Un nuovo studio svolto da un team di ricercatori della Carnegie Mellon University (CMU) e dell’Università di Pittsburgh (Pitt) contribuirà a migliorare e stabilizzare in modo rilevante le BCI, cioè le interfacce cervello-computer. L’algoritmo esaminato dagli studiosi si è rivelato in grado di stabilizzare gli adattamenti dell’interfaccia ai segnali neurali. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Nature Biomedical Engineering.
Molte persone che hanno subito lesioni o soffrono di malattie debilitanti del sistema nervoso perdono parzialmente o totalmente la capacità di controllare i movimenti muscolari. Molti non sono più in grado di camminare, guidare o riprodurre musica da soli. Possono ancora pensare nella loro mente a come svolgere le azioni, ma il loro corpo non risponde alla loro volontà.
Le interfacce cervello-computer (BCI, brain-computer interfaces) sono dispositivi che consentono la comunicazione diretta tra un cervello ed un computer. Nel contesto della neuroingegneria, il ruolo svolto dalle BCI è quello di dare un supporto funzionale e di ausilio alle persone con disabilità motorie per controllare gli arti protesici, i cursori dei computer o svolgere altri tipi di attività usando le loro menti.
Uno dei maggiori problemi che le BCI devono affrontare in ambito clinico è l’instabilità delle registrazioni neurali stesse. Nel tempo, i segnali raccolti dal dispositivo possono variare e questa variabilità può inficiare sull’adattamento dell’interfaccia facendo perdere all’individuo la capacità di controllare la propria BCI.
Ogni volta che si verifica questa perdita di controllo, l’individuo deve sottoporsi ad un processo di ricalibrazione per ripristinare la connessione tra i comandi mentali e le attività eseguite. In genere, è una procedura che richiede l’intervento di un tecnico.
“Immagina se ogni volta che volessimo usare il nostro telefono cellulare, per farlo funzionare correttamente, dovessimo in qualche modo calibrare lo schermo in modo che sappia a quale parte dello schermo stiamo puntando”, afferma William Bishop, che in precedenza era un uno studente di dottorato e post dottorato presso il Dipartimento di Machine Learning presso la CMU ed ora è membro del Janelia Research Campus. “L’attuale stato dell’arte della tecnologia BCI è un po’ così. Solo per far funzionare questi dispositivi BCI, gli utenti devono fare questa frequente ricalibrazione. So che è estremamente scomodo per gli utenti, così come lo è per i tecnici che fanno manutenzione ai dispositivi”.
Il team di ricerca sta studiando un algoritmo di apprendimento automatico che tenga conto della variabilità dei segnali ma che consenta alla persona che utilizza la BCI di continuare comunque a controllare il dispositivo. I ricercatori lo hanno sviluppato dopo aver scoperto che l’attività della popolazione neurale si svolge in una “varietà neurale” a bassa dimensione (low-dimensional neural manifold, in inglese). Sfruttando questa scoperta, gli studiosi possono stabilizzare l’attività neurale per mantenere buone prestazioni del dispositivo neurale anche in presenza di registrazioni instabili.
“Quando diciamo “stabilizzazione”, ciò che intendiamo è che i nostri segnali neurali sono instabili, forse perché stiamo registrando da diversi neuroni nel corso del tempo”, spiega Alan Degenhart, ricercatore post-dottorato in ingegneria elettrica e informatica presso la CMU. “Abbiamo trovato un modo per prendere diverse popolazioni di neuroni nel tempo e usare le loro informazioni per rivelare essenzialmente un quadro generale del calcolo che sta avvenendo nel cervello, mantenendo così la BCI calibrata nonostante le instabilità neurali.”
Questo non è il primo studio che cerca di risolvere il problema della ricalibrazione delle BCI, problema che è in sospeso da molto tempo. Studi precedenti hanno proposto procedure di auto-ricalibrazione ma si sono scontrati con il problema di come gestire le instabilità. La novità di questa ricerca è la possibilità di recupero dell’interfaccia neurale anche a seguito di instabilità catastrofiche perché non si basa sulla collaborazione e sulla corretta esecuzione delle azioni da parte del soggetto durante la ricalibrazione.
“Poniamo che l’instabilità sia così grande che il soggetto non è più in grado di controllare la BCI”, spiega Byron Yu, professore di ingegneria elettrica e informatica e ingegneria biomedica alla CMU. “Le procedure di auto-ricalibrazione esistenti probabilmente avranno difficoltà in quello scenario, mentre nel nostro metodo, abbiamo dimostrato che in molti casi può recuperare da quelle instabilità catastrofiche“.
“Le instabilità della registrazione neurale non sono ben caratterizzate, ma è un problema molto grande”, afferma Emily Oby, ricercatrice post-dottorato in neurobiologia presso l’Università di Pittsburgh. “Non c’è molta letteratura che possiamo indicare, ma aneddoticamente, molti dei laboratori che svolgono ricerche cliniche con BCI devono affrontare questo problema abbastanza frequentemente. Questo lavoro ha il potenziale per migliorare notevolmente l’utilizzo in clinica delle BCI e per aiutare a stabilizzare altre interfacce neurali.”