Probabilmente non sentiamo spesso parlare di epilessia, ma nel mondo circa 60 milioni di persone ne soffrono e di queste circa 6 milioni sono in Europa. Nonostante l’epilessia, nella maggioranza dei casi, si riesca a curare e trattare adeguatamente, la ricerca è comunque in corso per trovare altre tecniche o nuove soluzioni per il suo trattamento.
L’epilessia è un disturbo cronico cerebrale di cui esistono diverse forme. Si caratterizza per la manifestazione di crisi epilettiche ricorrenti e spontanee. Normalmente le informazioni vengono trasmesse tra le cellule nervose tramite impulsi elettrici, per crisi epilettica si intende una scarica elettrica anomala e non controllata, che interrompe la normale funzionalità cerebrale, in modo transitorio.
La diagnosi della malattia epilettica comprende la valutazione clinica e vari approfondimenti tramite tecniche di neuroimaging, esami di laboratorio ed anche elettroencefalografia.
Il trattamento dell’epilessia mira ad eliminare la causa (quando è possibile) oppure ha lo scopo di mitigare la continua eccitabilità cerebrale tramite dei farmaci. In alcuni casi però, i farmaci potrebbero portare ad avere effetti collaterali oppure potrebbero non essere efficaci. A quel punto, si potrebbe agire tramite rimozione chirurgica, ma questa non sempre può essere effettivamente eseguita su tutti i pazienti.
Ad oggi perciò, si è in cerca anche di altre soluzioni ottimali per chi soffre di epilessia. Nel corso degli anni sono stati proposti, ad esempio, alcuni dispostivi impiantabili da utilizzare per i pazienti che sono resistenti ai farmaci. Questi dispostivi hanno però talvolta un’efficienza che non è stata ancora totalmente accertata ed inoltre bloccano le crisi epilettiche solo dopo che sono iniziate.
Una innovativa soluzione verrà studiata e proposta nell’ambito di un progetto di un team di ricercatori internazionali, in cui il Professor Michele Simonato, del Dipartimento di Neuroscienze e Riabilitazione di Unife, partecipa come coordinatore.
Il progetto si chiama PRIME (Personalised living cell synthetic computing circuit for sensing and treating neurodegenerative disorders) ed è il quarto progetto internazionale sull’epilessia che è stato finanziato dalla Commissione Europea. Il progetto propone un nuovo approccio il cui scopo sarà quello di prevedere una crisi epilettica e quindi di bloccarla prima che essa si manifesti.
In studi precedenti riguardanti l’epilessia, è stato dimostrato che il fattore neurotrofico derivato dalle cellule gliali (GDNF) ha un importante ruolo nella soppressione della crisi epilettica. L’utilizzo del GDNF come un normale farmaco non è possibile, poiché non potrebbe penetrare nel cervello data la sua natura chimica. Lo scopo del progetto PRIME è quello di creare un “micro-software biologico” capace di prevedere l’arrivo della crisi epilettica e bloccarla prima che essa si manifesti, tramite il rilascio preventivo di GDNF.
Per fare ciò, inizialmente, sono state create delle microcapsule al cui interno vengono poste delle cellule ingegnerizzate, capaci di secernere GDNF. Per evitare reazioni di rigetto, queste microcapsule vengono rivestite da un’apposita membrana semi-permeabile, la quale comunque permette il passaggio della sostanza terapeutica. Queste microcapsule sono state già testate in ratti epilettici e hanno mostrato efficacia nel 90% delle crisi. È stato testato sull’uomo in studi di tollerabilità, ma deve essere rifinito per l’uso clinico.
L’obiettivo è quello di far in modo che queste microcapsule in grado di rilasciare GDNF siano in grado di capire l’arrivo di una crisi epilettica e quindi secernere la sostanza per prevenire la crisi, bloccandola prima che si manifesti.
Per fare ciò, verranno utilizzati i risultati dallo studio dei ricercatori del Royal College of Surgeons in Irlanda. Questi ricercatori hanno scoperto che alcune ore prima del manifestarsi di una crisi epilettica si ha un aumento di frammenti di tRNA. Le cellule ingegnerizzate quindi riconosceranno l’aumento di tRNA come evento scatenante e dovranno rilasciare la sostanza, prevenendo la crisi epilettica.
Questo innovativo approccio terapeutico proposto sarebbe minimamente invasivo. Gli esperti ritengono che se si dovesse dimostrare un approccio efficace nella cura dell’epilessia, potrebbe anche essere esteso ad altre malattie neurologiche.