Si stima che, in tutto il mondo, circa il 5-10% delle donne in età riproduttiva soffra di endometriosi. Tale disturbo presenta un ampio ventaglio di sintomi che comprendono anche ansia e depressione. In media sono necessari circa 8 anni per una corretta diagnosi e non esiste una cura definitiva. Un recente studio ha correlato questa patologia con altre condizioni infiammatorie.
L’endometriosi ha un importante ruolo sulla qualità della vita di una donna. È caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale all’esterno dell’utero, principalmente sugli organi pelvici. L’enorme impatto sulla salute è aggravato dal fatto che questa patologia può essere diagnosticata in modo affidabile solo attraverso: un intervento chirurgico e/o talvolta mediante l’imaging. Spesso ci vogliono circa 8 anni per la diagnosi dall’insorgenza dei sintomi.
Le cause dell’endometriosi rimangono sconosciute, ma la condizione ha un’ereditabilità stimata di circa il 50%. Alcuni esperti pensano che il sangue mestruale che contiene cellule endometriali possa tornare attraverso le tube di Falloppio nella cavità pelvica: questa situazione prende il nome di mestruazione retrograda. Tale condizione infiammatoria colpisce circa 190 milioni di donne a livello globale e può causare molteplici problematiche, tra cui: dolore pelvico costante e intenso, affaticamento, depressione, ansia e infertilità.
I test per verificare la presenza dell’endometriosi includono:
Non esiste una cura definitiva per l’endometriosi. Il trattamento è limitato a interventi chirurgici ripetuti e trattamenti ormonali con molti effetti collaterali; questi, nella maggior parte dei casi, alterano la fertilità e non solo.
Un recente studio ha rivelato evidenze di una base genetica condivisa tra l’endometriosi e altri tipi di patologie apparentemente non correlate, tra cui:
Si è anche rivelato che l’endometriosi ovarica ha una base genetica diversa da altre manifestazioni della malattia. I risultati aprono nuove strade per la progettazione di nuovi trattamenti medici mirati ai sottotipi di endometriosi o persino al riutilizzo dei trattamenti antidolorifici esistenti.
In particolare, in questo nuovo studio genetico, i ricercatori hanno trovato 42 aree in tutto il genoma che ospitano varianti che aumentano il rischio di endometriosi. Collegando queste varianti ai profili delle molecole nell’endometrio e nel sangue, si sono identificati una gamma di geni espressi in modo diverso in questi tessuti: ciò dunque ha avuto un probabile ruolo nello sviluppo della malattia. Questo elenco di geni è importante per ulteriori lavori di sviluppo di nuovi trattamenti, mirati specificatamente ai sottotipi di malattia.
In conclusione, a causa della vasta sintomatologia, è noto che la diagnosi dell’endometriosi sia lenta. Certamente possedere una mappa genetica della patologie permette di accelerare il processo diagnostico, oltre ad aprire la possibilità a procedure meno invasive e allo sviluppo di trattamenti non ormonali e terapie antidolorifiche. Dunque, lo studio in questione ha fornito nuove conoscenze sulla genetica alla base della patologia. In particolare questa scoperta aiuterà la ricerca nel trovare nuovi trattamenti e possibilmente nuove metodologie diagnostiche.