EC-EYE, l’occhio bionico del futuro che assomiglia a quello umano
Di occhi bionici si parla ormai da anni. Centri di ricerca di tutto il mondo lavorano per ideare dispositivi impiantabili o a contatto con il sistema visivo per ridare la vista a persone cieche o ipovedenti. Ad oggi non ci sono tecnologie in grado di pareggiare le strabilianti capacità sensoriali dell’occhio umano, né tantomeno di superarle. Ricercatori dell’Università di scienze e tecnologia di Hong Kong, in collaborazione con l’americana Berkley, sembrano però prossimi a portare alla ribalta un prodotto altamente innovativo: EC-EYE!
Una retina quasi umana
EC-EYE, cioè ElectroChemical eye, è un occhio bionico che ricalca le principali strutture dell’occhio umano e le loro funzioni. Come il nostro organo, questo dispositivo ha una forma sferica, inglobata all’interno di un guscio metallico. È dotato di una lente che simula il sistema di lenti naturali, un’iride artificiale e una camera riempita di liquido ionico simile all’umore vitreo. Il punto forte su cui gli studiosi stanno focalizzando l’attenzione è la retina che correda questo device.
La componente principale dell’occhio elettrochimico, che lo distingue da dispositivi analoghi, è una matrice ad alta densità di fotosensori nanometrici inseriti in una membrana emisferica in ossido di alluminio. Questo insieme simula la retina dell’occhio biologico, il principale strumento di conversione di immagini ottiche in segnali elettrici. I fotosensori imitano i fotorecettori che popolano la retina naturale. Questi sensori sono dei nanofili inseriti nelle porosità dell’ossido di alluminio e sono realizzati usando la perovskite, un minerale stabile e con ottime capacità optoelettroniche.
I segnali raccolti dai fotosensori in perovskite sono ricevuti e trasmessi a circuiti esterni tramite fili sottili e flessibili in metallo liquido e sigillati in tubi di gomma morbida. Il contatto elettrico tra nanofili e fili viene migliorato sfruttando uno strato di indio, un metallo raro spesso usato in ambito elettronico. Una presa in polimero siliconico mantiene il corretto allineamento tra fotorecettori e fili, che simulano le fibre nervose per portare il segnale elettrico dalla retina al cervello.
EC-EYE contro tutti
L’occhio è un organo di senso importantissimo per molte specie animali. Il nostro cervello acquisisce più dell’80% delle informazioni relative all’ambiente circostante proprio attraverso questo sensore naturale. Non stupisce quindi il fatto che ci sia molta ricerca per creare dispositivi in questo campo. Esistono molti modelli di occhi bionici che agiscono in diverse aree del percorso visivo, ma attualmente sono approvati e in commercio solo impianti retinici, come Argus II.
I dispositivi retinici attualmente disponibili hanno molti limiti e non riescono ad avvicinarsi alle funzionalità dell’occhio biologico. Ad esempio Argus II, che ha ricevuto il marchio CE nel 2020, permette a chi ne usufruisce di captare luce, movimenti, forme, ma non di vedere bene. Questo a causa del numero estremamente basso di sensori impiantati, solo 60. Uno dei punti di debolezza dei classici device è di sfruttare processi di fabbricazione che portano a dispositivi retinici planari, mentre la retina naturale è una concavità emisferica.
La retina del nostro occhio ha una forma ingegnosa che ne determina le peculiari caratteristiche. Il design emisferico riduce la diffusione della luce e migliora la messa a fuoco delle immagini. La struttura a cupola ingloba un elevato numero di fotorecettori, con una concentrazione di 10 milioni di cellule per centimetro quadrato. Essa garantisce un ampio campo visivo, un’eccellente risoluzione visiva e sensibilità anche in condizioni di bassa luminosità. Da questa struttura altamente sofisticata milioni di fibre nervose dipartono e trasmettono continuamente dati al nostro cervello.
Meglio dei nostri occhi?
Il gruppo di ricerca che ha ideato EC-EYE ha creato un prodotto che, in quanto strutturalmente uguale all’occhio, possiede capacità sensoriali confrontabili con quelle naturali. Ad esempio, esso è in grado di rilevare un’ampia gamma di intensità luminose, come nell’occhio biologico. Alla minima intensità luminosa misurata ciascun nanofilo cattura una media di 86 fotoni al secondo, pari alla sensibilità dei fotorecettori naturali. Questa elevata sensibilità è legata alle proprietà della perovskite di cui sono composti i nanofili. Inoltre i sensori hanno dei tempi di reattività agli stimoli luminosi e di recupero, i parametri che determinano la velocità a rispondere a nuovi segnali, comparabili se non addirittura migliori rispetto al caso biologico.
EC-EYE è ancora nello stato di proof of concept, cioè di studio di fattibilità. Al momento ci sono ancora diversi aspetti che devono essere migliorati o presi in considerazioni. In particolare l’attenzione dei ricercatori si sta focalizzando su due aspetti importantissimi: il field of fiew (FOV), cioè il campo visivo, e la risoluzione. La retina artificiale attualmente ha un FOV di circa 100°, superiore ai dispositivi standard, ma minore dell’ampio campo visivo umano, attorno ai160°. Anche la risoluzione di EC-EYE è minore di quella dell’occhio biologico, ma le premesse sono ottime.
Attualmente la retina artificiale di EC-EYE è dotata di bassa risoluzione in quanto avente un array di 100 sensori. Come dimostrato in alcuni test, questa risoluzione permette il riconoscimento efficace solo di alcune lettere dell’alfabeto, come E, I e Y. Immagini complesse richiedono risoluzioni ben maggiori. Gli autori dello studio, pubblicato su Nature, sono convinti però di poter aumentare la densità dei sensori artificiali oltre a dieci volte quella dei fotorecettori naturali, portando il dispositivo ad avere una risoluzione ben superiore rispetto a quella del nostro occhio.
Il futuro di EC-EYE
I ricercatori vogliono arrivare ad un occhio bionico in grado di fornire immagini ad alta risoluzione sia per impianti su soggetti con deficit visivi, ma anche per applicazione nella robotica e per dispositivi con acquisizione di immagini ad alta qualità. EC-EYE non è ancora stato testato su esseri viventi, pur avendo forme e dimensioni compatibili con l’anatomia umana. L’ostacolo principale da affrontare è creare un’interfaccia tra la componente artificiale e il cervello.
Molti altri sono gli aspetti che gli scienziati stanno pensando di integrare in questo studio, partito ormai 10 anni fa. Sono necessari test per stabilire la durata operativa della retina artificiale, dal momento che i dispositivi elettrochimici hanno prestazioni che possono deteriorarsi nel tempo. Si sta pensando di rendere EC-EYE, attualmente necessitante di alimentazione esterna, completamente autosufficiente, sfruttando le proprietà di assorbimento luminoso della perovskite. Scegliendo i giusti materiali si potrebbe aumentare la sensitività e il range spettrale a cui sono sensibili i sensori, cosa che permetterebbe di avere la visione notturna, superando di gran lunga i limiti umani.