Dermatite atopica: sintomi, diagnosi, impatto socioeconomico
Dermatite atopica, patologia che coinvolge il 10% della popolazione europea e di difficile diagnosi per gli adulti. Nasce da fattori genetici e ambientali con una patogenesi ampia e complessa.
La dermatite atopica colpisce il 10% della popolazione europea e i sintomi hanno un grande impatto sociale ed economico sia per il paziente che per i familiari. Avere una diagnosi giusta e il più rapida possibile resta l’obiettivo degli esperti. La difficoltà sta proprio nel distinguere questa patologia da altre forme simili che si presentano negli adulti e negli anziani.
Cos’è la dermatite atopica
La dermatite atopica è una patologia classificata come leggera, moderata o grave in base al punteggio SCORAD (Severity Scoring of Atopic Dermatitis). Questo punteggio viene calcolato con un’analisi visiva, combinando l’estensione e l’intensità dell’eczema, con i problemi pratici come prurito e disturbo del sonno. Mentre l’estensione ed intensità sono valutati dal medico, il terzo parametro è soggettivo e dipende da quanto il paziente risente della sua condizione. Per questo attualmente, la dermatite atopica è considerata una patologia multifattoriale.
Nel 60% dei casi di dermatite atopica si può dimostrare una storia familiare di atopia: se un genitore ha una predisposizione atopica vi è il 60% delle possibilità che i figli siano atopici; se entrambi i genitori sono atopici la percentuale aumenta fino all’80%. La predisposizione genetica rappresenta quindi l’elemento centrale, mentre alcuni fattori ambientali agiscono da elementi scatenanti.
Tra i fattori ambientali, di primaria importanza è la presenza di allergia agli acari della polvere, riscontrabile nella grande maggioranza dei soggetti con dermatite atopica, soprattutto in età infantile.
La dermatite atopica è causata dalla mutazione di alcuni geni che alterano il normale funzionamento delle proteine. In particolar modo, è stato osservato che nel 20-40% dei pazienti che soffrono di dermatite atopica c’è un’alterazione del gene che codifica la proteina filaggrina, cioè la proteina che ha il compito di proteggere l’organismo da agenti irritanti e allergeni in grado di scatenare una risposta immunitaria sostenuta principalmente da infiammazione di tipo 2. Quindi, la mancata sintesi della proteina filaggrina porta alla compromissione della barriera cutanea.
Indipendentemente se la cute è lesionata o meno, dermatite atopica è sinonimo di barriera cutanea compromessa, cioè aumento della perdita di acqua e PH, alta permeabilità agli agenti esterni e alterazione dei lipidi.
Come i sintomi provocati della dermatite atopica impattano sulla vita sociale dei pazienti
La dermatite atopica si manifesta con sintomi che possono impattare prepotentemente sulla vita sociale del bambino e dell’adulto. Infatti la dermatite non è solo legata all’aspetto medico, ma anche ad una serie di sintomi importanti, come il prurito e l’aspetto estetico, che causano problematiche sociali che influenzano la qualità della vita.
Il prurito è sicuramente il sintomo più importante perché incide sulla qualità del sonno. Di notte il prurito aumenta per una serie di ragioni legate a modificazioni ormonali e ritmi circadiani. Ciò provoca una perdita maggiorata di acqua trans epidermica e la pelle diventa ancora più secca aumentando lo stimolo del prurito. Grazie a devices come polisonnigrafi e app medicali che misurano la quantità di sonno del paziente è possibile valutare qualitativamente e quantitativamente l’impatto della malattia sul paziente piuttosto che sulla diagnosi vera e propria.
Altro importante sintomo della dermatite atopica è l’alterazione dell’aspetto estetico che può provocare isolamento e non accettazione di sè stessi. E’ stato dimostrato che alcuni soggetti affetti da atopia hanno subito episodi di bullismo e isolamento. Gli adulti sono meno soggetti ad episodi di bullismo e imparano a convivere con la malattia nella maggior parte dei casi anche grazie all’aiuto di professionisti. Può restare però una difficoltà ad accettare il proprio aspetto fisico e la tendenza a ridurre i momenti di socialità.
La dermatite atopica può penalizzare la performance scolastica e lavorativa, sia per via della continua necessità di grattarsi che può ostacolare il normale svolgimento delle attività quotidiane, sia per la mancanza di sonno notturno, che genera spossatezza, stanchezza, sbalzi di umore e difficoltà di concentrazione negli studenti. La deprivazione del sonno, inoltre, pone i pazienti a maggior rischio di incidenti di varia natura o infortuni lavorativi. Mentre chi svolge lavori manuali o per i quali è necessario indossare dispositivi di protezione individuale può riscontrare problemi.
Non è da meno l’influenza che questa malattia ha sui rapporti genitore figlio. Succede spesso che i genitori si sentono impotenti non sapendo come intervenire per evitare che il figlio si ferisca e si faccia male. Vorrebbero dare conforto con un abbraccio ma evitano di toccarlo per timore di infiammarne ancora di più la pelle.
L’indagine condotta da Doxa Pharma ha dimostrato che la dermatite atopica ha un grande impatto sociale sugli adolescenti
Un’indagine condotta da Doxa Pharma ha compreso il reale peso psicologico e sociale della malattia. I risultati sono stati citati nel “Libro Bianco della Dermatite Atopica: stato dell’arte in Italia e unmet needs” pubblicato lo scorso Maggio. Questo libro spiega anche come il peso della malattia sul vissuto quotidiano dei pazienti e dei familiari vari considerevolmente in base alla forma di dermatite atopica.
Dall’analisi Doxa emerge infatti come la fascia di età compresa tra i 12 e i 15 anni sia la più fragile, che risente maggiormente della patologia. Il 92% di loro per esempio rileva limitazioni della routine quotidiana a fronte di un 78% sul campione totale. Mentre l’80% lamenta un impatto negativo sulla qualità di vita (a fronte di un 52% sul campione totale) e l’88% denuncia episodi di bullismo o autoisolamento (a fronte di un 67% sul campione totale).
Secondo il Libro bianco, un terzo degli adulti tende ad assentarsi da lavoro o essere improduttivo per alcuni giorni del mese, anche a causa di episodi di discriminazione. In media, si legge, “gli adulti italiani con dermatite atopica da moderata a grave hanno perso nove giorni di lavoro all’anno a causa della patologia ed hanno riportato una perdita di produttività durante il lavoro per 21 giorni”.
Un paziente costa in termini economici dai 4000 ai 20000 euro annui
Secondo un’indagine Ansa, in media un paziente affetto da dermatite atopica può arrivare a costare sui 6600 euro annui. Di cui il 45,2 % dovuto a costi diretti relativi al trattamento farmacologico, il 32,1% a costi indiretti dovuti a perdita di produttività e il 22, 7% ad altre voci di gestione della condizione come visite, esami ematochimici. Non sono esenti i caregiver dei bambini atopici, il cui onere finanziario è stimato in 1.254 euro all’anno (per poi aumentare con le forme più gravi). Quest’ultima somma è attribuibile principalmente a creme idratanti, detergenti e consultazioni con specialisti privati. E costi indiretti con una perdita di produttività pari a 2,5 giorni di lavoro all’anno.
Oggi, i costi di gestione della malattia sono per lo più a carico di pazienti e caregiver. Sicuramente vedremmo una riduzione dei costi se la dermatite atopica fosse compresa all’interno del Piano nazionale della cronicità e/o tra le patologie comprese nei Livelli essenziali di assistenza. L’idea è quella di avviare un percorso per il riconoscimento della malattia sia delle forme leggere che severe. Sfruttando il PNRR, sarebbe importante garantire la figura del dermatologo all’interno delle Case di Comunità così come sarebbe utile attivare per questo tipo di pazienti la sanità digitale, in modo da sviluppare un modello e costruire un percorso diagnostico terapeutico assistenziale.
La diagnosi della dermatite atopica
La diagnosi viene eseguita basandosi sull’esame obiettivo delle lesioni cutanee, sulla loro localizzazione topografica e sulla storia personale e familiare del paziente. Esistono anche alcuni esami del sangue che possono aiutare, come i livelli di IgE, ma non sempre presentano particolari alterazioni. Un altro elemento considerato in fase di diagnosi è la presenza di altre patologie che hanno una base patogenetica comune con la dermatite atopica, come l’asma, la rinite o la congiuntivite.
Mentre la diagnosi di dermatite atopica per i bambini arriva subito, la diagnosi degli adulti è ancora tardiva. Questo perchè chi ne soffre trascorre anche diverso tempo senza sapere esattamente di cosa si tratta, passando da uno specialista all’altro con diagnosi generiche di prurito o di eczema. Oltretutto, con l’avanzare dell’età la diagnosi diventa ancora più difficile perchè il quadro clinico di un anziano è influenzato dall’invecchiamento della pelle che perde la capacità di barriera protettiva. Quindi la pelle di un anziano è più predisposta ad essere secca e prona al prurito.
I primi tentativi per identificare i criteri diagnostici della dermatite atopica risalgono agli anni ’70 e i definitivi sono arrivati solo dopo svariate prove. Fino ad arrivare a quelli più utilizzati, introdotti nel 1980 da Hanifin e Rajka, che comprendono cinque criteri primari e ventidue secondari. Poi revisionati nel 1994 da Williams per cercare di semplificarli. Oggi si sa che molti dei 22 criteri di analisi grafica della prima classificazione sono presenti anche in altre malattie, motivo per cui sono stati in parte abbandonati e la diagnosi è stata rifinita. Questo a dimostrazione di quanto possa essere difficile circoscrivere i segni e i sintomi di questa malattia.
App medicali, AI e big data a supporto di una diagnosi più accurata
Ad oggi esistono applicazioni medicali che permettono di valutare e monitorare la severità degli eczemi, valutando anche gli effetti della terapia. I vantaggi di questo tipo di app sono: il paziente riesce ad essere sempre più autonomo; tra una visita e l’altra, il medico riceve informazioni per ciascun paziente. Purtroppo sono ancora lontani software in grado di aiutare il clinico nella diagnosi con una foto.
Iniziano ad essere note app che permettono di valutare l’impatto della malattia sulla qualità della vita: app collegata a un braccialetto con inserito al suo interno un velocimetro che registra il movimento relativo al grattarsi. Ogni volta che la mano si muove per grattarsi, il dispositivo lo registra e fornisce un output sulla quantità di volte che una persona si gratta. È una delle applicazioni più innovative che sono venute alla ribalta ultimamente.
Comunque i big data e l’intelligenza artificiale rimangono gli strumenti potenzialmente più vantaggiosi. Infatti si stanno studiando nuovi metodi per poter entrare nelle registrazioni quotidiane del paziente e nella gestione dei patients reported outcomes, in modo da restituire dei punteggi che indichino le alterazione della qualità della vita che il paziente può ottenere.