Le applicazioni degli algoritmi nel mondo sanitario, non sono di certo una
novità; impiegati da diversi anni nei più svariati settori (diagnostica,
ricerca, statistica) il loro utilizzo si è spesso rilevato fondamentale per il
raggiungimento di alcuni obiettivi sanitari. Da un po’ di tempo però, gli
algoritmi sono in grado di riconoscere le patologie di una persona
semplicemente analizzando i parametri della voce. Ci si aspetta che funzioni anche con il Covid-19, un algoritmo già temprato per questo genere di diagnostica.
Ed uno di questi è VoiceWise, startup e spin off dell’Università di Roma Tor Vergata, brevettato nel 2014, in grado di riconoscere il Parkinson (lo studio è stato pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica “Parkisonism & Related Disorders”) e la Tubercolosi (il cui studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica “Journal of Communication, Navigation, Sensing and Services”). Adesso ci si aspetta che funzioni anche con il Covid-19, un algoritmo già temprato per questo genere di diagnostica.
“Con il Covid-19 ci aspettiamo che funzioni molto bene, dal momento che i polmoni sono tra i protagonisti maggiormente coinvolti nella comunicazione verbale” – ci spiega Giovanni Saggio, ingegnere, ricercatore e docente dell’Università di Roma Tor Vergata, nonché co-autore delle ricerche e direttore scientifico di VoiceWise.
Ma un algoritmo è davvero in grado di capire chi è affetto da Covid-19 analizzando la voce? Se si, può funzionare anche con gli asintomatici? Il collega Antonio Piazzolla, menzionato sul numero di Maggio di Milliomaire a pagina 100, lo ha chiesto al prof. Saggio che spiega come adesso si attende il via libera di un comitato etico per sperimentare l’algoritmo sui pazienti affetti da Coronavirus.
“L’idea nasce da una collaborazione che ho avuto con un collega indiano, dove in India la voce viene considerata ‘lo specchio dell’animo’. In effetti può dirci molto sulla condizione di salute di una persona; faccio l’esempio di quando si va dal medico e quest’ultimo dice al paziente ‘dica trentatré’; dall’espressione del numero trentatré, il medico è in grado di stabilire se vi è qualche problema polmonare oppure no. L’algoritmo, brevettato nel 2014, non è altro che un’estensione di questo concetto e sta dando risultati molto interessanti per diverse patologie. Abbiamo cominciato la sperimentazione in India valutando due patologie particolarmente significative in quel paese: tubercolosi e febbre gialla; nel primo caso abbiamo misurato 312 pazienti e per 309 è stata individuata correttamente la patologia. In Italia stiamo lavorando da circa 3 anni sui pazienti affetti da Parkinson insieme al dottor Pisani del Policlinico Tor Vergata, vincitore lo scorso anno del premio della ‘Michael J. Fox Foundation’; abbiamo analizzato la voce dei parkinsoniani de novo, vale a dire allo stato iniziale della malattia dove fare diagnosi è molto più complesso: nonostante questo abbiamo ottenuto un’accuratezza pari al 95%”
“Una frase ha un contenuto molto ricco di informazioni. Dall’analisi spettrale viene fuori un certo numero di parametri; ne abbiamo trovati più di 6300 in una singola frase. Se si è affetti da una patologia, qualche decina di unità di questi parametri subisce una variazione, impercettibile quindi all’orecchio umano ma non ad un algoritmo. Ogni patologia comporta la variazione di parametri diversi, pertanto lo studio della voce permette di determinare da cosa si è affetti. L’algoritmo è in grado di riconoscere patologie che interessano organi diversi, comprese quelle neurologiche come Alzheimer e Parkinson, così come è possibile monitorare lo stato
febbrile e il quadro clinico generale di un individuo. In un certo senso l’analisi della voce è comparabile all’analisi del sangue“.
“Mi aspetto che funzioni molto bene perché il Covid-19 intacca i polmoni, e dunque è evidente che la variazione della funzionalità dei polmoni possa essere manifestata anche dalla voce. E’ quasi normale aspettarsi una variazione della voce ed è presumibile che i parametri della voce cambino in base all’entità della patologia. L’algoritmo non solo potrebbe stabilire se un individuo è affetto o meno da Coronavirus, ma potrebbe anche stabilire lo stadio della patologia (COVID-19); il medico pertanto può decidere di procedere con un ricovero in tempi maggiormente utili piuttosto che quando la situazione è già precipitata. Non solo, potremmo geo-referenziare una zona, chiamando i casi sospetti al telefono e i relativi vicini di casa, delineando quindi se si sta creando un focolaio in una zona piuttosto che in un’altra”
“Si, perché anche se non presenta sintomi il virus è all’interno del polmone, ‘sta lavorando’ e la sua attività modifica i parametri della voce, seppur a basso impatto e in maniera irrilevante per l’orecchio umano”.
“L’algoritmo non si sostituisce al tampone, ma rappresenta solo un campanello di allarme. Quello che possiamo fare è semplicemente stabilire se è il caso di fare un tampone oppure no, monitorando l’andamento della patologia”.
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