Spesso, parlando di Ingegneria Biomedica, ci si accorge che l’interlocutore sembra non aver ben chiaro di cosa si tratti, mostrando una certa espressione di smarrimento.
Spesso accade anche che gli studenti delle scuole superiori, nei giorni in cui iniziano a pensare verso quale facoltà universitaria indirizzarsi, rimangano affascinati dalla parola Biomedica o dalla parola Bioingegneria, senza però comprendere bene di cosa ci si occupa.
Cerchiamo, dunque, di fare un po’ di chiarezza su quali sono i campi di applicazione di questa branca dell’ingegneria.
L’Ingegneria Biomedica (o Bioingegneria, da non confondere con Biotecnologie) è la disciplina che utilizza le metodologie e le tecnologie proprie dell’ingegneria al fine di comprendere, formalizzare e risolvere problematiche di interesse medico-biologico, mediante una stretta collaborazione fra specialisti dei vari settori, fisici, ingegneri, medici e biologi.
Storicamente nasce da un lato grazie alle applicazioni di varie discipline (meccanica, chimica, elettronica) sviluppatesi autonomamente all’interno del proprio ambito a partire dagli sviluppi della biomeccanica, della biochimica, dei biomateriali, dell’elettrofisiologia, della neurofisiologia, delle scienze cognitive, della biosistemistica; dall’altro dall’approccio di sintesi di tipo cibernetico tendente a mettere al centro il sistema biomedico in oggetto (un organo, una cellula, una funzione organica, un processo biochimico, una struttura sanitaria, una sala operatoria) risolvendone le problematiche con le varie conoscenze dell’ingegneria. Oggi è consolidata l’identità dell’ingegneria biomedica come disciplina autonoma ed insieme trasversale ad altre tradizionali ingegneristiche, essendone l’applicazione di queste alla biologia e alla medicina.
I campi di applicazione, dunque, sono svariati. E non bisogna pensare esclusivamente all’ambito medico. Infatti, l’ingegnere biomedico può trovare impiego anche nel mondo dello sport, nell’ambito della progettazione di attrezzature e strumentazioni. Basti pensare al “semplice” sellino di una bicicletta o alla postazione di un canoista, oppure ai tapis roulant con cardiofrequenzimetro.
E’ una delle branche dell’ingegneria più versatili e ricche di sfaccettature e, per questo motivo, i rami in cui si divide il percorso di studi sono svariati. Si va dall’ingegneria per cellule e tessuti, che si occupa della ricerca nell’ambito degli organi artificiali, alla neuroingegneria, che studia i sistemi neurali e cognitivi. Dalle tecnologie elettroniche -e quindi progettazione di dispositivi e strumentazioni elettromedicali- all’ingegneria per immagini e segnali biomedici. Un altro settore di competenza dell’ingegneria biomedica è l’ingegneria clinica: un settore di grande e fondamentale rilievo nelle strutture ospedaliere. L’ingegnere clinico si occupa della valutazione, installazione, manutenzione, adeguamento della strumentazione e delle attrezzature in uso nei servizi sanitari. Inoltre, il settore dell’ingegneria clinica comprende la progettazione e l’implementazione di sistemi informatici di gestione dell’informazione clinica, come i PACS (Picture archiving and communication system).
Per concludere con alcuni esempi pratici, sono frutto della bioingegneria le protesi ortopediche, i cuori artificiali miniaturizzati, la mano bionica capace di percepire il senso del tatto, iCub: un robot che “impara”, il robot per chirurgia mini-invasiva “Da Vinci“…
“Grazie al nuovo pensiero cosmologico, la bioingegneria non è qualcosa che viene imposta in modo artificiale sulla natura ma qualcosa che viene generato dal processo evolutivo stesso della natura. Anzi, la bioingegneria è il passo successivo del processo evolutivo. E quindi, ogni sforzo di resistere alla bioingegneria sarebbe alla fine inutile e autolesionista, perché cozzerebbe contro ciò che è ‘naturale'” (Jeremy Rifkin)