I tipi tosti questa volta sono tre ricercatori italiani.
Uno è Benedetto Sacchetti, gli altri, Antino Palano e Marco Ignazio Pappagallo.
Il primo, nato a Bologna nel ’70, da sei anni si occupa dello studio dei circuiti cerebrali coinvolti nelle emozioni e fa ricerche su come formiamo e conserviamo i ricordi di esperienze piacevoli o spiacevoli. Di recente ha scoperto che suoni associati ad un contenuto emotivo specifico attivano determinati neuroni.
“Per capirci – spiega Sacchetti – pensiamo al suono della voce di una persona a noi cara oppure a quella di una persona che ci ha fatto soffrire. Bene, con la mia équipe, di sette ricercatori, ho scoperto che specifiche zone del cervello, ritenute importanti per elaborare i suoni, svolgono un’importante attività legata all’aspetto emotivo dell’esperienza. Esistono, infatti, dei neuroni che si attivano solo per i ricordi piacevoli ed altri solo per quelli spiacevoli. Quando blocchiamo i neuroni attivati da esperienze sgradevoli, il suono, per esempio, la voce di una persona che ricordiamo con sofferenza, sembra perdere la sua valenza emotiva”.
La ricerca di Sacchetti non ha effetti immediati a livello clinico. Però, l’identificazione dei meccanismi cerebrali, che consentono di ricordare esperienze piacevoli o traumatiche, ha importanti ricadute anche per lo studio e il trattamento di alcuni malattie, tipo fobie e disturbi postraumatici da stress. Tuttavia, per arrivare a possibili riscontri terapeutici, serviranno ancora altri anni di studi.
La ricerca di Sacchetti è stata finanziata dall’Unione europea con un milione e duecento mila euro e dalla Compagnia San Paolo.
“Abbiamo collaborato – dice ancora – con il centro di Biotecnologie Molecolari dell’Università di Torino, la Columbia University a New York e ricercatori del National Institute of Health (NIH) americano”.
In futuro?
“Continueremo conclude – a studiare se e in che modo i neuroni attivi nelle esperienze emotive, di cui abbiamo parlato prima, sono coinvolti anche nelle decisioni che prendiamo in presenza di stimoli sensoriali nuovi. Conoscere questi meccanismi è fondamentale per capire cosa succede nei soggetti che, purtroppo, non sono in grado di distinguere stimoli pericolosi da quelli innocui”.
E veniamo all’altro studio, durato un anno e mezzo, di Palano (Oria – Brindisi, ’48) e Pappagallo, (Molfetta, –Bari, ‘77), che si sono concentrati sul mondo subnucleare, scoprendoall’Università di Bari, cinque particelle elementari. Si tratta dei barioni, costituiti dalla combinazione di quarks (charm, strange, strange) – i componenti più piccoli della materia, di cui esistono sei varietà con masse crescenti- che viene indicata con la lettera Omegac.
“Di importane – chiariscono – c’è il fatto che ne abbiamo scoperte cinque nello stesso tempo. Non è mai successo nella storia della fisica delle particelle, che è iniziata quasi cento anni fa. Sono particelle molto strette, cioè, che, nella scala dei tempi del mondo subnucleare, vivono a lungo prima di disintegrarsi. Questa nostra scoperta ci permette di fare passi in avanti nello studio della cosiddetta forza forte (la forza nucleare), la più’ grande esistente in natura, quella che fornisce il carburante delle stelle e lega i quarks nei protoni, neutroni, Omegac e in tutte le particelle subnucleari. E’ molto complessa, difficile da calcolare. Le tecnologie utilizzate per fare queste ricerche sono in continua evoluzione”.
Gli effetti di questo studio?
“La forza nucleare – replica Palano – è una sorgente di energia enorme. Capirla potrebbe implicare che in futuro potremmo produrre energia senza che questo comporti una devastazione del mondo”.
La scoperta dei due è stata definita dal Cern di Ginevra “un focolaio di nuovi ed eccezionali risultati di fisica”.
Nei giorni scorsi i risultati del lavoro sono stati illustrati nella conferenza internazionale ‘Recontres de Moriond Qcd and High Energy Interctions’ organizzata a La Thuile in Val D’Aosta e saranno pubblicati tra breve sulla più prestigiosa rivista scientifica internazionale di settore Physical Review Letters.
Palano e Pappagallo lavorano all’esperimento LHCb, uno dei quattro installati sul grande anello LHC (27 km di circonferenza) del Cern, che coinvolge 769 fisici di 69 università di 16 nazioni, tra cui 13 italiane, a cui si aggiunge l’Istituto nazionale di fisica nucleare, che finanzia con fondi del governo italiano la fisica delle alte energie.
Prima di lavorare nell’esperimento LHCb, i due hanno lavorato nell’esperimento BaBar a Stanford (California). Palano dal ‘96, Pappagallo con la sua tesi di dottorato, dal 2003.