Electro spider: la bio stampante per tessuti e organi made in Italy
Realizzata da una spin off con l’università statale di Pisa e SolidWord, Electro spider ha la grandezza di un vecchio televisore e sarà in grado di ricreare, a partire da una soluzione acquosa contenente cellule del paziente stesso, porzioni di organi di quest’ ultimo. L’obiettivo dell’azienda italiana è quindi quello di ricreare organi umani completamente funzionanti e sicuri da trapiantare, al fine di colmare una tra le principali limitazioni degli interventi chirurgici salvavita: i donatori.
Portando al minimo la complessità del meccanismo ingegneristico, quello che si dovrà fare è inserire la soluzione cellulare nella macchina e fornire le giuste informazioni:
- L’organo finale da creare
- Il materiale usato
- Le propietà meccaniche che le cellule dovranno assumere
ottenendo di fatto un materiale umano.
Sarà possibile quindi avere oggetti ‘quasi vivi’, come vengono definiti in ambito biomedico, utilizzando la tecnica ingegneristica per realizzare organi sostitutivi, senza dover effettuare trapianti, superando anche il rischio di rigetto.
Come funziona la biostampa
La tecnica alla base di electro spider è definita bioprinting o biosatampa ed è molto simile alla stampa 3D, in cui si sfrutta un modello digitale per crearne uno fisico tridimensionale strato dopo strato.
In questa bio stampante, però, al posto dei polimeri di plastica, metallo o polveri si utilizza un bioinchiostro contenente cellule viventi coltivate in vitro nei centri di ricerca ospedalieri.
I primi esperimenti per testare la sicurezza della biostampa hanno visto la produzione di piccole porzioni di cartilagine o pelle, mentre ad oggi la prospettiva che si tenta di raggiungere, tramite Electro spider, è quello di arrivare alla biostampa di interi organi complessi come fegato, reni e cuore. Organi che ad oggi, a causa della complessità anatomica e fisiologica non sono ancora riproducibili con le attuali tecnologie.
Prospettive per un futuro utilizzo
A spiegare le prospettive per il futuro è Giovanni Vozzi, docente di Ingegneria presso l’università di Pisa e capo del centro di ricerca per Biofabrication Lab. Vozzi ci spiega, infatti, che l’obbiettivo per il futuro è quello di arrivare ad avere macchine che, partendo da singole cellule, possano riprogettare l’organo che va sostituito. Tuttavia, a detta di Vozzi, per poter raggiungere questo potrebbero volerci ancora dieci anni, anche considerando gli studi di ricerca condotti all’estero.
Tuttavia quello che oggi potremo realizzare è già utile, perché con una porzione di tessuto umano si potranno fare sperimentazioni per personalizzare le cure, valutare già i risultati di una terapia, dare la giusta dose di principi attivi ad ogni paziente. La medicina personalizzata è il prossimo traguardo.
Giovanni Vozzi
Non solo organi
A fronte dell’ultimo rapporto di mercato, la biostampa 3D ha subito un rallentamento a causa della condizione di pandemia globale causata dal virus Covid-19.
Ciò nonostante, seppur lentamente, l’attività di bioprinting sta riprendendo e questo potrebbe indurre, secondo l’opizione di alcuni esperti, grosse novità anche in altri campi oltre alle applicazioni umane.
Un nuovo ipotetico campo di applicazione del bioprinting potrebbe essere il tessuto su chip. Tale tecnica prevede la miniaturizzazione di tessuti e organi, coltivati in vitro, che consentono di modelizzare malattie e fisioligia del corpo umano. Il bioprinting potrebbe risultare anche utile per testare medicinali e approcci terapeutici come le cure contro il cancro riducendo la necessità di test su animali. Le aspettative per il futuro della tecnica sono quindi numerose.