Cosa hanno in comune Bernoulli e un aneurisma?
Con il termine aneurisma viene indicata una dilatazione anomala della parete di un vaso sanguigno, solitamente di un’arteria. Le cause dell’insorgere di tale patologia possono essere molteplici ed in molti casi risultano asintomatici. Per questo motivo, vengono spesso rilevati nel corso di accertamenti o esami di routine. La conseguenza peggiore di un aneurisma è la sua rottura: l’emorragia che ne segue, infatti, comporta un’elevato rischio di morte.
Arriviamo quindi al nodo centrale del discorso. Per rispondere alla domanda “Cosa hanno in comune Bernoulli e un aneurisma?”, utilizzeremo le parole del Prof. Vincenzo Giordano:
“Per la legge di Bernoulli, se in un condotto c’è un allargamento, la velocità del fluido che vi scorre diminuisce e la pressione aumenta. Pertanto un aneurisma, che costituisce una dilatazione patologica di un’arteria, è sempre destinato a peggiorare, se non curato tempestivamente, perché quanto più il segmento vascolare si allarga, tanto più aumenta la pressione del sangue che, premendo le pareti del vaso verso l’esterno, ne incrementa la dilatazione, peggiorando ulteriormente la situazione che può degenerare in una rottura (con conseguente emorragia, a volte letale).”
Quello appena descritto viene definito “effetto Venturi” e si ricava applicando legge di Bernoulli ad un tubo la cui sezione orizzontale non varia di quota.
Allora come intervenire per prevenire la rottura dell’aneurisma?
Esistono varie tipologie di trattamento per gli aneurismi. Queste differiscono in base alla gravità dell’aneurisma stesso (il rischio di rottura è legato al suo diametro), alla tipologia e al distretto anatomico in cui viene a verificarsi. Una volta diagnosticato possono essere richiesti controlli periodici ed un frequente monitoraggio della pressione sanguigna oppure, se necessario, si ricorre all’intervento chirurgico o a quello endovascolare.
L’intervento chirurgico tradizionale consiste nell’asportazione del tratto di arteria contenente l’aneurisma e la sua sostituzione con una protesi biologica. Un’alternativa consiste nell’approccio microchirurgico attraverso il quale si va a chiudere la base dell’aneurisma con una clip metallica, sigillando così il rigonfiamento dall’esterno.
L’intervento endovascolare consiste, invece, nel riparare il difetto dall’interno. Mediante angiografia, si va a posizionare uno stent metallico a livello dell’aneurisma così da favorire la coagulazione nel sito di impianto. Così facendo, la parete vascolare si rafforzerà e andrà a rimodellarsi seguendo la maglia dello stent. Sempre a livello endovascolare possiamo citare la procedura di coiling. In questo caso, vengono inserite delle spirali metalliche all’interno dell’aneurisma. La conseguente coagulazione porterà poi all’occlusione di quest’ultimo.
In caso di rottura, invece, è necessario intervenire prontamente per fermare l’emorragia. In questo ambito, sono in corso studi volti a sostituire i classici punti di sutura con soluzioni che risultino più rapide ed efficaci.