Consegnata per la prima volta in Italia la mano bionica di ultima generazione ‘Nexus’
Valentina Pitzalis nel 2011 è rimasta vittima di un tentato omicidio da parte dell’ex-marito, il quale le diede fuoco, facendole perdere l’uso totale della mano sinistra. Lo scorso 16 dicembre, Valentina ha avuto la possibilità di rialzarsi da questa orribile esperienza e lo ha fatto facendosi impiantare una protesi di arto superiore. A darle questa speranza e forza, l’Officina ortopedica “Maria Adelaide” di Torino, che le ha fornito una protesi caratterizzata da un valore aggiunto, rappresentato proprio dalla mano bionica, denominata “Nexus”.
Amputazioni: cause e conseguenze
Per amputazione si intende un’asportazione chirurgica o una perdita accidentale (spontanea o traumatica) di un arto, o parte di esso, e di tutte le sue componenti (pelle, nervi, vasi, osso e muscolo). Nel primo caso si procede con un intervento chirurgico, per gestire casi di complicanze vascolari o controllare un processo patologico in atto (es. tumore maligno). Al contrario, la perdita accidentale può essere dovuta a traumi o incidenti, a seguito dei quali l’arto viene totalmente compromesso per schiacciamento o strappo.
L’asportazione chirurgica può avvenire sia per arti inferiori (dita del piede, piede, gamba), che per quelli superiori (dita della mano, braccio, avambraccio). A seguito di un’amputazione, la parte residua dell’arto viene ricostruita con tecniche di microchirurgia per garantirne la continuità. Questa parte viene comunemente denominata “moncone” e, si di essa, verrà applicata un’eventuale protesi artificiale.
Il processo che porta il paziente amputato all’applicazione di una protesi è molto lungo e non semplice. C’è da dire che non tutti i pazienti tendono a intraprendere questa strada. Questo è dovuto in parte alla non-accettazione del fatto di aver perso un arto e, quindi, alla poca fiducia riposta nell’affidabilità della protesi stessa.
Protesi di arto superiore
Solitamente, le protesi di arto superiore sono composte da un elemento a diretto contatto con il moncone (cosiddetto “socket”) e da un componente sostitutivo della mano, che può avere unicamente uno scopo estetico, oppure avere un ruolo funzionale. Ciò significa che può essere in grado di compiere dei movimenti, grazie alla trasmissione del segnale proveniente dal muscolo residuo, attraverso l’uso di elettrodi superficiali (bicipite e tricipite).
Tuttavia, non sempre è possibile l’utilizzo del “socket”. Un esempio in questione è quando l’amputazione è particolarmente estesa e non si ha una superficie d’appoggio adeguata. In tal caso si procede al fissaggio della protesi stessa sul residuo di segmento osseo mediante viti ortopediche. L’applicazione di una protesi è solo il primo step di un lungo percorso che include l’“allenamento” del paziente amputato, il quale dovrà imparare come usare il proprio dispositivo.
Cosa rende NEXUS così speciale?
“Nexus” è realizzata da COVVI , una tra aziende con oltre 75 anni di esperienza nel campo della progettazione di protesi. Il suo sistema avanzato consta di un intuitivo schema di presa predefinito, oltre alle capacità di mappatura della presa, che consentono all’utente di inserire gesti personalizzati.
Il guanto è realizzato in silicone nero, ricoperto da uno strato di policarbonato, che insieme garantiscono resistenza e impermeabilità. Il dispositivo è in grado di simulare due tipologie di prese, per un totale di 14 prese: Opposed grips e Non-opposed grips. Nel primo caso, il pollice lavorerebbe in opposizione con le altre dita, mentre nel secondo caso il pollice è posizionato parallelamente al resto delle dita. Questo è utile per l’utente, che sarà quindi in grado di compiere gesti che necessitano di una presa forte (ad esempio afferrare una bottiglia d’acqua), e allo stesso tempo effettuare prese più delicate (come per esempio prendere un sottile foglio di carta).
Anche le dita sono caratterizzate da striature che agevolano ulteriormente la presa degli oggetti. Nexus è sicuramente una tra le mani bioniche più tecnologiche mai progettata negli ultimi tempi e ciò fa ben sperare che tra qualche anno la produzione di dispositivi più sofisticati possa ridare la speranza a persone come Valentina. Come lei stessa afferma:
“[…]questo giorno segna un grosso passo verso la rinascita completa[…] ”,
ritenendosi “[…]fortunata e fiera di poter usufruire di questo tipo di tecnologia[…]”.
Lei, come tanti altri, è un simbolo di tenacia e forza per affrontare la vita con coraggio, senza arrendersi mai.
A cura di Francesca Sessa.