Dopo quasi un anno, siamo ancora in piena pandemia e in piena emergenza sanitaria a causa del Covid-19. Si contano ancora tanti contagi, tante persone ricoverate e purtroppo tanti morti. Il punto forte del virus Sars-CoV-2 è la sua capacità di trasmissione che può avvenire sia per vie dirette (con goccioline di saliva infette) che indirette, rendendolo un nemico invisibile (è stato infatti dimostrato che le superfici contaminate sono vettori significativi nella trasmissione di infezioni e la sopravvivenza dei virus).
Ma come mai durante tutte l’estate dove, nonostante la quasi mancanza di restrizioni, il virus si è diffuso in maniera blanda? Studi hanno dimostrato che la trasmissione può essere influenzata anche da fattori climatici: la diffusione di coronavirus nelle aree calde è risultata significativamente inferiore rispetto alle zone più fredde soprattutto perché le goccioline di saliva a temperature elevate tendono a seccarsi prima e compiono meno strada.
In particolare, un recente studio, condotto da un team di ricercatori del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, ha evidenziato come l’innalzamento della temperatura (fino intorno ai 28°) possa andare a ridurre la carica virale entro le prime 24 ore dalla trasmissione mentre a temperature tra i 20° e i 25°, sono necessari almeno tre giorni.
Il ceppo del SARS-CoV-2 è stato incapsulato in goccioline di 10 μL su una piastra in plastica (polipropilene) costituita da 24 pozzetti con sedimentate all’interno cellule “Vero”, cellule epiteliali renali, e sono stati raccolti dei campioni dai pozzetti in istanti temporali predefiniti in parallelo, sia a 20°-25° (temperatura ambiente) che a 28° (temperatura prettamente estiva) per valutare la capacità di infettare le cellule “Vero” a temperature diverse. Il ceppo isolato aveva inizialmente una carica virale paragonabile a quella che hanno i soggetti sintomatici.
I risultati dell’esperimento hanno dimostrato che il virus conservava la capacità di infettare le cellule fino a 84 ore sia a temperatura ambiente che a temperatura estiva ma, a temperatura ambiente (20°-25°) è stata osservata una notevole riduzione della carica virale durante le prime 24-36 ore mentre, a temperatura più elevata (28°), il decadimento è risultato molto più rapido, in tempi compresi tra le 8 e le 12 ore. Il trend di decadimento è stato osservato fino a 84 ore e vi era una notevole differenza tra le due temperature ma, in entrambe le situazioni, il virus non era più rilevabile dopo 96 ore.
Possiamo osservare come la temperatura possa influenzare la resistenza ambientale del SARS-CoV-2 e, di conseguenza, ridurre la probabilità di diffusione della patologia Covid-19.
“I nostri dati aiutano a spiegare il perché le condizioni ambientali estive più sfavorevoli per il virus ne abbiano rallentando la diffusione e il contagio”, come spiega il virologo Fabio Magurano, ricercatore presso il Dipartimento del Malattie Infettive Parassitiche ed Immunomediate (MIPI) dell’Istituto Superiore di Sanità che ha coordinato lo studio, “al contrario, l’abbassamento delle temperature permette al virus di resistere di più e nel contempo giustifica una maggiore capacità delle goccioline respiratorie di persistere e diffondersi nell’ambiente, favorendo la diffusione del virus e il contagio”.
È chiaro dunque che, nonostante le poche temperature sperimentate, che potrebbero non essere sufficienti a dimostrare l’influenza della temperatura ambientale sulla diffusione, un incremento delle stesse contribuisce ad abbassare la carica virale del virus.
È anche da considerare che, con temperature favorevoli, le persone si riuniscono all’aperto e non in bar, locali o dentro abitazioni, luoghi dove la diffusione del virus trova largo spazio. Per questi motivi, se da un lato il clima caldo può incidere sulla diffusione del COVID-19, dall’altro le misure più efficaci per combatterlo sono l’igiene e il distanziamento sociale; è indispensabile, dunque, continuare a rispettare tutte le regole perché, nonostante richiedano molti sacrifici, sono l’unica strada da seguire per poter tornare presto alla normalità e riprendere in mano le nostre vite.