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Covid19, come hai reagito psicologicamente alla pandemia? Tutto dipende dalla tua infanzia

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Covid19 Pixabay (foto) - www.biomedicalcue.it

Covid19, come abbiamo risposto alla pandemia e come questo dipende da quello che abbiamo portato con noi psicologicamente?

Covid19, anche se oggi non è più un’emergenza il periodo della pandemia ha certamente segnato le nostre vite. Il cambiamento radicale di abitudini, la perdita di persone care, l’attenzione e la familiarità con dispositivi di protezione personale come le mascherine sono alcuni elementi che difficilmente scorderemo.

Il modo di affrontare quelle situazioni traumatiche dipende molto da come abbiamo vissuto la nostra infanzia secondo gli esperti, così come i nostri metodi di reazione involontari ora che l’emergenza è passata. Infatti, il periodo di espansione del Coronavirus ha causato una sorta di stress generalizzato, a cui ognuno ha reagito a suo modo.

Durante quegli anni una delle reazioni forse più ricordata è il cantare dai balconi l’inno nazionale, oppure delle canzoni che servissero a farsi coraggio a vicenda anche se non c’era modo di vedersi o di stringersi la mano. Un altro metodo per riprendersi in qualche modo era il motto Andrà tutto bene, scritto sulle lenzuola a mo’ di striscioni.

Oggi che tutto questo è passato stiamo ancora inconsapevolmente reagendo a un evento traumatico, con effetti che gli esperti in psicologia spiegano anche tenendo conto dell’infanzia. Infatti, è proprio in quel momento che si sviluppano i primi comportamenti in reazione agli stimoli del mondo esterno. Ecco come.

Covid19, come la pandemia parla alla psicologia

È proprio nella primissima infanzia che la persona sviluppa le cosiddette mappe neurali, cioè le strutture costituite da cellule nervose che servono poi per gestire le risposte successive all’ambiente esterno. Una mappa neurale è, per esempio, il comportamento di non avvicinarsi al fuoco se ci si è bruciati la prima volta. In più, il sistema ipotalamo, ipofisi e surrene interviene nelle situazioni di stress generando cortisolo, che serve per calmare l’organismo.

Un recente studio in proposito ha dimostrato che dove c’è un buon attaccamento genitoriale i livelli di cortisolo sono più bassi e il bambino, una volta adulto, riesce a rispondere meglio alle situazioni stressanti. Invece, i bambini che non hanno ottenuto quell’affetto nell’infanzia diventano adulti insicuri, che reagiscono in modo irrazionale alle difficoltà di qualsiasi tipo. Quindi chi ha avuto un’infanzia felice ed è sicuro di se stesso ha potuto affrontare la crisi pandemica con più lucidità.

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Covid19 Pixabay (foto) – www.biomedicalcue.it

Il rapporto tra attaccamento e pandemia

L’emisfero destro si sviluppa nei primi 2 anni di vita. Questo emisfero ha il compito di gestire le emozioni e si basa sulle relazioni che si hanno con l’esterno nei primissimi anni di vita. Alla base della salute mentale, l’emisfero destro è il centro delle risposte automatiche che una persona può dare in qualsiasi fase della sua vita. Un buon attaccamento consente quindi di avere un emisfero che si sviluppa coerentemente e reazioni automatiche reattive.

Invece, quando l’attaccamento viene meno, le reti neuronali si organizzano in modo da affrontare il trauma in arrivo. Il risultato è in una risposta altrettanto traumatica, come abbiamo potuto vedere nelle reazioni durante il Covid19 e nel post-pandemia, quando alcune persone hanno trovato maggiore difficoltà nel riprendere la vita di tutti i giorni. Insomma, l’infanzia ha le sue conseguenze anche oggi.