è perduto, il “dove” o le proprietà spaziali associate alle aree dorsali potrebbero essere ancora intatte.
Suggerisce che le aree del cervello che elaborano le proprietà spaziali, incluso l’ippocampo, potrebbero non essere la causa dell’aphantasia. Altri lavori forniscono la prova che le persone con aphantasia possono eseguire compiti di memoria di lavoro visiva facili e medi, ma non difficili. Molti individui con aphantasia descrivono immagini visive durante i sogni, suggerendo che le forme involontarie di immagini potrebbero essere ancora intatte. Sebbene i media abbiano mostrato un fascino per l’aphantasia, è ancora agli inizi in termini di ricerca scientifica. Sono necessarie ulteriori ricerche per far luce su queste due possibilità.
Gli individui con aphantasia svolgono molte attività quotidiane per le quali le persone comuni utilizzano le immagini mentali, ad esempio la memoria di lavoro visiva. Questo suggerisce che essi utilizzano una strategia e dei meccanismi cerebrali diversi per farlo. Al momento, non si sa quali ausili per la memoria utilizzino, forse la codifica semantica o qualche geometria o simboli non rappresentativi. Sarebbe interessante indagare su questo aspetto. Inoltre, questo ci aiuta a capire che l’uso delle immagini come strumento cognitivo non è fondamentale per svolgere altre funzioni cognitive.