Direttamente dall’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) arriva un nuovo dispositivo che è in grado di rilevare la presenza di carica virale del Covid 19 nel respiro.
L’idea non è quella di sostituire i classici strumenti di diagnosi come il test molecolare (tampone nasofaringeo), che continua a essere l’unico metodo affidabile per essere certi dell’eventuale positività al Covid 19, ma l’obiettivo è quello di affiancarlo come test diagnostico rapido e non invasivo su grandi numeri di popolazione con la prospettiva che sarà utilizzabile da personale non specializzato e potrà essere impiegato per rilevare la presenza altri agenti patogeni, cambiando semplicemente ‘esca’ e marca
Dispositivi che si basano sul test del respiro (breath test) già li conosciamo, un esempio è l’etilometro che misura la concentrazione di alcol nel sangue attraverso l’aria espirata dai polmoni, perciò perché non si potrebbe pensare ad utilizzarli anche per scovare il Covid 19? L’ipotesi di base è quella di utilizzare le goccioline (droplet) presenti nel respiro, da cui tanto ci proteggiamo attraverso le mascherine.
Dunque, il dispositivo si chiama “AsDECO” (Asymptomatic DEtection COronavirus), ha dimensioni paragonabili a uno smartphone ed è collegato a un tubo nel quale il soggetto dovrà soffiare, l’eventuale presenza di Covid 19 nel respiro induce nel sensore un cambiamento sulla luce riflessa, individuata attraverso algoritmi identificativi che permettono una risposta in tempi rapidi senza l’utilizzo di reagenti.
Quindi, il meccanismo alla base è che le proteine (non solo quelle virali) presentano intrinsecamente dei marcatori naturali fluorescenti per cui, se colpite da fasci di luce alla giusta lunghezza d’onda, “rispondono” emettendo fasci luminosi caratteristici perciò, l’eventuale presenza o meno del Sars-Cov2 influenza queste manifestazioni di luce rilevabili dal sensore elettro-ottico. Ovviamente questo avviene nel giro di poco tempo, si stimano risultati attendibili entro 10 – 15 minuti.
I vantaggi di un dispositivo del genere sono molteplici: è riutilizzabile e l’assenza di reagenti rende più snello e veloce l’utilizzo, permettendo di effettuare screening su un ampio numero di persone in ambienti come, ad esempio, scuole e aeroporti per individuare, in particolare, i casi asintomatici che hanno un ruolo non indifferente nella trasmissione del Covid 19.
Il dispositivo non è ancora in commercio ma Antonia Lai, ricercatrice del Laboratorio Diagnostiche e Metrologia presso il Centro Ricerche ENEA di Frascati, spiega che “Stiamo lavorando a pieno ritmo per realizzare entro pochi mesi il primo sensore. La sperimentazione sul campo partirà una volta conclusa la parte di laboratorio e sarà gestita da strutture sanitare e ospedali, con i quali stiamo avviando accordi di collaborazione”.
Oltre al tampone naso-faringeo classico il cui esito arriva dopo 24 – 48 ore, abbiamo il tampone rapido (test antigenico) che individua le componenti proteiche del virus su un campione naso-faringeo consentendo un risultato più rapido (circa 30 minuti) e perciò utilizzato nelle postazioni drive – in vicino agli ospedali ma meno affidabile rispetto al tampone molecolare però rimane un utile strumento come primo screening.
In aggiunta abbiamo a nostra disposizione il test sierologico o immunologico che rileva, con un prelievo di sangue, se si è entrati in contatto con il virus, ma non se è in atto un’infezione allo stato precoce e infine il test salivare, che però si presta difficilmente allo screening di massa in quanto richiede comunque un laboratorio attrezzato a supporto.