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Beta-talassemia: nuova terapia riduce le trasfusioni del 33%

L’anemia mediterranea, nota anche come beta-talassemia, è una malattia del sangue ereditaria molto grave provocata da un difetto genetico che causa la distruzione degli eritrociti (globuli rossi). Per questo motivo chi soffre di questa malattia deve molto spesso sottoporsi a trasfusioni di sangue (circa ogni 2\3 settimane).

Tuttavia, grazie ad una nuova terapia, la situazione potrebbe cambiare; infatti, a partire da dicembre 2021, è disponibile nuova nuova molecola (luspatercept), rimborsata anche in Italia, che permette di allungare gli intervalli tra le varie sedute o di diminuire le unità di sangue da trasfondere.

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Beta-talassemia: che cos’è?

La talassemia è una malattia ereditaria del sangue caratterizzata da un’anemia cronica causata dalla sintesi ridotta\ assente di una delle catene polipeptidiche (alfa o beta) presenti nell’emoglobina, ovvero la proteina che si occupa di trasportare l’ossigeno attraverso tutto l’organismo. Il nome “talassemia” deriva dal greco “thàlassa” (mare) e “haîma” (sangue): il suo nome deriva dal fatto che questa malattia era diffusa soprattutto nelle aree che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, tra cui le aree del Nord Africa e del Medio Oriente.

Diffusione e caratteristiche

Questa malattia era diffusa soprattutto tra le popolazioni residenti nelle aree paludose o acquitrinose, infestate per secoli dalla malaria. Il motivo è dovuto al fatto che, nei talassemici, l’anomalia dei globuli rossi ostacola la riproduzione del plasmodio della malaria, rendendoli di conseguenza più resistenti a questa malattia. Questo ha permesso nel corso degli anni di realizzare una sorta di selezione naturale delle persone con talassemia in determinate zone d’Italia, come la Sardegna o il delta del Po.

Esistono differenti forme di talassemia: quella più diffusa nel bacino del Mediterraneo è la beta talassemia (dovuta a ridotta o totale assenza delle sintesi di catene beta dell’emoglobina). In Italia, si stima che i pazienti affetti da questa malattia siano circa 7.000: la regione più colpita è la Sicilia (2.500 soggetti), seguita dalla Sardegna (1500 soggetti). I restanti 3.000 pazienti sono distribuiti in maniera abbastanza uniforme in tutta la Penisola, con una frequenza più alta fra Puglia, Emilia Romagna, Lazio e Calabria.

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La beta talassemia è una condizione di gravità molto variabile: infatti si passa da una forma “asintomatica” detta talassemia minor, fino alla forma più grave, denominata talassemia major o malattia di Cooley: quest’ultima condizione causa la dipendenza da trasfusione di sangue (talassemia trasfusione-dipendente). Inoltre, a seconda della tipologia di mutazioni presenti nel gene beta globinico, possiamo avere

  • Una forma beta0, in cui la sintesi delle catene beta dell’emoglobina è completamente assente.
  • Una forma beta+, in cui la sintesi delle catene beta dell’emoglobina è ridotta.

Questa malattia viene trasmessa da genitore a figlio con modalità autosomica recessiva: quindi, se una coppia di genitori presenta mutazioni nel gene beta globinico, ogni figlio avrà il 25% di probabilità di essere sano, il 25% di probabilità di essere malato e il 50% di probabilità di essere portatore sano della malattia.

Diagnosi e cura

La diagnosi si basa sull’osservazione clinica e di solito viene realizzata a partire dai primi anni di vita di un bambino, in particolare quando in quest’ultimo si notano alcuni segni clinici di anemia grave, ritardo nella crescita, stanchezza e pallore. La conferma della diagnosi viene poi ottenuta grazie ad analisi cliniche e biochimiche (esame emocromocitometrico ed elettroforesi dell’emoglobina), seguite poi da test genetici. Inoltre, conoscendo le mutazioni presenti nei genitori, è possibile anche effettuare una diagnosi prenatale mediante villocentesi.

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Attualmente l’unica terapia risolutiva per questo tipo di malattia è rappresentata dal trapianto di midollo osseo o di cellule staminali da donatori compatibili. Tuttavia, non è molto semplice riuscire a trovare dei donatori compatibili, per questo motivo molto spesso si preferisce ricorrere alla terapia palliativa basata su ripetute trasfusioni di sangue (ogni 15-20 giorni).

Solitamente il trattamento standard basato su trasfusioni inizia già in tenera età e viene portato avanti per tutta la vita del paziente. Inoltre la terapia viene effettuata anche in associazione a differenti farmaci di supporto, come i cosiddetti “agenti chelanti”. Questi ultimi servono ad evitare le numerose complicanze trasfusionali che si possono verificare in seguito all’accumulo di ferro negli organi maggiormente irrorati, come fegato, cuore e ghiandole endocrine.

Una nuova terapia

Come detto in precedenza, attualmente l’unica terapia standard che permette il trattamento di questa malattia è quella che prevede la regolare trasfusione di sangue ogni 2-3 settimane: ovviamente questo implica che il paziente si rechi con regolarità presso i centri di cura per poter effettuare le trasfusioni.

Tuttavia, da oggi, questa situazione potrebbe cambiare: questo grazie ad un nuovo trattamento che prevede l’utilizzo di una particolare molecola, la Luspatercept, che permette di allungare gli intervalli tra le varie sedute o di diminuire le unità di sangue da dover utilizzare per la trasfusione. Questo è possibile in quanto Luspatercept permette di ridurre l’eritropoiesi inefficace responsabile della grave anemia e quindi consentire la produzione di globuli rossi maturi.

“La beta-talassemia lega la persona al centro di cura: in media vengono trasfuse 2-3 unità di sangue ad ogni seduta in ospedale, che dura fino a 5 ore. Tutto questo influisce sulla quotidianità e determina un’invalidità che si ripercuote sulla qualità di vita e sullo stato psicologico dei pazienti e dei familiari: da qui l’importanza della disponibilità di una terapia innovativa come luspatercept, in grado di trasformare la loro vita

Raffaele Vindigni, Presidente United Onlus.
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L’utilizzo di questa molecola è stato approvato dell’Agenzia Regolatoria Europea nel giugno 2020, dopo i risultati positivi ottenuti nello studio internazionale BELIEVE. Questa ricerca ha coinvolto 336 pazienti affetti da talassemia trasfusione dipendente e grazie al trattamento luspatercept è risultato che circa il 70% dei pazienti trattati ha ottenuto una riduzione del 33% del fabbisogno trasfusionale in un qualsiasi intervallo di tempo di 12 settimane.

Inoltre la nuova terapia, quando si dimostra efficace, permette anche di ridurre l’accumulo di ferro dovuto alle trasfusioni, che può causare il danneggiamento degli organi vitali come cuore, fegato e pancreas, e le possibili complicanze dovute gli effetti collaterali dei farmaci ferrochelanti usati proprio per eliminare il ferro in eccesso. Questa molecola, inoltre, è stato approvata anche per il trattamento delle sindromi mielodisplastiche, ovvero neoplasie del sangue tipiche del paziente anziano.