L’aspetto più spaventoso del nuovo coronavirus, e in generale delle nuove malattie e infezioni, è sicuramente l’incertezza. Incertezza della percicolosità, cure, vaccini, sintomi, danni (permanenti e non). Sono ormai 7 mesi che il covid ci tiene col fiato sospeso. Ci domandiamo come ne usciremo, tra quanto, ripresa economica, ecc. Medici e ricercatori, però, si pongono domande più “scientifiche”, relative ai vaccini, alle terapie, ai contagi e anche cosa attende i pazienti una volta guariti. In Italia, sono 194273 i guariti. Bei numeri, se pensiamo all’entità della pandemia. Purtroppo, però, da uno studio pubblicato su Brain, condotto da ricercatori inglesi, sembra che il coronavirus comporti danni al cervello. In particolare gli studiosi affermano che “Il Covid-19 è associato a disturbi neurologici e neuropsichiatrici“. Quindi non solo danni polmonari, ma anche cerebrali.
Lo studio è stato condotto su 43 pazienti (con un’età compresa tra i 16 e gli 85 anni), dei quali: 29 positivi al coronavirus, 8 probabili e 6 possibili. E’ emerso che i danni da coronavirus provocati al cervello hanno portato a:
Infine, 5 dei pazienti avevano vari disturbi cerebrali che non rientravano nelle categorie precedenti. Ciò che preoccupa di più gli studiosi è che tali danni al cervello possano insorgere anche a chi ha avuto sintomi lievi del coronavirus, come febbre e tosse, e non solo a chi è stato colpito anche da polmonite. Inoltre questi danni cerebrali possono insorgere prima, dopo o durante la malattia.
Ad Aprile, gli Usa, avevano già lanciato l’allarme su una possibile correlazione tra danni al cervello e coronavirus. Infatti, vi era stato un improvviso aumento di casi di ictus nei pazienti giovani affetti da covid (età compresa tra i 30 ed i 40). Il neurochirurgo del Mount Sinai Health System a New York, Thomas Oxley, aveva stilato il rapporto, in cui si evidenziava l’incidenza di ictus nei pazienti affetti da covid, dipendente dalla formazione di coaguli anomali nel sangue. “Il virus sembra causare un aumento della coagulazione nelle arterie di grandi dimensioni, con conseguente ictus grave” spiega il neurochirurgo. L’équipe di medici aveva confrontato i dati relativi ai casi di ictus dei 12 mesi precedenti alla pandemia, inferiori a 2 al mese, con quelli successivi al covid: in due settimane si registravano già 5 casi, in pazienti giovani e senza particolari problemi pregressi. Inoltre i casi di ictus hanno interessato anche i pazienti asintomatici.
I precedenti studi, offrono un altro trampolino di lancio alla ricerca, poiché, studiando gli effetti del coronavirus nella loro totalità, si potrà risalire ad una cura definitiva ed efficace. “È importante che i medici siano consapevoli di questa situazione, perché la comprensione è la chiave per impostare in modo appropriato il trattamento della malattia”, ha detto uno dei ricercatori coinvolti nello studio britannico.