La vulvodinia è una patologia che può interessare la vulva, ovvero la terminazione e l’apertura esterna degli organi genitali femminili esterni, situata nella parte anteriore del perineo. Tale condizione è dovuta alla crescita di piccole terminazioni nervose, in maniera disordinata, a livello vulvare. L’urologo Galizia spiega a “Le Iene“: “Un nervo è un po’ come un cavo elettrico, deve portare un segnale, la corrente. Quando queste terminazioni perdono l’orientamento, te lo portano in maniera disordinata”.
I sintomi principali della vulvodinia sono dolore, bruciore, irritazione, secchezza, sensazione di abrasione a livello vulvare, tensione, sensazione simile a punture di spillo, disepitelizzazione, percezione di avere tagli sulla mucosa, gonfiore e fastidio. La diagnosi non è semplice, in quanto tale condizione patologica non determina alcuna lesione fisica riconoscibile, a parte l’arrossamento del vestibolo. Infatti, la diagnosi di vulvodinia, spesso, giunge per esclusione di altri problemi vulvovaginali.
Quando una donna è affetta da vulvodinia può percepire dolore in maniera generalizzata o localizzata nella regione vulvare. Nel primo caso si avrà un dolore che interessa tutta l’aera vulvare. Nel caso in cui il dolore sia localizzato a precise zone, parliamo di vestibolodinia, un tempo definita anche vestibulite vulvare. Se, nello specifico, il dolore interessa la zona clitoridea, si parlerà di clitorodinia.
In realtà, essendo una patologia ancora poco conosciuta, non è chiaro se queste condizioni siano manifestazioni della stessa malattia. Di fatti, la diagnosi è la medesima, ma la storia naturale della condizione è ancora oggetto di discussione. Un’ulteriore distinzione delle tipologie di vulvodinia è: vulvodinia spontanea o provocata. Nel primo caso il dolore si manifesta anche in assenza di stimolazione; nel secondo caso il dolore è frutto di un contatto.
Nonostante, ad oggi, in Italia, il 15% delle donne soffra di vulvodinia (dato forse sottostimato), non sono ancora chiare le cause di tale condizione patologica. Pertanto, non risulta neanche semplice studiare una cura precisa. Tra le possibili cause, vi sono: uso di contraccettivi orali (in particolare drospirenone), allergia, sensibilità a sostanze chimiche o organismi che si possono trovare nell’ambiente, tensione cronica o spasmi dei muscoli dell’area vulvare, infezioni batteriche o micotiche vaginali e vescicali, ferite, predisposizione genetica alle infiammazioni, lesioni del nervo pudendo dovute al parto a o traumi, ipercontrattilità vulvo-perineale, abuso di antibiotici, traumi, alterazioni genetiche, traumi derivanti da rapporti sessuali, visite o interventi chirurgici ginecologici, come la labiectomia.
Anche l’andare in bicicletta quotidianamente o indossare indumenti troppo stretti può favorire l’insorgere di questo disturbo. La vulvodinia può anche associarsi a disturbi vescicali e/o uretrali. In generale tale condizione patologica può generare nelle donne che ne sono soffrono, irritabilità, depressione e frustrazione.
Diversi studi hanno evidenziato come nelle donne affette da vulvodinia, ci sia un mastocita sovraregolato. Quest’ultimo è un mediatore proinfiammatorio che ha la funzione di scatenare la reazione infiammatoria in risposta a qualsiasi danno infettivo, chimico o fisico. Se sovraregolato, dunque, la zona vulvare è perennemente infiammata anche in assenza di una reale minaccia per l’organismo, perché è sufficiente uno stimolo innocuo a scatenare la risposta infiammatoria.
L’insorgenza della patologia, generalmente, avviene in età fertile, ma può comparire in qualsiasi momento della vita di una donna: dalla pubertà alla menopausa. La diagnosi si basa essenzialmente sul dolore percepito dalla paziente, con riscontri fisici normali, e, come anticipato, per esclusione di altre patologie. Per individuare le aree interessate dal dolore, il medico può utilizzare un “test del cotton-fioc”, così da capire anche l’intensità dei sintomi. In caso di vulvodinia, le pazienti spesso percepiscono il tocco del cotton-fioc come l’attrito di un coltello, dunque molto più doloroso di ciò che effettivamente dovrebbe essere. La diagnosi risulta complessa essendo una patologia ancora molto sconosciuta e con sintomi equivocabili. Inoltre, molti ginecologi non hanno familiarità con la condizione, ma la consapevolezza si sta diffondendo col tempo.
Non ci sono cure specifiche, ma abitudini che possono aiutare le pazienti a minimizzare il dolore e a non accentuare le infiammazioni:
Se si vuole ricorrere a farmaci, invece, si può optare per farmaci per uso topico, orali, e iniettabili che includono anestetici, soprattutto anestetici in crema da applicare prima dei rapporti sessuali. Inoltre, sono consigliati anche estrogeni, antidepressivi triciclici coadiuvati in forma topica o sistemica. Naturalmente, gli antidepressivi triciclici, e in particolare la amitriptilina, non vengono utilizzati a dosaggi psichiatrici, bensì a dosaggi di gran lunga inferiori. Per tali farmaci, hanno dimostrato che in piccole quantità svolgono un’attività antinfiammatoria sulle fibre nervose e una funzione analgesica.
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Le donne affette da vulvodinia non devono sottovalutare gli effetti della dieta. I medici consigliano una dieta antinfiammatoria, ricca di frutta e verdura, oltre a consumare molta acqua. Niente caffè, latticini, lieviti, alcolici e tutto ciò che può provocare infiammazione.
Molte donne ricorrono al biofeedback: una tecnica che insegna alla donna a rilassare i muscoli perivaginali. Nella chinesiterapia, un fisioterapista esperto e specializzato guida la paziente nella gestione della muscolatura pelvica. Infatti, il rilassamento dei muscoli perivaginali è fondamentale nella terapia della vulvodinia, in quanto l’ipertono dei muscoli pelvici può precedere il dolore, oppure verificarsi in seguito all’infiammazione. Nei casi più lievi, o quando la guarigione è vicina, la donna può praticare a casa massaggi vaginali ed esercizi specifici allo scopo di rilassare la muscolatura pelvica.
I media hanno finalmente posto la’ttenzione su questa condizione patologica, intervistando alcune deonne che ne sono affette. “Senti degli spilli conficcati dentro la carne, costantemente“. “Senti bruciare le viscere proprio, perché ti coinvolge tutto proprio”. “Sono stanca, stanca mentalmente di pensare a questa cosa. Dodici anni son lunghi, la vita di prima non me la ricordo più”. Come qualsiasi condizione patologica, la vulvodinia neanche risparmia le persone famose. Sebbene se ne parli ancora poco, negli ultimi giorni ne ha parlato a lungo Giorgia Soleri, la fidanzata di Damiano dei Maneskin.
Lei l’ha definita “la malattia invisibile”, proprio perché misteriosa e sconosciuta e ne ha parlato sul suo profilo instagram. “Ho deciso di raccontare la mia storia in un post dopo che il mio dolore è stato, per l’ennesima volta, messo in dubbio e contestato. Spero possa essere utile, come lo è stato per me, leggere le testimonianze di chi ha avuto una diagnosi e ha deciso di condividerla per portare avanti questa battaglia. Meritiamo riconoscimento e rispetto, tempi di diagnosi umani e terapie a costi accessibili. E meritiamo di essere ascoltate”. Molte donne hanno dovuto rinunciare ai rapporti sessuali, all’autoerotismo e a una vita normale, essendo la vulvodinia una malattia invalidante.
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