I biosensori di glucosio occupano una porzione vastissima del settore medicinale in ricerca, sviluppo e commercio, ciò è dovuto all’alto tasso di pazienti diabetici nel mondo. Infatti, il diabete è tra le patologie croniche più comuni. A questo si associa l’aspetto legato alla necessità di un monitoraggio continuo dei valori di glucosio, per aiutare i pazienti nella gestione della malattia. Già in un articolo datato 2010, pubblicato sulla National Library of Medicine, si sottolinea l’importanza dell’auto-monitoraggio della glicemia per:
“Aiutare il paziente a raggiungere e mantenere concentrazioni normali di glucosio nel sangue per ritardare o addirittura prevenire la progressione delle complicanze microvascolari (retinopatia, nefropatia e neuropatia) e macrovascolari (ictus e malattia coronarica)”.
Un ulteriore step scientifico è arrivato con i sensori indossabili, studiati anche per la rilevazione del glucosio. In questo articolo si concentrerà l’attenzione proprio su questa tipologia di sensori: i biosensori di glucosio indossabili e non invasivi.
Cosa si troverà in questo articolo:
Con biosensore si intende un dispositivo analitico che incorpora un elemento sensibile di origine biologica, integrato o accoppiato a un trasduttore fisico-chimico. Perciò per definizione a differenza del “sensore” il biosensore è funzionalizzato sulla sua superficie con molecole specifiche per la rilevazione di una data molecola. Ad esempio, un biosensore di glucosio è spesso funzionalizzato con la glucosio ossidasi, un enzima che catalizza le reazioni che coinvolgono il glucosio, necessaria per ricavare il valore.
Un biosensore di glucosio fa parte dei biosensori enzimatici e amperometrici, che sfruttano cioè le reazioni enzimatiche altamente specifiche per realizzare il sensing.
In linea generale un sensore di questo tipo è formato da 3 elettrodi:
In generale, in questo articolo ci riferiremo in modo più specifico all’elettrodo di misura e potrebbe capitare di utilizzare il termine “biosensore” in senso generale, ma anche: “sensore” e “dispositivo di misura”.
Prima di proseguire definiamo le altre due caratteristiche di questi biosensori di glucosio i quali sono non invasivi e indossabili.
Il glucosio è una piccola molecola senza carica netta quindi inerte elettrochimicamente. È la fonte principale di energia del nostro organismo. Infatti, questa molecola viene usata da tutti gli organi del nostro corpo. La sua formula bruta è C6H12O6.
Numerosi enzimi possono catalizzare le reazioni col glucosio e interagire con esso. Come detto, un esempio di enzima è la glucosio ossidasi. Quest’ultimo andrà ad ossidare il glucosio, in presenza di ossigeno, ottenendo come prodotto il perossido di idrogeno, che interverrà nella reazione con l’elettrodo.
Al giorno d’oggi si ha la possibilità grazie a biosensori di dimensioni millimetriche e talvolta microscopiche di misurare il valore del glucosio nel sangue, ad esempio, tramite un ago flessibile sensorizzato e collocato all’interno di una capsula e posizionato su una parte del corpo comoda, come il braccio ad esempio. Questi sensori possono essere usati anche in associazione con un microinfusore, per i pazienti insulino-dipendenti. Questa soluzione si aggiunge alla tradizionale misura tramite glucometro che, però, non garantisce continuità della misura.
In entrambe le soluzioni descritte si richiede un campione di sangue. Nel primo caso l’ago rimane in posizione per un numero variabile di giorni, tipicamente 10-14, nell’altro caso si preleva sul momento della misura. Per superare questo aspetto legato all’invasività si lavora sulla rilevazione di glucosio in altri fluidi biologici corporei usati come campione, ad esempio:
Un altro aspetto interessante quanto fondamentale è sicuramente la scelta dei materiali per l’elettrodo di misura. I materiali utilizzati nei sensori proposti di seguito sono principalmente nanomateriali metallici. Un nanomateriale è definito dall’agenzia europea delle sostanze chimiche come una sostanza chimica o materiale composto da particelle con almeno una delle dimensioni compresa tra 1 e 100 nanometri. Si precisa anche che “a causa di una maggiore superficie specifica per volume, i nanomateriali possono avere caratteristiche diverse rispetto allo stesso materiale privo delle caratteristiche di nanoscala”. I materiali metallici sono ottimi in termini di conducibilità, spesso la scelta ricade sui materiali nobili poiché questi esibiscono un’alta specificità nell’area superficiale, nonché quella sensibile per la rilevazione.
Sono nanomateriali:
Si usano materiali nobili come oro, argento e platino stampati in materiali polimerici. Comparati coi materiali non nobili, i nobili presentano più siti attivi e quindi migliore conducibilità e capacità catalitica. Il contro è legato ai costi dei materiali, che però son più contenuti se si sfruttano le nanotecnologie.
A partire dall’articolo scientifico di Zhang et al. su Materials Today Bio, pubblicato lo scorso aprile 2023, verranno presentati alcuni biosensori di glucosio non invasivi, indossabili e creati con nanomateriali su cui si concentrano gli sforzi della ricerca del settore. Si cercherà di riportare:
Il primo biosensore realizzato da Wang et al. che viene riportato è basato su un nanomateriale nobile monometallico in 0D. Si usano in particolare nanoparticelle d’oro applicate in un sensore epidermico per rilevare i livelli di glucosio nel sudore. Il punto in cui è stato applicato il sensore per la prova è il collo. Il limit of detection LOD, la più piccola concentrazione rilevabile in un campione dal sensore, così come il range di detection sono stati rilevati come molto bassi. Quindi più è basso più il sensore riesce a rilevare quantità di glucosio ridotte.
Le nanoparticelle d’oro sono state assorbite in un substrato di polietilentereftalato (PET) per creare una sorta di cerotto “patch” che di fatto costituisce l’elettrodo di misura. Il cerotto è realizzato nella modalità a tre elettrodi come spiegato precedentemente e l’elettrodo di misura è stato realizzato con uno strato color blu di Prussia (il “blu degli ingegneri”) e un altro in giallo in figura caratterizzato dalle particelle d’oro.
Un biosensore molto simile basato su idrogel oro viene sviluppato da Li et al. La trasmissione del segnale avviene grazie al Bluetooth e permette un monitoraggio; dunque, una rilevazione real time e continua del glucosio tramite la pelle umana. La riproducibilità e il costo più contenuto sono possibili anche grazie all’utilizzo di sistemi microelettromeccanici (MEM), sui quali bisognerebbe dedicare uno spazio a parte.
Come accennato durante l’articolo, parte della ricerca è stata rivolta anche al fluido biologico in cui si vuole rilevare il glucosio. Il biosensore di Zhang et al. permette la detection del glucosio nelle urine. Il sensore è applicato nel pannolino, soluzione sicuramente adatta a bambini e disabili. Si tratta di un sensore in nanotubi di carbonio con le nanoparticelle d’oro.
Una batteria flessibile è stata inserita nel pannolino e quando l’urina viene prodotta il glucosio al suo interno si usa per far lampeggiare un diodo. Nell’intervallo di concentrazione del glucosio 1-5 mM, la frequenza di lampeggiamento del LED era proporzionale alla concentrazione di glucosio (r = 0,994). Allo stesso tempo, il sensore ha mostrato un’importante capacità anti-interferenza e un rapido tempo di risposta. Le criticità sono legate ovviamente al fatto che non si tratta di una misura continua e quindi non è una soluzione adatta al monitoraggio.
Un altro biosensore di glucosio che usa come fluido biologico il sudore viene proposto da Cheng et al. Il biosensore è realizzato in nanoparticelle di platino con nanotubi di carbonio incorporati in una membrana selettiva e permeabile. Queste caratteristiche lo rendono adatto ad essere incorporato in un orologio, smartwatch. Il sensing si pone come obiettivo in questo caso il monitoraggio personale della salute, ad esempio durante gli allenamenti sportivi. In generale, non sembra che vengano utilizzati a scopo clinico.
Un altro materiale utilizzato è l’ossido di zinco, ZnO. Si tratta di uno degli ossidi metallici più utilizzati nei sensori di glucosio non enzimatici. Han et al. hanno sviluppato un sensore “pelle” indossabile elettronico, flessibile e non invasivo auto-alimentato. È basato su una matrice di unità piezo-biosensibili, nanoarray, enzima/ZnO per analizzare i componenti del sudore, tra cui glucosio, acido urico, lattato e urea. La “pelle elettronica” può monitorare continuamente e in tempo reale lo stato fisiologico di un corridore analizzando il sudore sulla pelle umana. Questo sensore ha applicato l’impulso piezoelettrico delle unità piezo-biosensoriali come alimentazione elettrica e per il sensing di dati. Si spiega inoltre dall’articolo:
“Gli enzimi sono stati modificati sulla superficie con dei nanofili di ZnO. A causa dell’effetto di accoppiamento piezoelettrico-enzimatico-reazione data dall’effetto di accoppiamento dell’enzima e dei nanofili di ZnO, il sensore è in grado di emettere attivamente il segnale piezoelettrico (guidato dal movimento del corpo), che dipendeva dalla concentrazione di analisi nel sudore”.
Si può sfruttare anche l’ossido di grafene combinato con l’ossido di Zinco. Xue et al. hanno costruito una “pelle” elettronica auto-alimentata basata sul processo di reazione piezoelettrica- enzimatica accoppiata di array di nanofili di “GOx@ZnO” (ossido di grafene unita all’ossido di zinco) per rilevare i livelli di glucosio nei fluidi corporei. In questo lavoro, il sensore non necessita di alimentazione esterna e può funzionare a lungo, raccogliendo l’energia meccanica del movimento umano. È interessante questo aspetto di confronto con una tecnologia a lungo utilizzata ovvero i biosensori FET:
“In passato, i biosensori a transistor a effetto di campo (FET) sono sempre stati applicati utilizzando ingombranti elettrodi di Ag/AgCl e griglie di fili metallici, il che impediva ai precedenti biosensori FET di essere veramente indossabili. I materiali applicati in questo lavoro hanno permesso di ottenere un biosensore con un’eccellente vestibilità”.
Questo è sicuramente un settore che negli anni ha permesso di raggiungere grandi risultati, soprattutto se si pensa al migliore comfort del paziente diabetico, che riesce a monitorare la patologia senza dover ricorrere al classico glucometro con pungi dito e strisce. Sono state riportate anche delle diverse soluzioni per quanto riguarda il fluido corporeo scelto per la rilevazione, tra i più promettenti per il futuro ci sono il sudore e la saliva, sia per i risultati ottenuti che per la praticità di utilizzo del sensore costruito. Sicuramente quanto scritto fa ben capire come la ricerca non si arresti mai, esplora materiali, tecniche di rilevazione e mantiene saldo l’obiettivo: puntare sui sensori per il monitoraggio non invasivi e con costi contenuti.
A cura di Chiara Massa