Emma Marrone e tumore all’ovaio: parlano gli esperti
È di ieri, venerdì 20 Settembre, la notizia che ha sconvolto i fan della cantante salentina Emma Marrone: il tumore alle ovaie che l’aveva già colpita in passato, è tornato.
Infatti, la cantante ha comunicato ai suoi fan, tramite un post su Instagram, la necessità di prendersi una pausa dalla carriera musicale per affrontare il problema di salute.
Neanche 2 mesi fa, avevamo parlato di un altro tipo di tumore: quello al cervello che ha causato la morte di Nadia Toffa.
Una lotta lunga 10 anni
Tutto è iniziato nel 2009, ancor prima che partecipasse e vincesse il talent show Amici, quando la vita di Emma Marrone si divideva tra commessa di giorno e cantante in pub e locali di sera.
In quel periodo, aveva incominciato a perdere peso ma, inizialmente, Emma lo giustificava con la vita frenetica che conduceva, fino a quando non ha deciso di effettuare delle visite di controllo.
Le notizie non erano buone: tumore all’utero e alle ovaie.
Immediato l’intervento, della durata di 7 ore, che miracolosamente andò a buon fine con risultati ottimi senza il bisogno di effettuare chemio o radioterapia ma, purtroppo, la battaglia non era ancora finita.
Nuovamente nel 2013, Emma Marrone è costretta ad allontanarsi dai riflettori per combattere il cancro che era ritornato. L’esito? Asportazione di un ovaio con una tuba.
Ed eccoci qui, di nuovo a combattere la stessa battaglia ma, con la speranza che questa volta il male non ritorni più.
Tumore all’ovaio: fattori di rischio e prevenzione
Tra i fattori di rischio di sviluppare il tumore all’ovaio c’è l’età, infatti, solitamente le donne colpite hanno un’età compresa tra i 50-69 anni.
Incidono anche altri fattori come la lunghezza del periodo ovulatorio (ossia dalla prima mestruazione alla menopausa), il non aver avuto figli e, sicuramente, la familiarità genetica aumenta le probabilità di contrarre la malattia.
Secondo una ricerca del National Cancer Institute, il 7-10% di casi di tumore dell’ovaio può manifestarsi anche in giovane età, come successo a Emma Marrone, a causa di un’alterazione genetica ereditaria che colpisce i geni BRCA1 e BRCA2.
Individuare tempestivamente le donne portatrici di questa mutazione permette di ricercare nelle loro familiari coloro che potrebbero essere anch’esse portatrici
afferma l’oncologo Pignata.
In Italia, si stima che il tumore all’ovaio colpisca circa 5200 donne ogni anno e, circa l’80% lo scopre quando la malattia è già in una fase avanzata.
La diagnosi avviene così tardivamente sia a causa di sintomi aspecifici, come gonfiore addominale, aerofagia e necessità di urinare frequentemente sia a causa della mancanza di test diagnostici capaci di rilevare precocemente la malattia.
I trattamenti
L’ecografia pelvica transvaginale rappresenta l’esame di scelta per la diagnosi e valutazione di una massa tumorale.
Solitamente, la paziente viene sottoposta anche a TC addominale e risonanza magnetica per verificare l’eventuale presenza del tumore anche nel cavo addominale.
Ultimamente, diversi studi hanno individuato un marcatore, CA 125, la cui quantità nel sangue può rappresentare un campanello d’allarme per la presenza del tumore.
Tuttavia, si è riscontrato che questa sostanza non risulta affidabile perché troppo poco specifica siccome la sua concentrazione cambia sia in presenza del tumore sia per altri fattori ma, comunque può essere utilizzata per monitorare l’eventuale ricomparsa della malattia in persone già curate.
Talvolta, si può eseguire la PET per individuare cellule tumorali in attività e può essere utilizzata nel sospetto di recidiva di malattia.
Come per qualsiasi altro tumore, la terapia immediata è l’intervento chirurgico con annessa asportazione, nella maggioranza dei casi, di ovaie, utero e tube di Falloppio.
Dopo l’intervento chirurgico è previsto un trattamento chemioterapico, in tutti gli stadi di malattia eccetto i più precoci. L’approccio standard prevede la combinazione di due agenti chemioterapici, un derivato del platino (carboplatino o cisplatino) e il paclitaxel, ripetuti per sei cicli a intervalli di tre settimane.
Attualmente, sono in corso numerose ricerche per sperimentare nuovi farmaci con meccanismi mirati nelle alterazioni molecolari responsabili del tumore dell’ovaio.