Il cromosoma Y sta sparendo, ma sarà la fine del genere maschile? Facciamo un passo indietro. La cellula è la complessa unità costituente degli organismi, siano essi unicellulari, ossia composti da una sola cellula, che pluricellulari, vale a dire quasi tutti gli organismi esistenti, in cui sono presenti diversi organi, tessuti e apparati, composti da tante cellule di differente lignaggio. Al centro di tale unità fondamentale degli esseri viventi risiede il nucleo, delimitato da un involucro nucleare, sede dell’informazione genetica sotto forma di molecole di DNA.
Le cellule presenti negli organismi pluricellulari si duplicano per mitosi e tale processo consente all’organismo di crescere e rinnovarsi. Prima della mitosi o ciclo cellulare, il DNA si trova disperso nel nucleo sotto forma di cromatina, un groviglio di filamenti associati a delle proteine e solo con la divisione cellulare si addensa, dando origine ai cromosomi.
Tale processo avviene anche con la meiosi, propedeutica per la riproduzione della specie, la quale è responsabile di una particolare divisione nucleare, che dimezza il patrimonio genetico dei gameti di un individuo genitore, per consentire a quest’ultimo di unirsi ad un altro corredo dimezzato, derivante dall’altro genitore
I cromosomi, all’interno del processo di mitosi, svolgono un ruolo importante, poiché sono sia responsabili del trasporto dell’informazione genetica e sia, tramite il loro numero in ciascuna cellula, identificativi della specie vivente. Focalizzando l’attenzione sugli esseri umani, la maggior parte delle cellule sono somatiche e diploidi, cioè hanno un doppio corredo cromosomico.
Per tale motivo, ogni cellula ha 46 cromosomi, 23 di origine materna e 23 di origine paterna, ottenuti dalla suddetta meiosi ed i cromosomi che identificano la coppia sono definiti omologhi. È essenziale perciò che prima della suddivisione della cellula, il numero di cromosomi si raddoppi in modo tale che ciascuna cellula figlia abbia lo stesso corredo cromosomico della cellula madre, perciò nel processo di mitosi si parte da una cellula diploide e si ottengono due cellule diploidi finali.
Nella meiosi, sono coinvolti solo i gameti, i quali possiedono una singola serie di cromosomi e per tale motivo la cellula viene definita aploide, questo perchè il numero è dimezzato, al fine di garantire che il corredo cromosomico si mantenga stabile per ogni generazione. Tramite la successiva fecondazione, il processo che permette l’unione di due gameti (spermatozoo dell’uomo e cellula uovo della donna), si dà origine allo zigote, la cellula che permetterà la nascita di un nuovo individuo.
Il termine cromosoma fu coniato nel 1888 dall’anatomista Waldeyer, il quale deriva dall’unione di due parole greche chroma che significa “colore” e soma che significa “corpo”, ad indicare la peculiarità dei cromosomi di colorarsi se trattati con specifiche sostanze chimiche. I cromosomi sono composti da un filamento lungo di DNA e contengono migliaia di geni, quest’ultimi occupano una posizione specifica, definita locus.
La struttura condensata dei cromosomi ricorda una “X” ed è costituita da due molecole di DNA compatte, chiamate cromatidi paralleli o cromatidi fratelli, uniti al centro del centromero. Le 46 coppie di cromosomi sono suddivise rispettivamente in 22 coppie di cromosomi, detti autosomi non sessuali, i quali si accoppiano per forma, dimensione e posizione dei geni. La ventitreesima coppia è composta dai cromosomi sessuali, i quali identificano il sesso del nascituro.
I cromosomi sessuali, a differenza degli autosomi, sono suddivisibili in cromosoma X e Y e rispettivamente la madre avrà due cromosomi XX ed il padre XY. Nonostante il cromosoma X contenga molti più geni rispetto al cromosoma Y, pochissimi di questi intervengono nella determinazione del sesso del feto. È, invece il cromosoma Y che contiene il gene fondamentale per lo sviluppo maschile dell’embrione.
Il cromosoma Y, contenendo pochi geni e molto DNA non codificante ed essendo molto più piccolo rispetto al cromosoma X, si pensa possa scomparire, portando all’estinzione del genere maschile. L’ipotesi nasce da uno studio condotto dalla genetista Jennifer Graves presso la Trobe University di Melbourne, la quale dichiara che il cromosoma Y, 166 milioni di anni fa avesse 1669 geni ed ora ne ha solo 45, con un calcolo che porterebbe alla sua scomparsa in 4.5 milioni di anni.
Tale perdita di geni può essere la conseguenza del fatto che il cromosoma Y, non ricombinandosi, abbia accumulato una serie di mutazioni che, eliminate tramite la selezione naturale, hanno portato alla riduzione della sua dimensione. In secondo luogo, il cromosoma Y ha soltanto una copia delle informazioni che si trovano sul cromosoma X e ciò può comportare che, se vi dovesse essere un malfunzionamento, ciò potrebbe scaturire una patologia per l’individuo.
Diversi sono gli studi condotti per comprendere se la perdita di geni del cromosoma Y possa portare la scomparsa del sesso maschile, ma questa ipotesi non sembra abbia trovato riscontro. Infatti, altri animali tra cui la arvicole talpa dell’Europa orientale ed il ratto spinoso Amami del Giappone, hanno perduto il cromosoma sessuale Y e nonostante ciò, sono riusciti a generare comunque il sesso maschile.
Lo studio sul ratto spinoso Amami, riportato nell’articolo del professore Asato Kuroiwa del Dipartimento di Biologia dell’Unversità di Hokkaido, in particolare, fa desumere che, anche in carenza del gene SRY, vi è la generazione del sesso maschile. In tale ricerca, si è scoperto che nel cromosoma numero 3 nel ratto spinoso, il quale è vicino al gene S0X9, vi risieda una differenza genetica tra sesso femminile e maschile.
La distinzione tra i due sessi, in particolare, è determinata dal fatto che il corredo cromosomico maschile contenga comunque un frammento di DNA non presente nelle femmine e che questo si sia trasferito dall’estinto cromosoma Y, permettendo di continuare l’evoluzione del genere maschile. Per questo motivo, ciò potrebbe accadere anche nell’essere umano, generando un nuovo gene responsabile della determinazione del sesso maschile, per poter dare continuità alla specie umana.
Inoltre, bisogna sottolineare un aspetto essenziale: il sesso maschile nell’embrione è determinato dal gene SRY, che si trova sul cromosoma Y e questo è, a sua volta, avviato dal gene SOX9. Va, tuttavia, considerato che vi sono anche altri geni che sono espressi in modo differente tra maschi e femmine e che questi non sono determinati da geni viventi sui cromosomi sessuali. Questi, ad esempio ESR1, codificano per i recettori degli estrogeni, che sono essenziali per la crescita femminile.
La risposta è no, nonostante il cromosoma Y stia subendo un processo di degradazione, dovuto alla mancanza di ricombinazione genetica, il corpo umano è comunque una “macchina” resiliente all’ambiente in grado di adattarsi ai cambiamenti e ad evolversi di conseguenza. Non bisogna, altresì, dimenticare il fattore ricerca, che contribuisce costantemente con sviluppi terapici sempre nuovi.
A cura di Valentina Maria Barberio