Biorobotica: microrobot magnetici stampati in 3D
I ricercatori dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Sant’Anna di Pisa hanno sviluppato un nuovo metodo per fabbricare microrobot. Il lead author dello studio, pubblicato su Advanced Functional Materials, è Hasan Dad Ansari Mohammad studente di PhD. È infatti lui ad affermare come hanno risolto un problema molto importante, che può aprire la strada a nuove applicazioni, soprattutto in ambito medico. In effetti, con questa soluzione, gli scienziati potranno usare un unico metodo di fabbricazione semplificato per quasi tutti i futuri microrobot magnetici morbidi.
Il problema della stampa 3D per i microrobot magnetici
Il Paper quindi, nell’introduzione, inzia con la tematica che ha spinto i ricercatori del Sant’Anna a trovare una soluzione. In sostanza, oggigiorno si assite sempre di più ad un proliferare di utilizzi dei materiali morbidi, con grande impatto in numerosi campi. Dall’elettronica flessibile fino alla robotica medica, passando per i robot morbidi, questi materiali sono più che adatti per i nuovi attuatori.
Essi sono facilmente adattabili all’ambiente e facili da deformare, cosa che li rende appetibili nell’interazione con i tessuti organici. Il vantaggio che hanno è la capacità di attivarsi ed eseguire compiti in rispota a precisi stimoli. Calore, luce, agenti chimici, pressione o campi magnetici ad esempio; di questi gli ultimi risultano particolarmente promettenti grazie alla loro natura “wireless”. Ma non solo, anche per quanto riguarda l’interazione sicura con i tessuti e la loro potenziale miniaturizzazione.
La combinazione tra attivazione magnetica e materiali morbidi offre quindi vantaggi rimarchevoli per la nuova generezione di dispositivi in moltissimi campi. Uno dei principali problemi però, sorge laddove a questi strumenti si voglia dare un profilo magnetico non uniforme, ma al contrario, anisotropo. Infatti materiali di questo tipo ottengo un profilo di magnetizzazione uniforme lungo una singola direzione preferenziale. O comunque dipendente dal campo magnetico esterno applicato.
La soluzione proposta dall’Istituto di BioRobotica
Per ovviare a tutto ciò, Al Sant’Anna hanno messo a punto un tipo di stampante 3D in grado di produrre tali tipi di microrobot magnetici. In modo tale che, usando compositi elastomerici magnetici, si raggiunga il voluto profilo magnetico.
A questo scopo, gli scienziati dell’istituto di BioRobotica hanno messo a punto un set-up composto da tre unità strutturali principali. Una stampante 3D basata sull’estrusione, una fonte di luce UV per la polimerizzazione, e un sistema di bobine elettromagnetiche dedicato per l’orientamento delle particelle. E come anticipato, Il nuovo approccio supera anche la necessità di disporre di personalizzazioni uniche per specifici profili di magnetizzazione.
Infatti la magnetizzazione desiderata si ottiene orientando le particelle già magnetizzate nelle direzioni volute. Questo approccio richiede correnti molto inferiori a livello elettromagnetico rispetto a quelle necessarie per magnetizzare le particelle da zero. In questo modo, la magnetizzazione risultante è nella direzione del momento magnetico delle particelle.
Il processo di stampa avviene utilizzando particelle di Neodimio Ferro Boro (NdFeB) grandi 5 micrometri, come agenti droganti magnetici. Questo perchè hanno una elevata rimanenza a temperatura ambiente che aiuta a conferire una maggiore forza di magnetizzazione residua ai materiali stampati. Ma non solo, favorisce anche il processo di orientamento. Come elastomero dell’inchiostro invece, i ricercatori di BioRobotica hanno scelto una resina induribile ai raggi UV ad alta viscosità.
Com stampa l’intero apparato
Dopo la preparazione dell’inchiostro, si procede al processo di stampa vero e proprio tramite le tre unità prima citate. Quindi, da un ugello che ha tre bobine elettromagnetiche reciprocamente ortogonali fuorisce la miscela di resina, fotoiniziatore e microparticelle magnetiche. Le tre bobine sono posizionate simmetricamente intorno all’ugello in modo che esso sia allo stesso angolo di 54,74° da ogni bobina.
A mano a mano che l’inchiostro fuoriesce, le bobine orientano le particelle magnetizzate nella direzione desiderata del punto di estrusione. In particolare, gli scienziati, precalcolando le correnti delle bobine, regolano il campo magnetico in direzione e intensità. In tal modo le particelle magnetiche incorporate nel materiale in fuoriuscita si allineano lungo il campo magnetico stesso.
Dopo l’estrusione, un trattamento con raggi UV polimerizza il materiale bloccando così la forma della struttura e l’orientamento delle particelle magnetiche al suo interno. Grazie alla scelta delle bobine elettromagnetiche quindi, i ricercatori di Biorobotica hanno prodotto campi variabili in intesistà e nel tempo. Raggiungendo lo scopo che si erano prefissati.