Innovazione

Brain Spine Interface: ulteriori passi avanti verso il recupero dalle lesioni spinali

Lo scorso maggio, una notizia cattura l’attenzione collettiva: un uomo, paralizzato a causa di una lesione spinale, ritorna a camminare dopo undici anni grazie ad una nuova tecnologia sviluppata dall’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Losanna (EPFL). L’Italia, ora, si unisce alla Svizzera per contribuire all’avanzamento del progetto e realizzare un obiettivo ambizioso: restituire il controllo degli arti superiori ai pazienti che lo hanno perso a seguito di una lesione spinale, attraverso l’utilizzo di ponti digitali. Brain Spine Interface (BSI) è il nome con cui è stato battezzato il progetto di ricerca, realizzato da Università di Losanna e Centre Hospitalier Universitaire, ed in cui ha investito la Fondazione CTR in collaborazione con la Fondazione Ospedale Alba-Bra.

Il progetto Brain Spine Interface

Alla fine di febbraio, il progetto è stato presentato per la prima volta all’ospedale verdunese Michele e Pietro Ferrero, dove Jocelyne Bloch e Grégoire Courtine, due neuroscienziati dell’Università di Losanna già distintisi per i loro contributi all’approccio terapeutico basato su BSI, sono entrati in contatto con la comunità scientifica italiana e con la realtà del Politecnico di Torino. Di seguito, andremo ad approfondire meglio il progetto mettendo in evidenza gli elementi di novità introdotti rispetto al passato e gli avanzamenti a cui sta puntando.

Movimento volontario

Il movimento volontario è un evento che si realizza a partire dal sistema nervoso, coinvolgendone diversi elementi, per compiersi, alla fine, attraverso i muscoli. La regione dell’encefalo coinvolta nella pianificazione, nel controllo e nell’esecuzione del movimento volontario è la corteccia motoria. Schematizzando il meccanismo dell’atto motorio nei suoi punti principali (fig.1), diremo che a livello della corteccia motoria avviene l’elaborazione delle informazioni legate alla volontà e alla pianificazione mentale del movimento; successivamente, le informazioni motorie elaborate, raggiungono i muscoli effettori grazie alle vie nervose discendenti.

A sinistra: schema delle fasi del movimento volontario. A destra: rappresentazione delle componenti nervose e muscolari coinvolte nel movimento volontario, in particolare nel caso di un movimento legato ad una via spinale.

Generalmente, le vie nervose discendenti si dividono in due sistemi. Il primo è il sistema piramidale, che parte direttamente dalla corteccia e, attraverso nervi cranici e spinali, raggiunge i muscoli situati nei diversi punti del corpo. Tutte le vie motorie che non fanno parte del sistema piramidale, si fanno invece rientrare nel sistema extrapiramidale1, che, per quanto riguarda il movimento volontario, integra l’attività del sistema piramidale andando a determinare accompagnamento tonico e attività sincinetica. In particolare, nella componente del sistema piramidale che consente il movimento degli arti (via cortico-spinale), i motoneuroni, lasciano il midollo spinale e decorrono lungo i rispettivi nervi, fino ad arrivare ai muscoli da innervare.

Compromissioni del movimento volontario legate a lesioni spinali

Il midollo spinale riveste, quindi, un ruolo centrale nel trasmettere i segnali relativi al movimento volontario. Una lesione del midollo spinale, infatti, può costituire un’interruzione delle vie nervose, sia discendenti che ascendenti, andando quindi a compromettere nel paziente le normali funzioni motorie, ma anche quelle sensoriali e autonomiche3. Il tipo di compromissione, e quindi le conseguenti limitazioni, è relativo al tratto di midollo spinale in cui si è verificata la lesione.

Appunti OSS, rappresentazione del livello di compromissione motoria del paziente, in relazione alla posizione della lesione del midollo spinale ungo la colonna vertebrale. In particolare, una lesione completa in area cervicale C1-C4 comporta la tetraplegia con paralisi totale anche degli arti superiori.

Poiché risultano danneggiate, totalmente o parzialmente, le vie nervose, la lesione in una certa area midollare interferisce sul funzionamento di muscoli e nervi posti al di sotto della lesione stessa. Infatti, più alta (prossimale rispetto alla testa) è la posizione della lesione lungo la colonna vertebrale, maggiori sono le compromissioni a cui il paziente va incontro, fino alla tetraplegia, che si verifica quando la lesione è a livello cervicale.

In questo caso, dal punto di vista del movimento, oltre alla perdita del controllo degli arti inferiori, si ha la paralisi totale o parziale degli arti superiori. A seconda dell’altezza della lesione e del fatto che possa essere completa o incompleta, variano la funzionalità residua degli apparati motori del paziente e il margine di recupero.

Ponti neurali per il trattamento delle lesioni spinali: da dove parte il progetto Brain Spine Interfacee dove vuole arrivare

Secondo quanto riportano i dati Inail, in Italia restano in condizione di paraplegia o tetraplegia tra le 1.500 e le 2.000 persone ogni anno in seguito ad una lesione spinale. Quando si rientra nel caso di tetraplegia, significa, per il paziente, non avere la possibilità di occuparsi autonomamente di molte delle proprie esigenze personali, come nutrirsi.

E’ proprio in questo ambito che si inserisce questa nuova fase del progetto di ricerca, che mira a ripristinare un controllo volontario degli arti superiori nei pazienti che hanno subito questo tipo di lesioni. Il tutto è possibile grazie ad un ponte digitale, costituito da dispositivi in grado di raccogliere i segnali corticali, elaborarli e tradurli in impulsi elettrici, bypassando la lesione spinale.

Lo scorso maggio, il progetto ha prodotto uno straordinario risultato, derivato dall’applicazione di questa tecnologia al caso clinico di un paziente tetraplegico che ha potuto ripristinare il controllo degli arti inferiori, a seguito di una lesione spinale parziale dovuta ad un incidente, che lo aveva paralizzato undici anni prima. (Per approfondire il funzionamento del dispositivo e il caso clinico: Un uomo paralizzato ritorna a camminare grazie ad un “ponte digitale”). In questa nuova fase del progetto, si punta a ripetere risultati simili, per consentire, in questo caso, il recupero del movimento degli arti superiori, assente o compromesso in pazienti con lesioni spinali cervicali.

Nature, a sinistra viene illustrato come è stata applicata la tecnologia del progetto BSI ad un caso clinico di paziente tetraplegico, al fine di ripristinare la funzionalità degli arti inferiori. A destra viene illustrata, invece, l’applicazione della medesima tecnologia con lo scopo di ripristino del movimento delle braccia; in particolare, viene messo in evidenza come la stimolazione avvenga in punti diversi.

In questo caso, l’obiettivo è che la stimolazione arrivi alle fibre nervose efferenti responsabili del movimento degli arti superiori, posizionando quindi opportunamente i dispositivi (fig.3), che, nel primo caso, erano posizionati in modo da indirizzare la stimolazione elettrica in zona lombosacrale.

Prospettive

La nuova fase italo-svizzera di questo progetto di ricerca ha obiettivi ambiziosi, forte, tuttavia, dell’importante traguardo raggiunto quest’estate. L’importanza di questo lavoro non solo ha anche fare con la riuscita dell’intento, che potrebbe cambiare la qualità della vita di numerosi pazienti, ma ha conseguenze positive su tutta la ricerca inerente all’ambito delle lesioni spinali.

Infatti, “ciò che rende questa ricerca così straordinaria è il suo impatto potenziale sulla comprensione stessa dei meccanismi alla base di coordinazione mente e arti. Attraverso l’indagine, i ricercatori di Losanna stanno aprendo porte che una volta sembravano chiuse”, come ha dichiarato Bruno Ceretto, presidente della Fondazione Ospedale Alba-Bra; e quello che ci si augura è di trovare “le chiavi per sbloccare il futuro della conoscenza e della cura in questo campo”.

A cura di Francesca Frangipani

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