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Coronavirus e influenza: differenze e analogie. Perché il vaccino antinfluenzale potrebbe aiutare?

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All’inizio della pandemia ci siamo chiesti se ci fossero differenze tra coronavirus e influenza, come curarlo, se avremmo potuto proteggerci con il vaccino antinfluenzale. Ovviamente non sapevamo a cosa stessimo andando incontro. Sebbene all’apparenza possano sembrare simili nei sintomi, le differenze tra coronavirus e influenza in realtà sono molteplici, considerando che del primo non si ha ancora né una cura né un vaccino. Seguendo i pronostici degli scienziati, in autunno dovrebbe esserci la famosa seconda ondata e, in effetti, ieri sono stati registrati 2499 nuovi casi. Questi dati, insieme a quelli registrati il 1 Ottobre (2548 nuovi casi), rappresentano il picco massimo raggiunto dal 18 Maggio (data di fine quarantena) ad oggi. In molti si chiedono come si potrà distinguere una banale influenza stagionale dal coronavirus, quali sono le differenze! Si consideri che nella stagione 2018-2019 sono stati registrati 4.780.000 casi di influenza stagionale in tutta Italia, quindi si presume che anche quest’anno ci sarà un numero simile di casi, motivo per cui, ci si potrebbe allarmare al primo starnuto. In Texas, era anche stato messo a punto un dispositivo capace di distinguere in pochi minuti se si trattasse di covid-19 o influenza, sarebbe stato uno strumento interessante, ma non se ne hanno avute più notizie.

Analogie tra coronavirus e influenza stagionale

Come anticipato, dunque, coronavirus e influenza stagionale possono confondersi, prima di analizzare le differenze, vediamo in cosa sono assimilabili e se possiamo proteggerci con gli stessi stumenti, quali farmaci o vaccino. Ne avevamo già parlato in precedenza, ma ad oggi si può fare meglio il punto della situazione, avendo un numero maggiore di dati. Il virologo Burioni, sul suo sito MedicalFacts, a febbraio, aveva precisato: “L’influenza di stagione, che dura circa 2-3 mesi all’anno, si trasmette esattamente come il coronavirus, ma le analogie finiscono qui”. Entrambi i virus danno una sindrome respiratoria, con sintomi iniziali molto simili, identica via di trasmissione e potenzialità di contagio. Starnuti, colpi di tosse e mani rappresentano il principale veicolo di trasmissione. Ecco perché risulta fondamentantale la frequente igienizzazione delle mani con prodotti alcolici o semplicemente con acqua e sapone.

Differenze tra coronavirus e influenza stagionale

Innanzitutto, l’influenza che ci colpisce ogni anno è causata da un virus che non ci è nuovo. Sebbene anch’esso muti di anno in anno, parte del virus è già nota al nostro sistema immunitario, dunque è capace di affrontarlo e combatterlo, non risultando, quindi, un ospite letale per noi (nella maggior parte dei casi). La mutazione del virus dell’influenza stagionale è ciò che gli permetta la sopravvivenza anno dopo anno, infatti, il raffreddore che abbiamo preso lo scorso anno, è figlio di un altro virus. L’immunità che abbiamo nei confronti del virus influenzale, seppur parziale, rapprensenta, quindi una delle maggiori differenze tra coronavirus e influenza. Difatti, nei confronti del Covid-19 non abbiamo alcuna immunità. Questo conferisce al Covid-19 la potenzialità di circolare maggiormente rispetto all’influenza, infettando un maggior numero di persone e determinando, inoltre, un sostanzioso tasso di mortalità. Tra coronavirus e influenza le differenze non finiscono qui: per l’influenza esiste un vaccino, che viene preparato ogni anno, infatti, solitamente a gennaio si prevede quali ceppi circoleranno, si prepara il vaccino e a novembre dello stesso anno ci si può vaccinare. Nel caso del coronavirus il vaccino non è ancora disponibile, nonostante siano numerose le case farmaceutiche all’opera. Sebbene i sintomi iniziali siano simili, c’è da ricordare che in molti casi il coronavirus determina una perdita improvvisa dell’olfatto, detta anosmia o anche la sola diminuzione (iposmia), perdita del gusto, cioè ageusia, o anche alterazione (disgeusia) sintomatologia non legata all’influenza stagionale.

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Gravità dei sintomi

Una delle differenze che desta maggiori preoccupazioni è sicuramente la differenza di aggressività tra i due virus. Analizziamo prima il virus influenzale. Esso, potenzialmente, può scendere fino a trachea e bronchi, per cui le complicazioni solite sono tracheite e bronchite; inoltre esso può determinare la distruzione dello strato di protezione che riveste la trachea e i bronchi, costituito da piccole ciglia che spostano verso l’esterno un muco che intrappola i batteri. Di conseguenza, il paziente che è stato colpito dal virus dell’influenza, dopo esser guarito da quest’ultimo, è particolarmente soggetto a infezioni batteriche (nei casi più gravi polmoniti) facilmente curabili con gli antibiotici. Il decorso è quasi sempre positivo, tranne nei casi di soggetti particolarmente deboli, anziani e con quadri patologici complessi. Invece, il coronavirus, può arrivare nei reparti più profondi dell’apparato respiratorio, ovvero gli alveoli. Questi ultimi sono la sede in cui l’organismo acquisisce ossigeno dall’aria inalata ed espelle l’anidride carbonica. Quando il virus va a disturbare gli alveoli, si verifica una sindrome molto pericolosa, che prende il nome di polmonite virale primaria.

Numeri a confronto

Globalmente, ogni anno, il virus influenzale colpisce tra il 5 e il 15% della popolazione adulta (cioè da 350 milioni a 1 miliardo di persone), un’incidenza che raggiunge il 20-30% nei bambini. Tra i 3 e i 5 milioni di casi di influenza riportati annualmente evolvono in complicanze che causano il decesso in circa il 10% dei casi, soprattutto tra i gruppi di popolazione a rischio, quindi, bambini sotto i 5 anni, anziani e persone affette da malattie croniche. Gli effetti del virus influenzale non sono uguali nel mondo. Nei Paesi industrializzati l’influenza si rivela fatale, soprattutto tra le persone di età superiore ai 65 anni. L’impatto nei Paesi in via di sviluppo non è noto con certezza, ma si stima che l’influenza causi un’elevata percentuale di decessi tra i bambini. All’inizio dello scorso marzo, il demografo dell’Università della California a Irvine, Noymer, osservava che i Paesi di tutto il mondo cominciavano a registrare le prime morti da COVID-19 e rifletteva sul fatto che potevano esserci problemi con i dati. Anche in un inverno normale, alcune vittime dell’influenza vengono attribuite per errore a una polmonite; se può succedere con una malattia conosciuta, era inevitabile che non tutte le morti per COVID-19 fossero registrate.

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Noymer racconta: “Ricordo solo di avere pensato che sarà molto difficile da spiegare alla gente”. A marzo e aprile, quando gli istituti di statistica nazionali hanno cominciato a pubblicare i dati sulla mortalità, i sospetti di Noymer sono stati confermati: la pandemia stava provocando molte più vittime di quante ne indicassero le sole cifre su COVID-19. In periodi di sconvolgimento come guerre, disastri naturali o epidemie, i ricercatori hanno bisogno di stimare velocemente il numero delle vittime. Di solito adottano un parametro approssimativo ma plausibile: l’eccesso di mortalità. È un confronto tra il numero di decessi previsto e quello effettivo, e per molti scienziati è il modo più affidabile per valutare l’impatto della pandemia. Quindi ad oggi è difficile stimare il tasso di mortalità. Possiamo però riportare i numeri forniti dagli enti ufficiali. Nel mondo i casi confermati sono stati 34838209 e le morti totali 1033356.

Perché il vaccino antinfluenzale potrebbe essere utile contro il coronavirus

Considerando che tra coronavirus e influenza vi sono le differenze già esposte, il vaccino antinfluenzale non serve a protegerre dal covid, ma si rivela importante per altri motivi. Primo tra tutti, è utile ad evitare che si faccia confusione tra sintomi influenzali e quelli dati dal covid, cioè, vaccinando la popolazione si eviterebbe l’insorgere di casi di influenza e si limiterebbe eventuale allarmismo. Inoltre, quest’anno il vaccino antinfluenzale rappresenta una strategia importante per la salute pubblica: ridurre il numero di persone sintomatiche che rischiano di sovraccaricare i servizi sanitari territoriali e i pronto soccorso. Questo obiettivo, però, richiede una copertura vaccinale piuttosto ampia, anche nelle fasce non a rischio. Quindi l’utilità del vaccino antinfluenzale è, in un certo senso, utile ma di riflesso contro il covid.