Le crisi convulsive febbrili nel bambino hanno un’incidenza che va dal 4% al 10% e rappresentano una delle fonti principali di preoccupazione per i genitori. In particolare, la più alta incidenza di crisi convulsive è stata riportata nei bambini di età inferiore ai 3 anni, con tassi in calo nei bambini più grandi.
Innanzitutto, con il termine “convulsione” ci riferiamo ad una contrazione involontaria della muscolatura causata da un’attività anomala di determinate cellule del cervello. Nei bambini le convulsioni si presentano maggiormente durante gli stati febbrili, ma ci sono casi differenti non associati a febbre che suscitano preoccupazione.
Nel primo caso, quando lo stato febbrile è la causa principale non è la febbre di per se a generare le crisi convulsive, ma i ripetuti sbalzi di temperatura che mandano “in tilt” le cellule cerebrali deputate all’omeostasi della temperatura corporea. In caso di convulsioni in assenza di febbre, invece, si può pensare ad una vera e propria crisi epilettica.
Approfondiamo le cause responsabili dell’insorgenza delle convulsioni. Queste si verificano nei bambini che hanno febbre superiore ai 38 °C, ma senza alcuna infezione del sistema nervoso centrale.
In realtà, la vera causa è del tutto sconosciuta, sebbene gli studi suggeriscano che un sostanziale aumento della temperatura corporea sia il fattore scatenante. Inoltre, sono stati identificati diversi geni in cui la presenza di anomalie sembra favorire queste crisi convulsive. Due sono le condizioni maggiormente correlate allo sviluppo di convulsioni:
Sebbene le crisi convulsive abbiano sintomi piuttosto simili alle crisi epilettiche, i due fenomeni si differenziano di molto dal punto di vista della loro natura. Ad oggi, l’epilessia a differenza delle crisi convulsive viene riconosciuta come una patologia del sistema nervoso centrale, un vero e proprio disturbo neurologico in cui l’attività delle cellule nervose si blocca provocando convulsioni, comportamento inusuale e perdita di coscienza. Alla base dell’epilessia possono esserci diversi fattori:
La probabilità che un bambino colpito da convulsioni febbrili sviluppi epilessia è davvero bassa, ma il fenomeno non è da sottovalutare. Un’attenta diagnosi permette di assicurarsi sulla natura sporadica del fenomeno. Innanzitutto, precisiamo che un singolo episodio di convulsione febbrile difficilmente comporta gravi conseguenze nel bambino perché, come detto, nelle convulsioni febbrili non vi sono alterazioni del SNC. La diagnosi prevede un’attenta analisi del racconto dell’episodio ed un esame neurologico. Il medico pone delle domande al genitore per fare un’anamnesi più accurata possibile:
Laddove dall’esame si sospetta un eventuale danno del SNC, si procede con una TAC o risonanza magnetica ed una rachicentesi (puntura lombare per il prelievo del liquido cefalorachidiano). In alcuni casi si procede con l’esecuzione dell’elettroencefalogramma; l’EEG di un bambino affetto da un singolo episodio è in genere normale. Importante è non effettuare tale esame in presenza di febbre; una temperatura corporea elevata potrebbe alterare l’esito del test.
Sulla necessità di effettuare l’EEG ci sono ancora oggi due differenti “strade” di pensiero. Alcuni ricercatori convinti che un caso sporadico di crisi convulsive non alteri il tracciato, non ritiene necessario effettuarlo, mentre altri ritengono fondamentale eseguire il test per avere ulteriore conferma del non coinvolgimento del SNC.
Come già accennato, se le convulsioni sono di natura febbrile non comportano danni e, pertanto, non necessitano di un trattamento specifico. La maggior parte dei genitori, presi dallo spavento credono che abbassare la febbre sia la soluzione migliore; in realtà, somministrare antipiretici per bocca durante la crisi con lo scopo di abbassare la febbre è sconsigliato in quanto il bambino rischierebbe il soffocamento.
I medici provvedono, invece, a somministrare farmaci specifici nei casi in cui la crisi durasse più di 15 minuti. Per il pericolo di soffocamento, già spiegato precedentemente, i farmaci deputati all’interruzione della crisi convulsiva vengono somministrati per via rettale o endovenosa.
I farmaci maggiormente utilizzati sono le benzodiazepine: farmaci ansiolitici con effetti anche ipnotici, anticonvulsionanti e anestetici. Questi farmaci agiscono stimolando il sistema GABAergico, in particolare aumentano l’effetto del neurotrasmettitore GABA a livello del suo specifico recettore esplicando le funzioni sopraelencate.
Il trattamento non termina qui; risolte le crisi convulsive si approfondiscono le cause scatenanti del fenomeno e se si evince una diversa causa da quella febbrile, si sceglie il corretto trattamento della malattia.
Durante una crisi convulsiva: