L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha recentemente comunicato dell’approvazione del primo vaccino nei confronti della malaria, il “Mosquirix” o RTS,S/AS01. Prodotto dalla multinazionale farmaceutica britannica GlaxoSmithKline, si tratta di un vaccino ottenuto mediante la tecnologia del DNA ricombinante.
Quel giorno è arrivato. Un giorno storico. Oggi, l’OMS raccomanda un ampio utilizzo del primo vaccino antimalarico al mondo.
Dr. T. A. Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS
L’approvazione del primo vaccino anti malaria, che sarà somministrabile a partire dai 5 mesi di età in avanti, è un importante evento di interesse sanitario mondiale. Finalmente c’è un’arma per contrastare questa malattia insidiosa, che ogni anno è capace di uccidere più di 400.000 mila persone (nella maggior parte dei casi si tratta di bambini al di sotto dei 5 anni di età).
La malaria è una malattia infettiva tropicale causata da un protozoo parassita, appartenente alla famiglia dei Plasmodium. A questa famiglia appartengono quattro diverse specie di plasmodi: P. vivax, P. ovale, P. malariae e P. falciparum (quest ultimo è quello che determina la malaria severa, con un elevato tasso di mortalità).
La puntura della femmina della zanzara Anopheles infetta, vettore della malattia, avviene prevalentemente al crepuscolo e durante le ore notturne per nutrirsi di sangue umano. Se l’ospite è già infetto, la zanzara insieme al sangue succhia diversi parassiti tra cui il Plasmodium. Nell’intestino della zanzara i parassiti si moltiplicano, spostandosi poi verso le ghiandole salivari. Quando la zanzara punge un altro ospite, i parassiti invadono il sangue della vittima. È sufficiente anche una sola puntura per essere contagiati. Una volta nel corpo umano, il Plasmodium subisce dei cambiamenti che gli permettono di eludere il sistema immunitario umano e, mediante il flusso sanguigno, arrivare al fegato dove infetta le cellule epatiche. Ad un certo punto le cellule si rompono, rilasciando in circolo un grande quantitativo di parassiti nel sangue.
Il soggetto che si infetta può avere un periodo di incubazione variabile, tra i 7 e i 35 giorni. Le principali manifestazioni cliniche sono febbre elevata, sudorazione, cefalea, artralgia, mialgia. Il Plasmodium inoltre infetta i globuli rossi e si moltiplica rapidamente. La rottura degli eritrociti determina picchi febbrili ogni due o tre giorni. Altri sintomi possono essere l’herpes labiale, sintomi gastroenterici e brividi intensi; tutti sintomi inizialmente riconducibili ad una comune influenza o ad altre infezioni. La malaria severa può progredire velocemente causando la morte in pochissimo tempo.
La diagnosi precoce è fondamentale per gestire accuratamente il paziente. Un momento fondamentale è l’anamnesi, ovvero la valutazione dei segni e sintomi del paziente che conducono il clinico verso il sospetto di malaria. Il clinico deve essere a conoscenza di eventuali soggiorni del paziente, per un breve o lungo periodo, in zone endemiche per la malaria o ad alto rischio. In seguito è necessario comprendere quale sia stata la via di trasmissione (puntura di zanzara o trasfusione di sangue infetto) e proseguire con l’identificazione della specie di plasmodio (con metodi immunocromatografici e metodiche molecolari).
Fondamentale è effettuare un esame emocromocitometrico per valutare i globuli rossi (normali o diminuiti), VES (velocità di eritrosedimentazione) e PCR (proteina C reattiva) che, se elevate, sono indice di processo infiammatorio in atto. Inoltre, si procede con la dimostrazione del parassita malarico nel sangue periferico con esame dello striscio a goccia spessa. Ad oggi il trattamento è rappresentato dalla terapia combinata a base di derivati dell’artemisinina (ACT), che riesce a dare ottimi risultati terapeutici nell’arco di una settimana, riducendo la presenza di plasmodio e migliorando lo stato di salute.
La malaria, detta anche paludismo, è una malattia infettiva preponderante seconda sola alla tubercolosi per morbilità e mortalità. Secondo l’OMS il 90% dei casi di malaria nel mondo si verificano in Africa, dato che le popolazioni più colpite sono quelle che non dispongono di cure sanitarie. Nei paesi più poveri, in cui mancano strutture e mezzi per combattere la malattia, la diffusione della malaria non si arresta ma continua a persistere.
Nei paesi ad alto reddito, invece, si assiste al fenomeno della “malaria da importazione”. Sono tanti i viaggiatori che si ammalano di malaria, che possono manifestare l’infezione anche alcuni mesi dopo il viaggio effettuato. La malaria è più letale del COVID-19 in Africa. Si stima che solo nel 2019 le morti per malaria sono state più di 380.000 mila, a fronte dei 212.000 decessi confermati per COVID-19 negli ultimi 18 mesi.
Le donne incinte sono più suscettibili a contrarre l’infezione da Plasmodio, a causa delle modificazioni tipiche del sistema immunitario durante la gravidanza (specialmente durante la prima). Sono più suscettibili a presentare la forma grave della malattia, con anemie gravi e crescita compromessa del feto (se non addirittura la morte).
La prima descrizione del quadro clinico della malaria risale addirittura ad Ippocrate. Da allora tanti scienziati, compresi alcuni italiani, hanno avuto importanti intuizioni relative alla malattia. Dal coinvolgimento delle zanzare nella diffusione, alla presenza del parassita nel sangue degli infetti, all’ipotesi che l’agente eziologico fosse un protozoo, poi denominato Plasmodium nel 1894. Quasi 130 anni dopo la denominazione del parassita e innumerevoli morti ogni anno, oggi finalmente la comunità scientifica può affermare che c’è un vaccino.
L’OMS ha espressamente raccomandato l’uso di massa del vaccino, che potrebbe salvare tantissime vite. Ci sono volute tre decadi e grandi investimenti per la sua realizzazione, che cambia per sempre il corso della salute pubblica mondiale. I trial clinici si sono conclusi nel 2015, ma l’OMS ha raccomandato degli studi pilota per determinare la sicurezza di questo vaccino multi dose. A partire dal 2019, un programma pilota ha coinvolto più di 800 mila bambini di diverse parti dell’Africa, come Malawi, Ghana, Kenya etc, ai quali sono state somministrate almeno una dose del vaccino Mosquirix. Un dato importante riguarda la riduzione degli episodi clinici della malattia, con un decremento delle ospedalizzazioni per malaria severa e decessi di circa il 70%. Ad oggi sono state somministrate più di 2,3 milioni di dosi di vaccino.
Questo vaccino antimalarico, a lungo atteso, rappresenta una svolta per la scienza, per la salute dei più piccoli e per il controllo della malaria.
Dr. T. A. Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS