Il consumo di alcol tra i minori (Canva/Depositphotos foto) - www.biomedicalcue.it
L’avvicinamento precoce al consumo di alcolici può comportare gravi disagi nel corso dell’intera vita adulta. Ecco come evitare che questo avvenga
Una delle problematiche riguardanti un elevato numero di minorenni in tutto il mondo è sicuramente l’utilizzo dell’alcol quando non è stata raggiunta la maggiore età. E anche se l’avvicinamento agli alcolici comincia in modo graduale e, apparentemente, responsabile, un consumo prolungato potrebbe trascinare direttamente dentro il vortice delle gravi dipendenze in età adulta.
Ad ‘aggravare’ una situazione che già di per sé sarebbe alquanto delicata vi sono tutti quei genitori che, soprattutto negli Stati Uniti d’America, lasciandosi abbindolare da quanto letto sul web o visto in televisione senza che vi fosse un reale riscontro medico, sono convinti che far bere i propri figli in età adolescenziale possa prevenire eventuali dipendenze o problematiche con gli alcolici in età adulta.
A sfatare questo mito, bollato come bufala, ci ha pensato la ricercatrice della Medical University of South Carolina, Lindsay Squeglia, che ha spiegato come una ricerca circa ventennale ha dimostrato seguendo parametri medici che questa credenza sia assolutamente fasulla. E’ stato evidenziato, all’opposto, che il comportamento dei genitori e la loro influenza nei confronti della prole, può contribuire ad attenuare il rapporto tra i giovani e il consumo di alcool.
I riscontri ci parlano di come i genitori che permettono ai propri figli di bere dentro casa, vadano in un certo senso a stimolare l’attitudine dei giovani al consumo quotidiano, anche al di fuori della propria abitazione, dove non essendo controllati si lasciano spesso andare a quantitativi di certo eccessivi.
In merito a questa tesi convengono diversi esperti in tutto il mondo. Ne sono un esempio la ricercatrice Amelia Arria della University of Maryland School of Public Health, che spiega come l’influenza dei genitori nei confronti dei figli non sia assolutamente da sottovalutare, oppure il ricercatore presso l’Erasmus University di Rotterdam, Paesi Bassi, Rutger Engels, che espone come in riferimento alle norme il consumo di alcolici possa variare, portando i giovani a consumare dosi nettamente oltre il limite se non vincolati da alcun tipo di principio – tendenzialmente ciò avviene fuori casa -.
Il dato preoccupante è che gli studi sono stati compiuti in molteplici aree del mondo, a partire dagli Stati Uniti, passando per l’Europa, fino a terminare in Australia. In ciascuno di questi territori i risultati finali dei test si sono rivelati essere molto simili tra loro; parliamo pur sempre di Nazioni in cui storicamente i genitori non si sono mai rivelati troppo ‘conservatori’ nel concedere una birra ai propri figli ma che, guarda caso, al termine degli opportuni approfondimenti risultano essere gli stessi presentanti i tassi di consumo più elevati, specie tra i minorenni. Il ricercatore Bill Burk della Radbound University a Nimega, Paesi Bassi, spiega come l’abitudine e la propensione dei genitori a consumare alcool, possa spingere maggiormente i giovani della casa ad avvicinarsi a tali sostanze.
Considerando che il cervello umano nel corso della fase adolescenziale si trova in una fase di pieno sviluppo, che poi prosegue sino ai 25 anni circa, il consumo durante questa fase andrebbe significativamente ridotto o, ancor meglio, evitato. Il funzionamento esecutivo, che permette alle persone di controllare gli impulsi, pianificare e perseguire i propri obiettivi rivelandosi fondamentale nell’ambito lavorativo e non solo, si sviluppa proprio nel corso di questa fase, attraverso il perfezionamento della corteccia frontale. Se il cervello viene esposto continuamente ad una sostanza come l’alcol, la stessa potrà intaccare determinate aree cerebrali, compromettendo le capacità esecutive che si stanno sviluppando, come afferma il direttore medico del Center for Neurobehavioral Research on Addiction di Houston, Michael Weaver, che spiega come l’interruzione dei processi possa condurre a problemi durante la vita adulta. Anche le abilità sociali rischiano di essere compromesse dal consumo eccessivo d’alcol.
Il monitoraggio dei genitori è cruciale per impedire che i propri figli si interessino a comportamenti maggiormente rischiosi; la capacità del genitore può rivelarsi determinante sia quando la problematica si è già sviluppata, ovverosia quando il minore comincia già a prestare un’attenzione particolare al consumo di alcolici, ma ancor di più quando c’è la possibilità di ‘stroncare le cose sul nascere‘, come esposto da Burk. La ricercatrice Squeglia ribadisce come l’utilizzo precoce, già all’età di tredici anni, in un soggetto con una predisposizione genetica possa comportare con alta probabilità lo sviluppo di problemi di dipendenza anche nell’età adulta. Sarebbe più prudente aspettare almeno fino ai 18-21 anni; in questo modo, il rischio di incappare in disagi gravi con gli alcolici nel corso della propria vita risulterà essere significativamente ridotto.