Prevenzione

Artrite: nanoparticelle immunoregolanti la prevengono nei topi

Le malattie autoimmuni sono un problema di salute globale, infatti colpiscono il 4% della popolazione. I trattamenti attuali sono generalmente palliativi o utilizzano immunosoppressori ad ampio spettro per ridurre i sintomi e la progressione della malattia. In un nuovo studio, un team di ricercatori ha sviluppato delle nanoparticelle che possono colpire selettivamente le cellule immunitarie di interesse; questo al fine di ritardare significativamente e persino prevenire l’artrite nei topi.

In breve: come funziona il sistema immunitario

Quando il corpo percepisce sostanze estranee, chiamate antigeni, il sistema immunitario lavora per riconoscerle e sbarazzarsene. I linfociti B vengono attivati per produrre anticorpi, detti anche immunoglobuline, queste proteine si concentrano su antigeni specifici. Dopo che si sono formati, gli anticorpi rimangono solitamente nell’organismo nel caso in cui si debba combattere lo stesso corpo estraneo. Dunque, il sistema immunitario è la prima linea di difesa del nostro organismo contro le malattie, ma a volte può iniziare ad attaccare le cellule ed i tessuti sani. Questo può scatenare una serie di malattie autoimmuni, che possono essere trattate con farmaci che sopprimono lo stesso sistema immunitario. Ciò però porta ad altre complicazioni, come un aumento del rischio di malattie infettive da parte del paziente.

Il sistema immunitario è in prima linea per la protezione del nostro organismo dalle infezioni.

Lo studio in questione sull’artrite reumatoide

Per il nuovo studio, il team ha ideato una nuova tecnica che colpisce solo le cellule immunitarie che causano i problemi autoimmuni, lasciando le altre inalterate. Alcune malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide, sono innescate da una singola proteina nel corpo, nota come autoantigene; questa è al centro dello studio. Si sono sviluppate delle nanoparticelle ibride che inducono la tolleranza sia nelle cellule T che nelle cellule B. Le nanoparticelle comprendono un monostrato lipidico che incapsula un nucleo PLGA caricato con rapamicina che promuove lo sviluppo di cellule T regolatorie (Treg). Il monostrato lipidico visualizza l’antigene proteico e un ligando del corecettore inibitorio delle cellule B CD22 (CD22L); questi agiscono insieme per sopprimere l’attivazione delle cellule B che riconoscono l’antigene. Tutti questi ingredienti dovrebbero aiutare le nanoparticelle a contrastare una risposta autoimmune da specifiche cellule B e T, senza richiedere un arresto completo del sistema immunitario.

Lo studio in questione sull’artrite schematizzato – Credits: ACS Nano

Risultati in vivo sui topi

Il team ha testato la terapia in vivo nei topi. In primo luogo, si è dimostrato che è in grado di impedire al sistema immunitario degli animali di attaccare una proteina chiamata ovalbumina che normalmente avrebbe innescato una forte risposta. Poi si è testata in topi progettati per essere predisposti all’artrite attaccando un autoantigene chiamato GPI. I ricercatori hanno trattato i topi dall’età di 3 settimane con nanoparticelle che hanno insegnato al loro sistema immunitario a tollerare il GPI. E’ abbastanza sicuro che la terapia ha ritardato significativamente l’insorgenza dell’artrite, i cui segni normalmente comincerebbero ad apparire dopo qualche settimana senza trattamento. Ancora più incoraggiante risulta che un terzo dei topi trattati non mostra ancora segni di artrite alla fine dell’esperimento dopo 300 giorni.

Istologia dell’articolazione della caviglia di topi con artrite reumatoide trattati con CD22L-NP(R)-GPI – Credits: ACS Nano

Analisi dei dati e prospettive future

Un analisi più approfondita ha dimostrato che il trattamento funziona come sperato. I topi hanno notevolmente ridotto la produzione di anticorpi anti-GPI e popolazioni Treg molto più elevate. Infatti, i risultati mostrano il potenziale di questa versatile piattaforma di nanoparticelle per indurre la tolleranza immunitaria a un autoantigene e sopprimere la malattia autoimmune. Il team crede che ci sia il potenziale per combinare le nanoparticelle con altri trattamenti di modulazione immunitari per renderli ancora più efficaci. Questo sarà il prossimo passo obiettivo della ricerca, oltre a quello di dimostrare che questa tecnologia può essere utilizzata anche contro altre malattie autoimmuni causate da risposte immunitarie indesiderate per via di un autoantigene.

Published by
Maddalena Ranzato