Un gruppo di ricerca coordinato dall’Università di Modena e Reggio Emilia e dall’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare (IFOM) di Milano ha analizzato e confrontato gli algoritmi matematici più innovativi per ricostruire al computer la forma tridimensionale del genoma umano. Fondamentale per la salute umana, la ricostruzione “3D” del genoma risulta complessa perché nelle cellule il DNA è avvolto nelle proteine e ripiegato all’interno del nucleo, dove è contenuto in uno spazio 200.000 volte più piccolo della sua lunghezza.
Questa particolare disposizione spaziale non è statica ma cambia in continuazione e anche queste dinamiche risultano importanti per determinare il destino delle cellule, la loro funzione, il loro sviluppo e le eventuali anomalie che causano le patologie conosciute.
La tecnica più avanzata attualmente disponibile per ottenere una “fotografia” della struttura 3D del genoma è quella conosciuta col nome di Hi-C: si tratta di un insieme di algoritmi complessi molto potenti, capaci di lavorare sui “big data” della natura, che hanno però il problema di come armonizzare i diversi metodi di calcolo utilizzati. Problema non da poco, che i nostri ricercatori hanno cercato di risolvere unendo le competenze di bioinformatici, biologi, biotecnologi e ingegneri.
“Siamo partiti – spiega Mattia Forcato, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia e primo autore della ricerca – raccogliendo tutti gli algoritmi e i software disponibili per lo studio dei dati prodotti da Hi-C e li abbiamo applicati a decine di campioni rappresentanti tipi cellulari diversi per verificare l’efficacia di ciascun metodo nell’identificare interazioni e strutture tridimensionali del DNA. Questo studio ha richiesto moltissime ore di lavoro al computer e risorse di calcolo molto importanti, ma gli sforzi sono stati ampiamente premiati dalla scelta di Nature Methods di pubblicare la nostra ricerca e di dedicarne la copertina, disegnata da Chiara Nicoletti, assegnista del Dipartimento di Scienze della Vita e co-autore del lavoro”.
“L’enorme mole di dati analizzati e il numero di algoritmi confrontati – aggiunge Francesco Ferrari del Laboratorio di Genomica Computazionale di IFOM – ci hanno permesso di fornire un’immagine dettagliata di quali siano i punti di forza e i limiti degli strumenti bioinformatici attualmente disponibili per lo studio dei contatti del DNA all’interno del nucleo. Questo studio è nato dall’esigenza di fare chiarezza in un campo in rapida evoluzione come lo studio dell’architettura 3D del DNA. L’articolo pubblicato aiuterà i ricercatori a orientarsi nell’analisi e interpretazione dei dati sperimentali. Noi stessi stiamo già usando questi risultati per migliorare la caratterizzazione dell’organizzazione spaziale del genoma”.
La ricerca è stata realizzata grazie a uno startup grant dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, a un programma di oncologia clinica molecolare AIRC 5 per mille, al progetto europeo ERC Denovostem; è inoltre parte di Epigen – Progetto Bandiera Epigenomica, promosso dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) per comprendere come i meccanismi epigenetici regolino i processi biologici determinando le variazioni fenotipiche e la progressione delle patologie.