Uno dei misteri più affascinanti (tra i molti) sul cervello umano riguarda la sua origine e in particolare come si sia potuto differenziare dal cervello dello scimpanzé e del gorilla, che sono tra i nostri cugini più prossimi. Una delle differenze più interessanti è che il cervello umano ha avuto un rapido aumento di dimensioni da quando l’uomo si è separato dalle grandi scimmie, ed è circa 3 volte più grande degli attuali scimpanzé e gorilla.
Di recente, una ricerca ha usato organoidi cerebrali per tentare di rispondere, almeno parzialmente, a questa domanda. Gli organoidi cerebrali sono una sorta di “ammasso” di cellule cerebrali cresciute in coltura in laboratorio, e vengono prodotti partendo da cellule staminali che vengono successivamente indirizzate a differenziarsi verso progenitori neuronali, ovvero verso quelle cellule che poi daranno origine ai neuroni. Questi assomigliano, sebbene lontanamente, a piccoli cervelli in provetta e sono molto utili per ottenere diverse informazioni. I ricercatori di questo studio hanno prodotto organoidi cerebrali di uomo, scimpanzé e gorilla per compararli tra di loro.
In maniera paragonabile a quanto avviene in natura, gli organoidi di uomo in laboratorio raggiungono dimensioni maggiori rispetto a quelli dei nostri cugini primati. Durante le fasi precoci dello sviluppo cerebrale, i precursori dei neuroni, chiamati cellule neuroepiteliali, vanno incontro ad una fase di espansione, ovvero una fase di attiva moltiplicazione durante la quale aumentano di numero. Successivamente, questi precursori si trasformano in un altro tipo di cellule, cambiando la loro forma, e iniziando una fase di maturazione e rallentando la loro moltiplicazione.
I ricercatori hanno osservato che nell’uomo, la transizione dei precursori verso neuroni più maturi è ritardata rispetto a quanto avviene in scimpanzé e gorilla, facendo sì che nell’uomo i precursori dei neuroni passino più tempo nella fase di espansione. È facile intuire che più tempo i precursori passano nella fase di espansione e maggiore è il numero finale di neuroni nel cervello. Pertanto, il ritardo di questa transizione, osservato negli organoidi cerebrali da uomo, fa sì che nell’uomo si sviluppi un maggior numero di neuroni e che il cervello raggiunga quindi dimensioni maggiori.
Per cercare di capire quali geni controllassero questa transizione, i ricercatori hanno analizzato i geni che si accendevano e spegnevano durante lo sviluppo degli organoidi, e hanno notato che un gene, chiamato ZEB2, si attivava prima in scimpanzé e gorilla rispetto all’uomo. Per confermare però il rapporto di causa-effetto tra l’attivazione di questo gene e la transizione osservata, i ricercatori hanno ritardato la sua attivazione negli organoidi di gorilla. Il risultato osservato era che gli organoidi di gorilla con ZEB2 “ritardato” si sviluppavano in organoidi che assomigliavano a quelli umani, in particolare avevano dimensioni maggiori.
La controprova era ovviamente quella di anticipare l’attivazione di ZEB2 negli organoidi cerebrali umani per studiarne l’effetto. Il risultato è stato quello che negli organoidi umani con ZEB2 “anticipato”, la transizione da precursori neuronali a neuroni in maturazione era anticipata. Alla fine del processo, gli organoidi umani si sviluppavano con caratteristiche più simili a quelli di scimpanzé e gorilla, in particolare risultavano essere di dimensioni più piccole.
L’ipotesi affascinante è quindi che il gene ZEB2, controllando la tempistica della transizione tra progenitori neuronali e neuroni in via di maturazione, sia almeno in parte responsabile delle maggiori dimensioni del cervello umano rispetto a quello degli altri primati più vicini a noi. E come tale, questo gene potrebbe essere uno dei meccanismi delle differenze cognitive che possiamo osservare tra noi e le scimmie.
Lo studio, basandosi sugli organoidi, ha ovviamente importanti limitazioni. Gli organoidi sono uno strumento molto interessante comparso di recente sul banco dei laboratori di ricerca. Tali strutture biologiche sono ovviamente lontane dagli organi che vorrebbero in qualche modo imitare, e non sono quindi delle repliche esatte, in questo caso, del cervello. Tuttavia, considerando che in molti casi è impossibile (o estremamente complesso) fare esperimenti di questo tipo sugli organi veri, gli organoidi rappresentano un importante strumento nelle mani dei ricercatori.
Articolo a cura di Angelo Molinaro.