Si chiama ABBI, Audio Bracelet for Blind Interaction, l’innovativo braccialetto sonoro che consente ai bambini non vedenti di orientarsi meglio nello spazio circostante e di interagire in modo efficace con il mondo esterno, fin dai primi anni di vita. Nato tre anni fa dall’omonimo progetto coordinato da Monica Gori, psicologa e ricercatrice del Dipartimento di Robotica, cervello e scienze cognitive dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), il dispositivo è oggi ad un passo dalla sua immissione sul mercato.
Il progetto ABBI nasce dalla volontà di migliorare la cognizione spaziale, la mobilità e le abilità di interazione sociale nei bambini ipovedenti, al fine di ridurre il rischio di esclusione sociale, attraverso l’utilizzo di speciali braccialetti sensibili al movimento indossabili su polsi e caviglie. Tali dispositivi, grazie all’emissione di un suono, trasmettono informazioni spaziali legate al movimento e alla posizione, aiutando il soggetto ipovedente a costruire un senso di spazio intorno a sé.
L’idea centrale del sistema ABBI è fondamentalmente quella di potenziare la percezione dello spazio degli individui non vedenti attraverso l’uso di altre modalità sensoriali, per esempio tatto e udito. A tal fine, il progetto si pone l’obiettivo di sviluppare tecnologie e procedure per riabilitare le funzioni cerebrali e i processi coinvolti, appunto, nella cognizione spaziale, attraverso naturali associazioni audio-motorie e tattilo-motorie. In particolare, l’idea è che i segnali uditivi possano svolgere il ruolo che i segnali visivi normalmente svolgono nello sviluppo delle capacità sensomotorie, dell’elaborazione cognitiva dello spazio circostante, dell’orientamento e delle abilità di interazione sociale. Il dispositivo è composto da un braccialetto leggero e piccolo dotato di un sensore inerziale 3D, un altoparlante, una batteria e un’elettronica di bordo che può collegarsi a un’applicazione smartphone in modalità wireless tramite un collegamento Bluetooth LE (Low Energy).
Aggiungere al movimento corporeo un suono aiuta a percepire il proprio corpo nella scena circostante, come spiega Monica Gori, a capo del gruppo di ricerca You Vip – Unità per le persone con disabilità visive dell’Istituto Italiano di Tecnologia. “L’idea è quella che il bambino vedente, quando muove la mano osserva questo spostamento e calcola le distanze necessarie per raggiungere oggetti e persone, un’operazione difficile per chi non vede e può solo immaginare l’azione”, afferma Gori. “Proprio da queste considerazioni nasce l’idea del braccialetto Abbi, che in assenza della visione fornisce un feedback sensoriale – sonoro – corrispondente al movimento, che non viene visto ma sentito, ascoltato.“, infine, aggiunge.
Grazie alla collaborazione tra il gruppo di ricerca dell’IIT e l’Istituto David Chiassone di Genova il dispositivo è stato testato per tre mesi su bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni. “In realtà più di 100 persone con deficit visivo hanno potuto sperimentare il dispositivo e, fin da subito, hanno riscontrato miglioramenti nella percezione del suono e nell’interazione sociale”, sostiene, entusiasta, la ricercatrice. Il successo di ABBI, progetto finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Settimo Programma Quadro (7PQ), si deve anche alla partecipazione di gruppi di ricerca interdisciplinari appartenenti alle università di Lund, Amburgo e Glasgow.
Il dispositivo ha recentemente ottenuto la marcatura CE e presto sarà immesso sul mercato, completo del kit che, con il supporto e la supervisione di istituti specializzati, consentirà alle persone non vedenti di procedere con la riabilitazione in modo indipendente. Il riscontro positivo si avrà soprattutto a livello psicologico per i soggetti ipovedenti, grazie all’acquisita percezione di avere una posizione spaziale in mezzo a tanti e di poter raggiungere qualsiasi oggetto senza difficoltà, rimpiazzando la debolezza o la totale assenza dei segnali visivi con la potenza dei segnali uditivi, per costruire un’idea tangibile di spazio in cui sentirsi sicuri e liberi di muoversi e per poter finalmente “ascoltare i colori del mondo”.