Casco monouso per andare dal dentista al tempo del Covid 19: il prototipo
Nella lotta al Covid 19, medici e infermieri sono in prima in linea per combatterlo ma allo stesso tempo sono le persone più esposte al virus; nonostante lavorino completamente coperti da strati di tute, guanti, doppie mascherine e visiere, ingegneri di tutto il mondo sono a lavoro per trovare sempre nuove soluzioni per proteggerli, l’ultima idea rivolta al mondo dei dentisti e odontoiatri arriva dalla Cornell University: un casco in grado di “trattenere” le goccioline prodotte dai pazienti potenzialmente affetti dal Covid.
Il casco monouso contro il Covid 19: come è fatto
Il casco, progettato sull’anatomia di una persona media, presenta due aperture: la prima per naso e bocca di circa 10 cm x 8 cm per permettere l’accesso al dentista, la seconda dalle dimensioni di 6.35 cm è collegata a una fonte di vuoto, per esempio una macchina ad aria negativa, che presenta un filtro HEPA per la rimozione delle goccioline portatrici di patogeni dall’aria prima del suo ricircolo nell’ambiente.
Siccome è inevitabile il contatto tra bocca/naso del paziente, così come descritto il casco non risolverebbe il problema ma l’idea chiave è quella di generare un flusso inverso in prossimità della apertura che trascini le goccioline, prima che raggiungano l’ambiente, verso il filtro; per evitare che questa turbolenza possa arrecare fastidi al paziente, è stato montato un ugello in prossimità dell’apertura che riduce, inoltre, la probabilità di fuga delle goccioline perchè costrette a compiere più “strada”.
Gli studi di dinamica computazionale dei fluidi
Per capire la fattibilità di questo flusso, i ricercatori hanno studiato la dinamica dei fluidi computazionali in combinazione con il tracciamento delle particelle puntiformi per simulare le traiettorie delle goccioline quando un paziente tossisce durante l’utilizzo di questo dispositivo.
Nello specifico, i ricercatori hanno testato diverse portate di vuoto (CFM) per valutare la quantità e dimensioni delle goccioline “catturate”; per semplicità, basta immaginarsi di avere diverse cappe da cucina che aspirano le goccioline, ognuna delle quali settate a valori diversi (nello specifico a 250 CFM e 150 CFM). Si è osservato che la grandezza limite è di 250 μm, al di sotto della quale tutte le goccioline sono catturate e al di sopra è progressivamente più difficile per il casco monouso trattenerle, supponendo CFM pari a 250.
Tuttavia, una portata di vuoto così alta, pur essendo efficace, porta un maggiore disagio al paziente per cui si è scesi a 150 CFM; i risultati sono ugualmente accettabili perché le goccioline di grandi dimensioni che fuoriescono dal casco rappresentano meno dell’1% del totale mentre quelle “pericolose”, nonchè molto piccole (diametro < 100 μm), sono state tutte catturate.
Sviluppi futuri del casco: ulteriore DPI nella lotta al Covid?
Gli studi sono ancora in fase iniziale, seppur un’idea con un fine molto nobile, bisogna valutare l’effettiva efficienza ed efficacia della soluzione sia in termini di sicurezza ma anche di comfort per il paziente; si pensa di ottimizzare la forma dell’ugello sull’apertura per un contenimento ottimale delle goccioline, uno più lungo funzionerà meglio nel trattenere quelle più grandi poiché il tempo di esposizione per il flusso opposto sarà maggiore ma ridurrebbe lo spazio procedurale utilizzato dal medico, limitando così l’utilità generale del casco.
Inoltre, la calotta del casco contro il Covid deve essere accuratamente disinfettata e smaltita dopo l’uso perchè contaminata da goccioline infettive; il materiale ideale per la produzione è il polimetilmetacrilato (PMMA) poiché i costi di sagomatura sono bassi, oltre che essendo trasparente, facilita l’interazione medico-paziente e riduce eventuali attacchi di claustrofobia.
Andare dal dentista ai tempi del Covid 19
In America, la Dental Association e l’American Association of Otorinolaringoiatria hanno raccomandato di evitare interventi che producono goccioline e aerosol sui pazienti confermati o sospetti da COVID, tranne nei casi urgenti. Nonostante i dentisti si sono sempre trovati esposti a rischio biologico a causa del contatto con la saliva e il sangue dei pazienti, la situazione con il Covid 19 ha incrementato le attenzioni che questi specialisti devono prestare, già elevate.
Un esempio di situazione a rischio è l’utilizzo del trapano per otturare carie che nebulizza le goccioline di saliva che rivestono la superficie del dente creando il famoso “aerosol”, la soluzione è la doppia aspirazione di saliva in modo tale da “intrappolare” quante più particelle possibile; inoltre, dopo ogni paziente i dentisti devono disinfettare le superfici dello studio e aerare l’ambiente per almeno 10 minuti. Inoltre, alcuni dottori prima della visita chiedono di effettuare sciacqui con particolari collutori che hanno dimostrato ridurre eventuale carica virale presente nella bocca del paziente.