Bologna: impiantato il primo pacemaker senza fili e sottopelle
È un congegno minuscolo, che non provoca infezioni e che può essere impiantato nel ventricolo sinistro del cuore, il più delicato, ridando così speranza ai casi veramente più gravi che le hanno già provate tutte.
Ad impiantare questo microscopico pacemaker senza fili di ultima generazione, primo in Italia, è stato il cardiologo del Sant’Orsola Mauro Biffi. Con la sua equipe di cardiologia interventistica che opera insiema alla cardiochirurgia al nuovo Polo cardio-toraco-vascolare del policlinico, ha al suo attivo già due interventi.
IL DISPOSITIVO
«I pacemaker senza cateteri si usano da due anni e mezzo — spiega Biffi —, ma mentre nella prima serie l’apparecchio miniaturizzato veniva impiantato nel ventricolo destro, in questa seconda versione viene fissato esternamente al cuore, sottocute, mentre all’interno del cuore, nel ventricolo sinistro, viene infissa un’unità di 12 millimetri che riceve gli ultrasuoni dal pacemaker, trasformando l’energia meccanica in energia elettrica per stimolare il battito cardiaco. In questo caso il dispositivo viene ricoperto da cellule normali e il paziente non corre il pericolo di ictus».
È un sistema molto rivoluzionario perché la sorgente di energia è esterna al cuore e perché elimina il rischio di possibili infezioni dovute ai cateteri stessi, che sono la complicanza più pesante per questo tipo di interventi. «È importante anche perché si opera nel ventricolo sinistro, che è la situazione dei pazienti più gravi, che hanno bisogno di un trapianto, e perché è indipendente dall’accesso — precisa Biffi —. Siamo partiti da casi difficilissimi senza accessi venosi per arrivare al cuore. Siamo poco più in là del pionierismo ma in futuro questo sistema potrebbe avere dei risultati molto importanti». Il policlinico di Bologna è il primo ad aver impiantato questo particolare pacemaker, seguito dal San Raffele di Milano.
I CASI
I pazienti operati al Sant’Orsola sono stati due. Il primo, come racconta Biffi, è un uomo di 53 anni con una malattia vascolare già nota che coinvolgeva il cuore e con alle spalle due pacemaker impiantati in centri diversi. Il secondo ha 74 anni, una lunga storia di malattia con ostruzioni alle vene principali del torace. Entrambi i casi sono stati risolti. «In questa fase il posizionamento dell’unità esterna è stata fatta in coppia con i cardiochirurghi — racconta ancora Biffi —, ma in futuro, viste le misure ridottissime del sistema, potremo operare solo noi cardiologi interventisti, rendendo quindi l’operazione molto più semplice. Potrà essere usata anche con pazienti pediatrici e molto giovani che hanno bisogno di diversi pacemaker».