Biosensori per rivelare il virus SARS-CoV2 con transistor FET
Il SARS-CoV2 ci ha mostrato la potenzialità distruttiva di un virus. La malattia COVID19 porta a diversi sintomi respiratori che si manifestano in maniera più o meno grave a seconda del soggetto. Nei pazienti più gravi può arrivare a complicanze respiratorie acute associate a problemi diffusi a reni, cervello cuore o al metabolismo. Dall’inizio della pandemia è risultato necessario rivelare il prima possibile la presenza del virus così da poter contenere i contagi. Le diverse ondate rendono evidente la rapidità con cui il virus muta e la sua capacità di adattarsi a diversi ambienti. Risulta quindi indispensabile rivelarne costantemente sia la presenza sia le varie mutazioni.
Screening per SARS-CoV2
Attualmente i test diagnostici affermati sono il test molecolare, il test rapido e il test sierologico. Il più affidabile è il test molecolare che evidenzia la presenza di materiale genetico virale. Si parte dal campione naso/oro-faringeo e si analizzano i campioni attraverso metodi molecolari di real-time RT-PCR (Reverse Transcription – Polymerase Chain Reaction). L’analisi richiede laboratori altamente specializzati e richiede in media dalle 2 alle 6 ore di processo.
Il tampone antigenico rapido è basato sulla ricerca di proteine virali (antigeni). Fornisce una risposta in tempi molto brevi ma la sensibilità è inferiore a quella del test molecolare e questo può indurre a risultati falso-positivi. Il test sierologico invece evidenza la presenza di anticorpi contro il virus. I test sierologici sono eseguiti su prelievo venoso e sangue capillare.
Emergono però nuove tecnologie che potrebbero fornire grandi vantaggi nella rivelazione dei coronavirus. Tra le tecnologie più promettenti troviamo i biosensori realizzati su transistor a effetto di campo. In uno studio pubblicato su ACS Nano è stato presentato un grafene-FET utilizzato per rivelare campioni clinici di SARS-CoV2 attraverso la proteina spike, con risultati promettenti. Questo metodo diagnostico inoltre non richiede la preparazione del campione ma rivela direttamente gli antigeni virali portando ad una diagnosi più accurata.
Transistor ad effetto di campo
Per capire come rivelare la presenza di SARS-CoV2 è necessario introdurre il funzionamento del FET. Il transistor ad effetto di campo è un dispositivo elettronico che utilizza un campo magnetico per controllare il flusso di cariche in un semiconduttore. Il dispositivo ha tre terminali: gate, source e drain. La corrente che può scorrere tra source e drain può essere controllata dalla tensione applicata sul gate. Il potenziale di gate va ad alterare la conducibilità tra drain e source.
Il potenziale di gate controlla il flusso di elettroni (o in alternativa di lacune) tra source e drain modificando la larghezza di un canale di conduzione creato dal voltaggio stesso. Generalmente si utilizzano FET a canale n che lavorano in “delpletion mode”. La regione di svuotamento che si forma in una giunzione può essere regolata dalla tensione applicata. Un potenziale negativo allarga il depletion layer e fa chiudere il canale. Questo fa crescere molto la resistenza e il FET si comporta come un interruttore spento. Al contrario, applicando una tensione positiva questa allarga il canale e può passare corrente.
In altre tipologie invece è richiesto anche un potenziale positivo per attrarre gli elettroni liberi formando il canale di conduzione. Questo prende il nome di tensione soglia.
Biosensori FET
I transistor FET possono essere impiegati nella realizzazione di biosensori. Questi dispositivi sfruttano il cambiamento nel potenziale di superfice indotto dal legame con le biomolecole. Quando delle molecole cariche si legano al gate cambiano la distribuzione di carica nel semiconduttore e questo si traduce in una variazione di conducibilità del transistor. Tipicamente questi Bio-FET comprendono la classica struttura del FET con source drain e gate a cui si aggiunge l’elemento biologico sensibile, spesso un film con dei siti di legame per l’analita.
Una variante sul tema coinvolge il grafene. Questo materiale si mostra come una buona miglioria per i FET in quanto presenta proprietà elettriche, meccaniche e termiche superiori al silicio. Il funzionamento base è lo stesso del FET classico in cui sono presenti source, drain e gate tuttavia si aggiunge un sottile canale di grafene spesso alcune decine di micron tra gli elettrodi di source e drain.
Il grafene è un materiale a due dimensioni costituito da uno strato di atomi di carbonio legati un reticolo esagonale. La particolare struttura atomica e la distruzione elettronica conferiscono elevate proprietà elettriche e un’alta conducibilità termica. Inoltre, presenta buone proprietà ottiche ed eccellenti proprietà chimiche. Tipicamente si comporta da materiale inerte ma sotto alcune condizioni particolari può assorbire differenti molecole e legarsi facilmente. Questo permette di funzionalizzare il GFET con sistemi biologicamente sensibili come enzimi, DNA, RNA o antigeni.
Uno degli svantaggi di questi nano sensori è legato al fatto che presentano un’area sensibile molto piccola che può portare a problemi con il rumore, tuttavia il grafene fornisce un ottimo ambiente sensoriale molto sensibile e con una bassa presenza di rumore.
Rivelazione di SARS-CoV2
Un betacoronavirus ha un genoma di RNA a singolo filamento positivo. Codifica quattro proteine strutturali: spike, envelope, matrix e nucleocapsid. La famiglia di coronavirus che attaccano l’uomo ci è già nota dalle precedenti epidemie causare dalla SARS (2003) e MERS (2012). La patogenesi di SARS-CoV2 risulta molto simile a quella di SARS-CoV. Studi recenti hanno riportato che il virus tramite la proteina spike si lega con elevata affinità all’enzima convertitore dell’angiotensina (ACE2) e lo sfrutta come recettore di ingresso cellulare.
Viene sfruttato l’anticorpo per la proteina spike per consentirne il rilevamento mediante un GFET misurando la variazione di corrente. Il dispositivo presenta numerosi vantaggi, tra cui la capacità di effettuare misure altamente sensibili e in tempo reale.
La proteina spike si presenta ottima per la diagnosi ad antigene in quanto è una proteina transmembrana del virus che risulta essere altamente immunogenica. Inoltre, alcune differenze tra i diversi coronavirus e quest’ultimo permettono di avere un sensore univoco per SARS-Cov2 che non viene influenzato da MERS.
L’anticorpo spike viene immobilizzato sul dispositivo prefabbricato sfruttando l’estere N-idrossisuccinimide dell’acido PBASE. Quest’ultimo è un agente di accoppiamento molto efficacie che viene utilizzato per legare il FET e il materiale sensibile.
Questo COVID19-FET permette di rivelare facilmente la presenza della proteina spike di SARS-CoV2 con un LOD (limit of detection) di 1 fg/mL (femtogrammo, 10-15g). Questo conferma le potenziali applicazioni cliniche nella rivelazione con il tampone nasofaringeno e nelle culture, oltre che nei campioni clinici.
Attivazione del substrato sensibile
Il sensore è molto piccolo, con un’area di 100×100 μm2. Viene misurata la corrente e rappresenta la curva corrente-tensione. Dopo avere funzionalizzato con il PBASE la pendenza della curva diminuisce e questo indica che è stato introdotto correttamente l’anticorpo per la proteina spike.
Si prepara il FET ricoprendolo con una soluzione acquosa. Si utilizza una soluzione tampone salino con fosfato (PBS, pH 7.4) per mantenere un efficiente effetto di gating. Questo permette al FET di rivelare SARS-CoV2 dai cambiamenti del potenziale di superficie che si riflette in un effetto sulla risposta elettrica.
Analizzando la curva di trasferimento si vede come dopo la funzionalizzazione si osserva uno shift positivo dovuto all’effetto di drogaggio di tipo p indotto dal gruppo pirenico. Si vede poi uno shift negativo legato all’immobilizzazione dell’anticorpo.
Caratteristica del SARS-CoV2 FET
La linearità corrente-tensione mostrata dalle curve è indice di un contatto ohmico stabile. Questo indica come il sensore fornisce un segnale elettrico affidabile per la rivelazione dell’analita. Nella pratica clinica campioni vengono prelevati utilizzato il tampone nasofaringeno e conservati in un terreno di trasporto universale (UTM). Nonostante siano presenti alcuni reagenti che possono interferire con la sensibilità del FET sono stati rivelati i campioni correttamene a partire da una concentrazione di 100 fg/mL. Questo indica come il COVID-19 FET possa essere utilizzato con i campioni clinici senza alcuno processo di preparazione.
Inoltre, il sensore è stato testato anche su una cultura di SARS-CoV2 dove ha mostrato una sensibilità in tempo reale a partire da concentrazioni molto basse. Questo mostra che il sensore potrebbe essere potenzialmente usato per la diagnosi di COVID19.
Tecnologia promettente
L’alta sensibilità e la risposta veloce del sensore lo rendono largamente utilizzabile per la diagnosi e il rivelamento del virus. Inoltre, non essendoci cross-reattività con gli antigeni MERS-CoV si riesce ad avere una sensibilità ancora più alta per il virus SARS-CoV2. L’applicazione di questo biosensore permette di avere una rivelazione rapida, semplice ed altamente sensibile del virus nei campioni clinici.
Inoltre, le potenzialità di questa tecnologia sono illimitate, cambiando il materiale sensibile si può adattare la sensibilità per altri agenti virali emergenti. I biosensori basati su transistor FET stanno diventano sempre più potenzialmente utili nella diagnosi clinica e nei test on-site.
È inoltre interessante notare come il grafene ha dato un grande contributo durante la pandemia. Oltre i biosensori GFET è stato applicato per le sue proprietà antimicrobiotiche di ossidazione contro batteri e funghi oppure per produrre un rivestimento (GrapheneCA) contro le superfici potenzialmente infette. Un altro utilizzo caratteristico è stato la produzione di mascherine chirurgiche facilmente sterilizzabili.