Che cosa succede nel nostro cervello quando siamo innamorati? E’ questa la domanda a cui Helen Fisher, antropologa statunitense, cerca di rispondere da oltre due decenni con le sue ricerche. Nel suo ultimo studio pubblicato qualche anno fa ha fatto il punto della situazione sul cervello innamorato, analizzando i diversi stadi dell’amore dal punto di vista biochimico e individuando così le aree cerebrali maggiormente coinvolte nelle varie fasi.
Anche chi non è ricercatore riconosce che le persone innamorate manifestano stati d’animo come euforia, desiderio, attaccamento emotivo e fisico nei confronti dell’amato e astinenza, tutti sintomi che caratterizzano uno stato di dipendenza. Fisher ha infatti definito l’amore una “dipendenza naturale” e i risultati ottenuti dalle sue ricerche hanno dato ancora più credito a questa definizione.
In tre fasi diverse la ricercatrice ha sottoposto a risonanza magnetica funzionale tre campioni di persone innamorate. Il primo campione era composto da 10 donne e 7 uomini coinvolti da poco tempo in una felice relazione amorosa; il secondo comprendeva 10 donne e 5 uomini che sono stati lasciati dal partner da meno di 63 giorni e il terzo da 10 donne e 7 uomini sposati da più di vent’anni.
A ogni gruppo è stata mostrata la foto dell’amato (stimolo positivo) e la foto di un familiare (stimolo neutro), alternate dallo svolgimento di un compito distraente.
In tutti e tre i casi le regioni cerebrali maggiormente attivate dalla visione della foto dell’amato sono state il nucleo caudale del telencefalo e l’area tegmentale ventrale, situata nel mesencefalo. Tra le funzioni di queste aree vi è la produzione e distribuzione della dopamina, un neurostrasmettitore che attiva e alimenta il sistema della ricompensa, connesso alla motivazione, concentrazione, desiderio e assuefazione. Potrebbe sembrare strano che le persone che sono state lasciate presentino, alla comparsa dello stimolo positivo, la stessa attività cerebrale delle persone ancora coinvolte in una relazione. Per i ricercatori questo risultato è invece perfettamente comprensibile e prevedibile.
[bquote by=”Helen Fisher” other=””] “Abbiamo previsto questo risultato in parte perché le avversità tendono ad accrescere i sentimenti di amore romantico e perché quando una ricompensa viene ritardata, i neuroni in attesa di ricompensa nel sistema di ricompensa prolungano la loro attività.” [/bquote]
Un’attività cerebrale più intensa nel nucleo accumbens, nel putamen e nella corteccia prefrontale distingue invece chi è stato lasciato dagli altri due gruppi. Queste sezioni, oltre ad essere coinvolte anche esse nel sistema di ricompensa dopaminergica, hanno a che fare con l’attaccamento, l’angoscia associata al dolore fisico, il calcolo dei guadagni e delle perdite, il desiderio ardente e l’astinenza.
Ciò che ha stupito i ricercatori è stato rendersi conto che le stesse aree sono attivate anche nel caso di astinenza da cocaina e da altre sostanze che creano dipendenza. E non solo: il sistema di ricompensa, attivato intensamente in tutti i campioni analizzati, è lo stesso che si attiva nei consumatori di droga e nei fumatori. L’amore avrebbe quindi lo stesso effetto di alcune sostanze stupefacenti e della nicotina e risulta quindi corretta e giustificata la definizione data da Fisher dell’amore come dipendenza naturale.
E’ chiaro quindi che il cervello innamorato è caratterizzato da attività negli stessi circuiti neurali di ricompensa messi in azione dal consumo di sostanze che creano dipendenza. Pertanto i ricercatori si sono chiesti se
le esperienze socialmente gratificanti possano essere terapeutiche per sconfiggere un’astinenza diversa da quella dell’amore. In altre parole: è possibile sostituire la ricompensa messa in atto da un comportamento dannoso con una ricompensa originata da una storia d’amore?
Per una ricerca condotta in Cina 18 fumatori da poco innamorati sono stati sottoposti a risonanza magnetica mentre venivano loro mostrate diverse fotografie: una mano con una sigaretta (stimolo positivo), una mano che tiene una penna (stimolo neutro) e la persona amata (secondo stimolo positivo). Chi aveva una dipendenza moderata per la nicotina presentava una risposta cerebrale meno reattiva all’immagine della sigaretta se essa veniva mostrata vicino all’immagine dell’amato. Questo dato preliminare rappresenterebbe quindi una prova del potere della dipendenza naturale primordiale che è l’amore, che sarebbe capace in alcune circostanze di modificare le attivazioni cerebrali associate a dipendenze più moderne.