Solo qualche tempo fa l’ipotesi di impiantare dei sensori nel cervello per captare il pensiero e tradurlo in dati comprensibili ai computer sarebbe sembrata fantascienza. In realtà il settore delle Brain Computer Interface (BCI) è in fermento e in continua evoluzione da anni. Nell’ultimo periodo i successi ottenuti in questo campo sono stati notevoli e fanno sembrare sempre più vicina questa possibilità. Vi abbiamo già parlato di Neuralink, la startup di Elon Musk che ha sviluppato un chip che permette di controllare il movimento grazie al pensiero. Ma non si tratta dell’unico caso degno di nota. Sono infatti numerosi i gruppi di ricerca al lavoro per lo sviluppo di altri sensori BCI che possano ridare ai pazienti la capacità di muoversi o sentire grazie al loro pensiero.
Attualmente non sono disponibili sul mercato sensori BCI invasivi che siano già stati autorizzati alla vendita da parte dell’FDA. L’unico dispositivo BCI che è già stato approvato è di tipo non invasivo. Esso consiste in una sorta di casco che registra l’attività cerebrale collegato a un guanto che viene quindi guidato nei movimenti dai pensieri del paziente. Il prodotto si chiama IpsiHand. Il nome deriva dai segnali ipsilaterali responsabili del movimento, ovvero quelli che provengono dallo stesso lato del cevrello degli arti. È infatti noto che ogni lato del cervello controlla il lato opposto del corpo, ma gli sviluppatori di IpsiHand hanno scoperto che anche i segnali ipsilaterali possono essere captati e impiegati per il controllo del movimento. Grazie a questo dispositivo molti pazienti per i quali non ci si aspettava nessun miglioramento hanno potuto ripristinare il movimento dell’arto superiore, un risultato grandioso che ha cambiato la loro vita.
Tra le BCI impiantabili, però, due sono già riuscite a ottenere il permesso di passare ai test su essere umani. Si tratta dei dispositivi sviluppati da Blackrock e della Synchron. La seconda è la madre del già noto Stentrode, che dal suo esordio è riuscito a ottenere notevoli risultati. Tra gli ultimi, ad esempio, si trova il primo tweet inviato tramite il pensiero da Philip O’Keefe. Philip è un uomo di 62 anni affetto da SLA che ha ricevuto Stentrode nel 2020.
Un tweet può sembrare poca cosa, ma poter tornare a comunicare con il mondo grazie a questa interfaccia rappresenta invece un “progresso monumentale”, per citare le parole di Philip, per chi come lui ha dovuto rinunciare a tutti i gesti più semplici a causa della sua malattia.
Il BCI sviluppato da Blackrock, che si chiama MoveAgain, è formato un array di elettrodi che vengono posizionati in diverse zone della corteccia cerebrale. Qui essi rilevano i segnali e li trasmettono a un dispositivo esterno, il quale codifica per diversi task come, ad esempio, il movimento di braccia robotiche o di sedie a rotelle. L’idea alla base è quindi la classica concezione di BCI che mira a sfruttare il pensiero del paziente per controllare dei macchinari. Il dispositivo è frutto di oltre 25 anni di ricerca e grazie alla recente approvazione per i trial clinici potrebbe presto essere commercializzato, dopo aver condotto le opportune verifiche di sicurezza ed efficacia.
Florian Solzbacher, presidente della BlackRock Neurotech, è fiducioso che il prodotto soddisfi tutti i requisiti necessari e sottolinea come questi risultati rappresentino l’inizio di una rivoluzione nel trattamento di patologie e disabilità neurologiche. “Tra dieci anni”, ha commentato in un’intervista, “impianti di questo tipo potrebbero diventare comuni come i pacemaker cardiaci e offrire ai pazienti una serie di nuove opzioni per ripristinare la loro indipendenza.”
Molti pazienti affermano che ripristinare il senso del tatto sarebbe anche più importante del potersi muovere. Il primo risultato in tal senso è stato ottenuto nel 2016 su Nathan Copeland, un paziente paralizzato di 28 anni. Il suo dispositivo, oltre a inviare segnali neurali per comandare il braccio robotico, rispedisce infatti informazioni sensoriali al cervello. Queste ultime consentono al paziente di avere la percezione del tatto.
Ma le applicazioni non riguardano solo movimento e tatto. Un altro possibile sviluppo è l’udito: a settembre 2021 la Blackrock ha annunciato un investimento in uno studio per questo nuovo tipo di impianto. Il dispositivo in fase di sviluppo dovrebbe essere impiantato nel nervo uditivo e consentire ai pazienti di tornare a sentire.
Infine, un ultimo ambito di ricerca riguarda il recupero della parola. Lo studio, condotto sempre da Blackrock in collaborazione con la Duke University sta cercando di analizzare la possibilità di correlare il pensiero di esprimere delle parole dei pazienti alla sua traduzione in un algoritmo che, una volta inviato a un dispositivo, produca la voce al loro posto. Si tratterebbe di un enorme passo avanti avanti per quei pazienti con la sindrome locked-in, ovvero svegli e vigili, ma incapaci di muoversi e parlare. Tutte queste applicazioni possono sembrare quasi impossibili, ma numerosi gruppi sono già al lavoro. I primi risultati fanno ben sperare sulla trasformazione di questi dispositivi da fantascienza a realtà.
Per quanto riguarda il nostro paese, il settore delle BCI è ancora essenzialmente in fase di sviluppo. Tra gli attori principali figura l’IIT, che ha fondato Corticale, una start-up che mira a commercializzare SiNAPS. SiNAPS (Simultaneous Neural Recording Active Pixel Sensor technology) è un dispositivo composto da piccoli sensori in grado di rilevare l’attività neurale. I dati registrati possono quindi essere analizzati al fine di ottenere informazioni sul funzionamento cerebrale, ma possono anche essere elaborati per controllare altri dispositivi, primi su tutti protesi di arti. Fabio Boi, ricercatore IIT e Direttore Tecnologico di Corticale, ha dichiarato di essersi interfacciato anche con Neuralink e che il prodotto italiano da loro sviluppato risulta essere anche più preciso e raffinato nella rilevazione dei segnali cerebrali. Si tratta di un enorme risultato per una realtà italiana che potrebbe riuscire a competere con il colosso di Elon Musk.
Nonostante tutti questi notevoli risultati, il campo dei sensori BCI avrà probabilmente bisogno di molti anni di ricerche per poter ricevere l’autorizzazione alla vendita. L’apporto che questi dispositivi potrebbero apportare sarebbe di vitale importanza per molti pazienti che, ad ora, non hanno altre alternative per ripristinare alcune funzioni fondamentali come movimento e comunicazione. Essendo poi i disturbi neurologici particolarmente diffusi, con delle stime che parlano di un caso ogni 6 persone, anche il contributo economico sarebbe particolarmente importante. Si parla quindi, al momento, di prospettive a lungo termine, data la complessità richiesta per l’approvazione al commercio. Tuttavia tutti i promettenti risultati elencati in precedenza hanno già aiutato molti pazienti e potrebbero dunque diventare una valida alternativa per una serie di patologie che fino a qualche tempo fa non prevedevano nessuna strategia che consentisse l’importante recupero, anche solo parziale, dell’indipendenza.