Candida Auris: una resistenza multifarmaco presente anche in Italia
La Candida Auris è un patogeno emergente che desta grandi preoccupazioni in tutto il mondo. È stato identificato per la prima volta in Italia solo nel luglio del 2019, nell’Ospedale San Martino di Mestre, dove nei mesi successivi sono stati registrati ulteriori casi di infezione. Cosa desta così tanto preoccupazione? La resistenza multifarmaco del patogeno stesso.
Ma che cos’è la Candida Auris?
La Candida Auris viene definito come un patogeno fungino responsabile dell’insorgenza di infezioni e soprattutto, viene riconosciuta come causa di numerosi focolai nosocomiali. La sua scoperta risale a circa 10 anni fa ed il termine “Auris” che vuol dire “orecchio”, lo si associa al fatto di essere stato isolato per la prima volta nel condotto uditivo di una donna di 70 anni in un ospedale in Giappone. Questo patogeno è responsabile dell’insorgenza di alcune candidosi, ma allora perché suscita così tanta preoccupazione?
A differenza delle altre forme di Candida, al giorno d’oggi molto frequenti e conosciute, la Candida Auris è associata a quadri clinici molto invasivi nelle persone con sistema immunitario compromesso o con malattie croniche, ma anche nei neonati e nelle persone anziane.
Come riconoscerla?
Il patogeno è responsabile di infezioni quali: infezioni del torrente ematico, infezioni del tratto respiratorio, infezioni intra-addominali o otiti, ma è anche in grado di infettare il sistema nervoso centrale. Riconoscerlo, nonostante tutto, non è sempre semplice. Alcune distretti corporei possono essere soggetti ad infezioni da Candida Auris, ma senza provocare l’insorgenza di segni e sintomi. In altri casi, invece, si manifesta con difficoltà nella deglutizione, febbre e dolori muscolari. Sintomi che inizialmente potrebbero far pensare ad una semplice influenza.
Quale strategia mette in atto Candida Auris per essere definito “patogeno killer”?
Se ci soffermassimo solo sui sintomi associati a questo patogeno, andremmo a sottovalutare un problema davvero importante, ovvero la capacità di Candida Auris di resistere alle principali categorie di antimicotici, di persistenza nell’ambiente e di essere addirittura letale qualora riuscisse ad intaccare il torrente ematico.
Per resistenza agli antimicotici si intende, la capacità del patogeno fungino di sopravvivere nell’ospite nonostante il trattamento farmacologico. Attualmente, Candida Auris mostra capacità di resistenza verso tutti i farmaci in commercio. Dunque, questo patogeno una volta infettato riesce a colonizzare a lungo i pazienti.
Qual è la situazione in Italia?
Sebbene questo patogeno susciti preoccupazione per i motivi sopra elencati, in Italia la situazione sembra essere sotto controllo. Ad oggi, si sono registrati circa 20 casi e sembra esserci anche una correlazione con il Covid-19. Essendo principalmente due le modalità di trasmissione di Candida Auris ad oggi note, quali:
- contatto con superfici e dispositivi medici contaminati
- contatto interumano
Si è associato l’incremento di casi all’insorgenza del Covid-19. In particolare, il tutto sembra essere legato alla “trasformazione” di alcuni reparti ospedalieri in “reparti malati Covid”, alla probabile contaminazione di superfici non perfettamente disinfettate ed alla compromissione del sistema immunitario di tutti i pazienti affetti da Covid-19.
Possiamo prevenirne la diffusione?
I proverbi non sbagliano mai, “Prevenire è meglio che curare” e allora, non ci resta che applicare dei piccoli accorgimenti per cercare di limitare la diffusione di questo fungo killer. Come detto, gli ospedali sembrano essere i luoghi con maggior rischio di contaminazione, in particolare è alta la probabilità di contagio tra pazienti.
Pertanto, un’igiene accurata delle mani dopo essere stati in questi ambienti è di fondamentale importanza ed inoltre, evitare di prendere antimicotici e antibiotici senza un reale bisogno. Ad oggi, una delle principali cause della farmaco resistenza è proprio l’uso spropositato di farmaci senza una vera e propria necessità. Ricordiamoci sempre che il nostro corpo, in molti casi sa difendersi con le “proprie forze”.
A cura di Chiara Ricci