Il termine Biomimicry o Biomimetica deriva da Bios (vita) e Mimicry (mimare) e consiste, infatti, nell’imitazione di funzioni, strutture e processi presenti in natura, al fine di realizzare materiali e dispositivi innovativi. Diversi sono i casi in cui l’uomo ha preso ispirazione da strutture già presenti in natura per realizzare oggetti ormai entrati a far parte del nostro quotidiano. La Biomimicry, infatti, può essere sfruttata in diversi rami ingegneristici, da quello aerospaziale al meccanico, passando anche per il biomedico. È, quindi, interessante capire come alcune strutture biologiche possano essere studiate per realizzare dispositivi altamente all’avanguardia.
La Biomimetica viene messa in pratica su più livelli. E’ infatti possibile prendere spunto dalla natura sulla base di una specifica funzione, di un processo o di un intero sistema. Un esempio può essere lo studio del modo in cui i pipistrelli, animali non vedenti di natura, sono in grado di schivare gli oggetti ed accaparrarsi il cibo.
La capacità dei pipistrelli di schivare ostacoli, pur essendo non vedenti, può essere presa d’ispirazione per realizzare bastoni per non vedenti capaci di avvertire l’utente quando si trova in prossimità di un ostacolo. Questi bastoni contengono al loro interno un sistema basato sull’effetto eco ispirato ai pipistrelli. Essi, infatti, sono animali in grado di emettere ultrasuoni che “rimbalzano” indietro quando incontrano degli oggetti, avvisandoli della presenza di un ostacolo o di una possibile preda. Allo stesso modo il sistema posizionato sui bastoni per non vedenti emette ultrasuoni che quando incontrano possibili ostacoli avvisano l’utente tramite segnali vibratori. Più il segnale è forte, più l’ostacolo è vicino.
Un articolo pubblicato sulla rivista Nature ha mostrato un riscontro molto positivo da parte degli utenti ed un interesse generale verso questi dispositivi fortemente innovativi. Il dispositivo in questione è UltraCane, sviluppato in Inghilterra nel 2010. Questo bastone per non vedenti è in grado di percepire gli ostacoli da 2 fino a 4 metri di distanza e conferisce il segnale vibratorio tramite due bottoni posizionati nel manico, su cui l’utente può appoggiare il pollice.
Un altro esempio di Biomimicry è quello dell’utilizzo della pelle dello squalo. Essa, infatti, è costituita da dentelli cutanei, cioè strutture scanalate a forma di V disposte secondo un allineamento preferenziale che permette a questi animali di nuotare con dinamicità. Grazie a questi dentelli cutanei, spessi circa da 0,1 a 1 mm, la pelle dello squalo oltre ad essere dura e resistente è anche molto ruvida, tanto che in alcuni Paesi viene utilizzata come carta abrasiva.
Quello che però interessa maggiormente l’ambito biomedicale sono le sue notevoli proprietà antibatteriche. Le strutture scanalate, infatti, inibiscono la capacità dei batteri di colonizzare le superfici e formare il biofilm. Il primo a studiare queste proprietà fu il Professor Anthony Brennan che, assieme al suo gruppo di ricercatori dell’Università della Florida, sviluppò un pattern chiamato Sharklet, proprio per la presenza di scanalature ispirate a quelle presenti sulla pelle degli squali. Da questa scoperta nacque nel 2007 la Sharklet Technologies Inc. che brevettò questa nuova tecnologia per lo sviluppo di dispositivi biomedicali in grado di respingere la colonizzazione batterica. Queste microstrutture hanno infatti proprietà fortemente antibatteriche e possono perciò essere utilizzate per realizzare dispositivi ad alto rischio infettivo, tra cui i cateteri urinari che causano infezioni del tratto urinario a circa il 25% dei pazienti, come dimostra lo studio pubblicato dalla rivista Journal of Endurology.
La biomimicry è senza dubbio un ottimo modo per superare problematiche legate alla realizzazione di nuovi dispositivi. Anche osservare semplicemente le ali delle farfalle può essere di ispirazione. Le ali delle farfalle, infatti, sono formate da una doppia membrana sostenuta da strutture tubulari dette nervature. Sia la parte interna che esterna delle ali è rivestita da piccole scaglie intrecciate tra loro come le tegole di un tetto. Questa struttura è stata approfonditamente studiata in quanto da essa dipende il colore dell’ala della farfalla e potrebbe quindi essere utile per riprodurre materiali con le stesse proprietà ottiche. Il colore delle ali delle farfalle può essere infatti ricondotto a due fenomeni, uno chimico (presenza di pigmenti colorati sulle squame) ed uno fisico (fenomeni ottici).
I colori chimici sono i più comuni, ma alcune specie di farfalle risultano particolarmente interessanti per essere in grado di creare il colore “strutturalmente” tramite fenomeni di interferenza, diffrazione e diffusione delle onde luminose. Questi colori, detti appunto colori strutturali, sono estremamente vivaci e cangianti e variano di intensità a seconda dell’angolo di incidenza con cui si osserva l’ala. La morfologia delle ali di farfalla ha notevolmente ispirato i ricercatori in ambito biomedico. La loro struttura ha dato l’input per la realizzazione di strumenti chirurgici in grado di colorarsi strutturalmente per essere più visibili durante gli interventi. Lo studio delle ali della famiglia di farfalle Morpho ha invece stimolato una nuova generazione di tecnologie di sensori. La loro nanostruttura è infatti in grado di dare una risposta ottica alle variazioni di energia termica.
Articolo a cura di Eleonora Folli.