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I Big Data in ambito sanitario

I Big Data in ambito sanitario Credits: Adobe stock

Tutti i giorni usiamo dei dispositivi che possono acquisire un’enorme quantità di dati. I nostri smartphone, i computer, o gli smartwatch, ma anche i social network e letteralmente ogni singola ricerca che facciamo su Google, possono diventare una ghiotta fonte di dati. Dati che riguardano la nostra posizione, le nostre preferenze di acquisti, le nostre idee politiche e morali, la nostra attività fisica e anche il nostro generale stato di salute.

Negli ultimi anni si è andato formando il concetto di Big Data, ovvero una raccolta dati così grande da non poter essere gestita con i sistemi tradizionali.

I Big Data

I Big Data sono caratterizzati dalle 6 V:

  • Volume: terabyte, petabyte e zettabyte;
  • Velocità: dati generati ad alta velocità;
  • Varietà: i dati possono essere strutturati, semi-strutturati o non strutturati;
  • Valore: creano conoscenza e hanno un grande valore per chi li sa gestire;
  • Variabilità: mutevolezza del significato di un dato a seconda del contesto;
  • Veridicità: qualità e affidabilità dei dati.

L’aspetto innovativo dei Big Data è che questa enorme quantità di dati può essere analizzata in modo automatico, veloce ed efficiente, con una netta riduzione di errori. Ricavando informazioni rilevanti dai dati in pochissimo tempo, le aziende sono in grado di prendere decisioni da applicare anche immediatamente, ottenendo un vantaggio competitivo sul mercato. C’è un ritorno economico, quindi: per questo sono tutti così interessati.

L’interesse per i Big Data è internazionale e coinvolge praticamente qualsiasi settore, perché rappresenta il modo migliore per capire e predire i comportamenti e gli interessi delle persone. Ciò si traduce in un grande vantaggio economico, un potere per chi li sa elaborare, gestire, interpretare correttamente e sfruttare con un volume di mercato stimato a 42 miliardi di dollari nel 2018 (un trend che è destinato ad aumentare in modo esponenziale).

Quale importanza assumono in ambito medico?

Naturalmente l’utilità dei Big Data è evidente anche in ambito medico, dove questi dati possono essere elaborati per diverse cose.

Ad esempio:

  • Essere di supporto per i medici nei momenti di diagnosi;
  • creare delle statistiche per valutare fattori di rischio ambientali o comportamentali;
  • evidenziare gli effetti a lungo termine delle terapie;
  • gestione e controllo dell’andamento delle malattie croniche;
  • rispondere efficacemente e preventivamente in caso di epidemia;
  • attuare una prevenzione paziente-specifica;
  • i dati possono diventare casi di studio da sottoporre agli studenti di medicina in modo da avere una grande quantità di esempi reali su cui esercitarsi.

Il risultato è che il medico è più efficiente e performante, il paziente ha un’esperienza migliore e, in generale, i costi vengono gestiti molto meglio, e riuscendo a ridurre determinati costi si possono prendere le risorse risparmiate e reinverstirle, creando un circolo virtuoso.

Tutto questo va ad integrarsi con la cartella clinica elettronica, tramite cui diventa più semplice gestire i dati dei pazienti, anche da remoto. Nella cartella clinica elettronica sono presenti dei dati. Integrando questi dati con altri dati di interesse (ovvero Big Data specifici), si ottiene tutto quello di cui stiamo parlando.

Facciamo un esempio molto semplificato.

Siamo nello studio di un medico di base. Il medico può accedere alle cartelle cliniche elettroniche dei suoi pazienti. Siamo in un esempio in cui tutto funziona bene, per semplicità, quindi facciamo finta che le cartelle contengono proprio tutta la storia clinica dei pazienti, in modo preciso e ordinato, magari con anche una sezione dedicata a degli eventi rilevanti della storia clinica della famiglia di ogni paziente (ad esempio malattie ereditarie, casi di tumori in parenti molto vicini al paziente e cose di questo tipo).

Al medico arrivano degli studi che evidenziano un collegamento tra la tiroidite autoimmune di Hashimoto e il diabete di tipo 1. A questo punto, il medico potrà selezionare tutti i suoi pazienti affetti da una malattia o l’altra e invitarli ad eseguire una visita, valutando poi caso per caso come procedere.

Inoltre, nel nostro mondo dei sogni, potremmo fare in modo di autorizzare un’app del telefono o il nostro smartwatch a inviare al medico un report settimanale dei nostri parametri registrati (come battito cardiaco, pressione, zuccheri nel sangue, attività fisica, qualità del sonno, ecc).

E, di nuovo, tramite l’integrazione tra questi dati e altre informazioni, il medico può verificare dei comportamenti a rischio (magari aiutato da un qualche software) e valutare caso per caso se fare una qualche prevenzione.

Privacy

In tutto questo discorso la privacy è un aspetto centrale. I Big Data in ambito sanitario fanno parte dei dati critici e come tali sono regolati dall’articolo 9 del GDPR 679/2016.

Bisogna trattare i dati in questione adeguatamente in tutte le fasi della loro vita: raccolta, elaborazione, invio, consultazione, conservazione. Il paziente deve essere opportunamente informato sul trattamento dei suoi dati e su quali comportamenti evitare per migliorare la sicurezza; l’accesso ai dati deve avvenire in modo sicuro (attraverso password o chiavi di accesso) e il loro trasporto deve prevedere una fase di criptazione.

Il problema della sicurezza informatica è uno dei temi caldi di questo periodo e sarà sicuramente un ambito destinato a diventare sempre più centrale, anche nel mondo del lavoro. Se volete lavorare in ambito informatico, ragionate sulla figura del security engineer.