Cancro: il sequenziamento del genoma al servizio delle diagnosi precoci
A febbraio 2020 i ricercatori dell’European Bioinformatics Institute (EMBL-EBI) e il Francis Crick Institute hanno pubblicato su Nature l’analisi del sequenziamento genetico di 2600 tumori di 38 tipi differenti come parte di una collaborazione internazionale nota come Pan-Cancer Analysis of Whole Genomes (PCAWG). L’analisi temporale ha suggerito che le mutazioni genetiche precedono di molti anni la diagnosi della malattia, rendendo la comprensione di queste ultime uno strumento di fondamentale importanza per la possibilità di una diagnosi precoce. A qualche mese di distanza, i ricercatori dell’EMBL-EBI hanno pubblicato su Nature Medicine un modello statistico, sviluppato a partire dal genoma, che permette di individuare il grado di rischio di ammalarsi di cancro per pazienti con l’esofago di Barrett.
L’esofago di Barrett
L’esofago di Barrett è caratterizzato dal cambiamento del rivestimento dell’epitelio dell’esofago a causa di un adattamento delle cellule della parte inferiore dell’organo ad uno stimolo nocivo. Il tessuto così mutato è considerato il precursore dell’adenocarcinoma esofageo: ogni anno viene diagnosticato il cancro ad un paziente su 300. La diagnosi viene effettuata con l’ausilio della biopsia, attraverso l’analisi del grado di displasia delle cellule. Questo comporta un costante monitoraggio invasivo per il paziente.
La CNV per la predizione del cancro
La variazione del numero di copie (CNV) consiste nella variazione del numero di ripetizioni di una sezione del genoma da un individuo all’altro. Poiché queste alterazioni generalmente non sono presenti nei tessuti sani, i ricercatori si sono chiesti se non fosse possibile utilizzarle come campanello d’allarme: questa possibilità è stata investigata nell’ambito dei tumori all’esofago. L’adenocarcinoma esofageo e l’epitelio di Barrett, infatti, sono entrambi caratterizzati da instabilità genetica, il che ha portato a considerare la diversità del tessuto come un indice del rischio.
I ricercatori hanno sequenziato il genoma di 88 pazienti affetti da epitelio di Barrett, sfruttando le biopsie effettuate in 15 anni di monitoraggio. Il passo successivo è stato quello di confrontare i dati raccolti nel caso di progressione o non progressione della malattia: queste differenze sono state utilizzate per sviluppare un modello per l’identificazione dei livelli di rischio a partire dalle biopsie. La classificazione generata ha rivelato che il 50% dei pazienti che hanno sviluppato il tumore presentava un campione ad alto rischio già 8 anni prima della diagnosi, mentre due anni prima più del 70%.
Sviluppi futuri
Sarà necessario in futuro ampliare la conoscenza delle CNV nella patologia dell’esofago di Barrett, attraverso un maggior numero di dati a disposizione: questo permetterà di migliorare l’accuratezza del modello e quindi la sensibilità con cui vengono classificate le biopsie. Tra i vantaggi maggiori del modello c’è la possibilità di differenziare il trattamento in caso di diagnosi di Barrett: questo permetterebbe di concentrare l’attenzione sui pazienti ad alto rischio e di ridurre il monitoraggio invasivo previsto (si stima fino al 50%). La realizzazione del modello è stata possibile grazie alla combinazione di standard clinici e tecnologie genetiche a basso costo e ha dimostrato le potenzialità della genetica nel campo delle diagnosi precoci.
Articolo a cura di Noemi D’Abbondanza.