Abbiamo già visto come tecnologia ed innovazione possano giocare un ruolo fondamentale nella lotta al coronavirus. Dopo le maschere da sub riconvertite in maschere per la ventilazione assistita, torniamo a parlare proprio della Lombardia, la regione italiana maggiormente colpita dall’epidemia di Covid-19. Da alcune settimane, infatti, sono disponibili presso l’Ospedale di Circolo di Varese, 7 robot che hanno la funzione di aiutare i medici nel monitoraggio dei pazienti oltre che ad “alleggerire” l’isolamento di quest’ultimi, cercando, per quanto possibile, di mostrare empatia.
La pericolosità del coronavirus è ormai sotto gli occhi di tutti e, con l’elevato numero di ricoveri che gli ospedali si sono ritrovati a fronteggiare, sono necessarie soluzioni innovative volte sia a garantire la sicurezza del personale sanitario che ad offrire la migliore assistenza possibile. Grazie a tali robot, infatti, è possibile monitorare a distanza i parametri vitali dei pazienti in isolamento, come saturazione, frequenza cardiaca, respiratoria, e pressione arteriosa, e comunicare con loro.
I vantaggi di un approccio del genere sono molteplici: innanzitutto, un sistema del genere non vuole eliminare il contatto umano con i pazienti, ma ridurre il numero di accessi alle stanze. In questo modo, vengono ridotti i tempi che servirebbero alla completa vestizione del personale sanitario, oltre a comportare un risparmio in termini di dispositivi di protezione utilizzati.
Secondo quanto riportato dall’ANSA, dei 7 robot in questione, uno è stato impiegato nel reparto di malattie infettive, mentre gli altri sei in quello di Medicina ad Alta Intensità.
Il robot utilizzato nel reparto di malattie infettive è chiamato Ivo ed è stato donato dall’azienda varesina Elmec. Questo consiste in un tablet montato su un’asta dotata di ruote con il quale è possibile comunicare con i pazienti attraverso una videochiamata e visualizzarne i parametri vitali potendo osservare il monitor accanto al letto. Tale sistema viene controllato da remoto attraverso un pc o uno smartphone.
Gli altri 6 robot, invece, sono stati donati dalla startup veneta Omitech e sono chiamati Sanbot Elf. Questi imitano le sembianze di un bambino e permettono, attraverso le loro telecamere, sia il monitoraggio che la conversazione con i pazienti che, se non sottoposti a ventilazione assistita, possono rispondere attraverso messaggi vocali.
Uno di questi 6 robot era inizialmente programmato per accogliere i visitatori all’ingresso della mostra “Robot, The Human Project” a Milano, rinviata proprio a causa dell’emergenza coronavirus. Questi robot sono quindi stati sviluppati per l’interazione con le persone e finalizzati ad una collaborazione tra robot ed esseri umani.
Un approccio simile era già stato impiegato a Seattle, negli Stati Uniti, lo scorso gennaio per diagnosticare il coronavirus ad un uomo di 30 anni rientrato da Wuhan, epicentro da cui si è scatenata l’attuale pandemia di Covid-19, mantenendo i medici in sicurezza.
“Ovviamente questi robot non eliminano il contatto umano con il paziente, ma riducono gli accessi. Anzi, facendoci risparmiare il tempo della vestizione e svestizione, che ha un impatto notevole sulla nostra attività, a migliorare sarà anche la qualità del tempo che dedicheremo a loro”. Afferma a la Repubblica il professor Francesco Dentali, direttore del reparto di Medicina ad Alta Intensità dell’Ospedale di Circolo di Varese.